Un passo indietro sul fronte caldo del diritto di sciopero. Il senatore di Fratelli d’Italia, Matteo Gelmetti, ha annunciato il ritiro dell’emendamento alla manovra che avrebbe introdotto pesanti restrizioni per gli scioperi nel settore dei trasporti.

La proposta, che aveva scatenato l’immediata e furibonda reazione di tutti i sindacati confederali e delle opposizioni, viene temporaneamente archiviata, ma con l’impegno esplicito di riproporla in futuro sotto forma di disegno di legge.

Cosa diceva l’emendamento

L’emendamento, firmato anche dai senatori di FdI Lavinia Mennuni e Vita Maria Nocco, mirava a modificare la legge 146 del 1990 introducendo un nuovo articolo, il 45-bis. Il cuore della norma era l’obbligo per i dipendenti del trasporto pubblico di comunicare per iscritto e in modo “irrevocabile”, almeno sette giorni prima, la propria adesione allo sciopero. Una misura presentata come necessaria per tutelare i cittadini, ma che per i critici rappresentava un tentativo di mettere il bavaglio al conflitto sociale.

Le organizzazioni sindacali – Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti – non avevano usato mezzi termini, definendo la proposta “inutile e pericolosa“. Il loro allarme si concentrava su due fronti. Primo, la creazione di “liste di scioperanti” che, secondo Cgil, Cisl e Uil, avrebbe aperto la strada a “discutibili pressioni e potenziali discriminazioni” sui lavoratori, minacciando di aggravare un clima industriale già teso. Secondo, un meccanismo che rischiava di oscurare del tutto l’effetto dello sciopero.

Il testo, infatti, prevedeva che se il numero di adesioni formali fosse stato così basso da permettere un servizio normale, le aziende sarebbero state esentate dagli obblighi di comunicazione preventiva agli utenti e dall’attivazione dei protocolli per i servizi minimi. In pratica, uno sciopero a bassa adesione sarebbe potuto passare inosservato, privandolo di visibilità e, di fatto, di efficacia.

Le proteste si erano fatte sentire anche in Parlamento. La senatrice di Italia Viva, Annamaria Furlan, ex segretaria generale della Cisl, aveva parlato di “lesione del diritto costituzionale di sciopero“, mentre Nicola Fratoianni (Alleanza Verdi e Sinistra) aveva accusato il governo di essere “ossessionato da chi protesta”.

Lo stop dopo le polemiche

Di fronte a questo muro di opposizioni, Gelmetti ha scelto di ritirare l’emendamento. In una nota, ha giustificato la mossa affermando che nella legge di Bilancio “mancano le condizioni per una discussione approfondita e ampia”. Ma il senatore non rinuncia alla sostanza della sua battaglia, riproponendosi di presentare un disegno di legge più articolato sull’argomento, ha ribadito la necessità di “intervenire sulla stortura” dell’attuale normativa.

Il problema, secondo il senatore di FdI, è il “dumping degli scioperi“. Spiega Gelmetti:

Oggi il solo annuncio di uno sciopero, anche da parte di una sigla sindacale minore, comporta che le aziende di trasporto siano costrette a ridurre del 50 per cento il servizio. Questo qualunque sia il reale livello di adesione. Così capita che ad adesioni sindacali irrisorie corrispondano comunque grandissimi disagi per gli utenti.

Ma l’emendamento potrebbe tornare

La conclusione di Gelmetti delinea l’obiettivo futuro: “Introdurre un meccanismo che garantisca un equilibrio tra la riduzione del servizio e la reale adesione agli scioperi, nel pieno rispetto del legittimo diritto dei lavoratori di far sentire la propria voce”.

La tregua, dunque, è solo temporanea. Il ritiro dell’emendamento ha spento un incendio politico immediato, ma la partita sulla regolamentazione dello sciopero nei servizi essenziali è solo rinviata. Il governo e la maggioranza hanno chiarito la loro intenzione di riformare le norme, promettendo un confronto che i sindacati, ora come allora, si dicono pronti ad affrontare con la massima determinazione. La promessa di un nuovo disegno di legge assicura che il dibattito, presto o tardi, tornerà ad infiammarsi.