La trasformazione digitale, la crisi demografica e le nuove esigenze dell’abitare stanno ridisegnando il lavoro degli architetti. Alessandra Siviero, presidente della Fondazione per l’Architettura di Torino, osserva questo passaggio in una professione chiamata a rispondere a nuove sfide. Dall’esplosione della domanda di formazione sull’intelligenza artificiale ai progetti per una città più inclusiva, Siviero coordina tavoli, formazione e dialoghi istituzionali per i 7 mila architetti torinesi.
Presidente, come si inserisce l’intelligenza artificiale nella professione dell’architetto?
«La nostra filiera è entrata nella transizione digitale: oggi si può passare da un’immagine a un modello tridimensionale in pochi istanti. Le domande di corsi sull’AI che teniamo in Fondazione sono triplicate: arrivano dai giovani e da professionisti con anni di esperienza».
GL Events Italia ha organizzato Restructura all’Oval Lingotto. Che messaggio è stato portato?
«Restructura è il luogo in cui ogni anno si incontra la filiera dell’edilizia e quest’edizione ha avuto un valore particolare, perché abbiamo portato l’intelligenza artificiale al centro del confronto. Mostriamo come possa accelerare i processi, ma anche come vada governata. E ricordiamo che la centralità del progetto resta nelle mani dell’architetto: l’AI è uno strumento, non un sostituto».
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17 Novembre 2025
Come si sta muovendo la Fondazione su questi temi?
«Abbiamo creato un tavolo digitale e avviato un confronto con l’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale e con la Fondazione Centro Intelligenza Artificiale. Stiamo valutando la possibilità che diventi un punto di riferimento stabile per i professionisti. Nel team c’è il professor Guido Boella, docente di Informatica all’Università di Torino e uno dei massimi esperti di etica legata all’AI. Con lui analizziamo potenzialità e limiti dell’AI, perché usarla significa capirne anche le criticità».
Quali progetti state realizzando?
«Lavoriamo su due fronti. Il primo è la memoria: il primo dicembre presenteremo l’Archivio Luzi, base di una piattaforma digitale dedicata agli architetti scomparsi, alimentata anche dall’intelligenza artificiale. Il secondo è il nuovo Festival dell’Architettura che sarà dedicato alla transizione digitale».
Come sta cambiando la professione dell’architetto a Torino?
«Molti laureati in Architettura scelgono altre strade. L’AI può diventare un nuovo campo di applicazione. Vediamo studenti e professionisti che arrivano da Asia e Iran per lavorare a Torino, ma molti torinesi vanno all’estero».
Torino vive una fase di investimenti importanti. Che città vede nel futuro?
«Il Pnrr ha attivato energie nuove. Ma la sfida decisiva è demografica: più anziani e meno giovani. Gli architetti devono progettare edifici che si adattino come organismi viventi. Gli anziani chiedono servizi vicini e relazioni. L’AI è uno strumento, ma al centro resta la persona».
Perché a Torino ci sono molte case vuote?
«Molte famiglie non affittano per incertezza legata al futuro dei figli. La città è fatta di relazioni più che di edifici. Il Piano regolatore deve leggere questi cambiamenti e affrontare i nodi con coraggio».
È ottimista sul futuro di Torino?
«Molto. Torino ha fatto passi da gigante e si sta posizionando bene. Se sapremo unire tecnologia, visione e cura delle persone, questa fase di transizione potrà diventare una grande opportunità per tutta la città».