di
Claudia Voltattorni

La segretaria nazionale della Cisl Daniela Fumarola: «Gli scioperi compulsivi sono dannosi. L’unità sindacale è un mezzo, non un fine»

Daniela Fumarola, segretaria generale della Cisl, durante l’Assemblea nazionale a Roma ha chiuso la Maratona della pace consegnando 533 mila euro alla Croce Rossa dalla raccolta fondi tra lavoratori, pensionati, associazioni.

Per la pace, alla piazza la Cisl ha preferito una maratona, perché?
«Per noi la pace non è un valore astratto ma una scelta concreta. La maratona è stata un cammino profondo, sul territorio: volevamo riannodare il tessuto civile, culturale e democratico, non c’è pace senza giustizia, dignità e dialogo. Crediamo nella democrazia, nella partecipazione, nella solidarietà per una pace duratura. La pace non si declama. Si costruisce e si difende. Ce lo hanno insegnato i partigiani, che in Italia e in Europa, con gli Alleati, insorsero contro la barbarie nazifascista liberando il continente».



















































Cosa pensa della Manovra 2026?
«Abbiamo espresso un giudizio articolato, non un semplice sì o no. Riconosciamo che, pur nella ristrettezza delle risorse, ci sono misure positive: il taglio dell’aliquota Irpef, la detassazione degli accordi di produttività, il sostegno alla contrattazione di secondo livello e interventi concreti su salari, sanità, famiglie e giovani. Bisogna fare di più. Ma serve essere realisti, il quadro macroeconomico è complesso».

È giusta l’accusa, di molti, di una manovra per ricchi?
«Sono giudizi molto generici. Noi chiediamo che la soglia per il taglio Irpef si allarghi fino a 60.000 euro, abbassando la soglia dei 200.000 euro, per far arrivare i benefici a più famiglie, lavoratori e pensionati. Siamo nettamente contrari a qualunque condono o rottamazione fiscale: le tasse vanno pagate, e va rafforzata seriamente la lotta all’evasione».

Cosa va corretto?
«Ci sono criticità, dal rifinanziamento della legge sulla partecipazione, per noi centrale per alzare produttività e salari; la defiscalizzazione degli adeguamenti salariali per i contratti collettivi va applicata a quelli siglati dalle organizzazioni realmente rappresentative, per non premiare accordi pirata e in dumping. Servono più risorse per scuola, università, ricerca, non autosufficienza, e una riforma strutturale della previdenza, con più equità e flessibilità, evitando colpi di mano come aver cancellato Opzione Donna o innalzato i requisiti per la pensione».

Un emendamento di Fratelli d’Italia obbliga a comunicare in anticipo l’adesione ad uno sciopero. Che ne pensa?
«Non lo condividiamo. Non ha niente a che fare con la manovra e snatura il diritto di sciopero garantito dalla Costituzione. Non si possono schedare gli scioperanti, aprendo la strada a forme di pressione e discriminazioni».

Contro la manovra, ci sono due scioperi generali (Usb il 28 novembre, Cgil il 12 dicembre). La Cisl invece manifesterà il 13 dicembre, perché?
«Non giudichiamo le scelte degli altri. La Manovra non è solo un elenco di misure: per noi è una tappa importante per la costruzione di una governance stabile e partecipata su investimenti e riforme su lavoro, coesione e sviluppo, anche in vista della fine del Pnrr nel 2026. Abbiamo lanciato una mobilitazione in tutta Italia che culminerà nella manifestazione a Roma: rilanceremo un Patto sociale che leghi crescita, salari, coesione e partecipazione. È la strada per restituire fiducia nelle istituzioni, far partecipare le persone alle scelte, respingere polarizzazioni sterili e derive ideologiche, ricercando il massimo di incisività sociale sulle politiche pubbliche».

C’è una terza via tra sciopero generale e consenso?
«Certo, e la Cisl la pratica da tempo, anche con la Maratona della Pace e il cammino per il Patto. Non rinunciando a scioperare quando è necessario come con i metalmeccanici o il commercio per le farmacie private. Ma lo sciopero non è l’unica forma di lotta sindacale. È la piu radicale. Va usata non in modo compulsivo, e quando non c’è davvero altra via. Non vogliamo solo protestare o assistere alle decisioni prese dall’alto: vogliamo incidere, partecipare, cambiare in meglio il Paese attraverso l’esercizio di corresponsabilità».

La disunità sindacale — Cgil con 2 scioperi generali in 2 mesi, Cisl e Uil in piazze separate — fa male al Paese?
«L’unità è un mezzo, non un fine. Costruire unità su presupposti o fini diversi equivale ad un castello di sabbia. Ma le fondamenta devono essere solide, moderne, riformiste, rafforzate dalla consapevolezza che ognuno mette un pezzo di responsabilità nel progetto-Italia. La forza di un sindacato sta nella sua capacità di negoziare sviluppo e progresso concreto. Gli scioperi compulsivi di questi anni non mi pare abbiano dato i risultati cui gli organizzatori puntavano. E al netto delle piazze, i lavoratori che incrociano le braccia sono sempre meno. Segno di un logoramento della rappresentanza sindacale a cui dobbiamo rispondere respingendo l’antagonismo».


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16 novembre 2025 ( modifica il 16 novembre 2025 | 07:35)