Dieci punti nelle prime quattro partite, nove punti nelle altre otto con tre sconfitte nelle ultime tre, dal primo al quinto posto in condominio con il Venezia. È questa la sintesi della prima parte di stagione del Palermo, e dal giorno successivo al ko con la Juve Stabia anche il ds Carlo Osti s’interroga sui motivi di questa improvvisa frenata. «Cosa è successo? È successo che la squadra ha mostrato due facce – sottolinea il ds -. Il campionato è iniziato in una certa maniera, nelle ultime gare abbiamo mostrato una faccia diversa. Mi auguro che da Chiavari la squadra sappia ritrovare la strada giusta intrapresa a inizio campionato».

I motivi della frenata sono di natura mentale, tecnica o fisica?

«Capire bene quali possano essere i fattori di una frenata, anche così brusca, è molto difficile. Sicuramente ci sono una serie di motivi, io credo che l’aspetto mentale sia predominante. A volte basta poco per far scattare una scintilla che ci permetta di arrivare a raggiungere qualsiasi tipo di obiettivo».

Ci sono punti di contatto con il campionato scorso?

«Non penso che ce ne siano, sono arrivato a Palermo il 4 gennaio e abbiamo fatto un mercato di un certo livello con gli arrivi di Audero, Magnani e Pohjanpalo. In questo momento siamo quinti in classifica ma rimaniamo fiduciosi e consapevoli che questa squadra, per come è stata costruita, possa e debba ambire a posizioni più prestigiose».

Non è possibile che qualcuno abbia pensato che la Serie A fosse un traguardo facile da raggiungere?

«Non credo agli inganni quando dietro c’è il lavoro. Quando la squadra ha giocato come sa, si è visto chiaramente che la direzione era quella giusta e lo hanno riconosciuto tutti: addetti ai lavori, media, tifosi. Poi, come dicevo prima, il calcio vive di momenti: la fiducia può crescere o calare, ma la base resta. Forse qualcuno ha pensato che la Serie A potesse essere un traguardo facile, ma chi conosce la B sa che non lo è mai. È un campionato lunghissimo, pieno di trabocchetti. Dobbiamo ritrovare quella fame e quell’umiltà che avevamo a inizio stagione: tornare a giocare con il fuoco dentro, come se ogni gara fosse una finale. Quello spirito, quella rabbia positiva, è ciò che fa la differenza».

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