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Per arrivare a Giffoni bisogna salire per quaranta minuti, in mezzo a curve e campagne, partendo da Salerno. A chi si chiede perché il festival del cinema per ragazzi sia stato creato proprio quassù, Gino, autista dell’autobus, risponde che “un tempo c’era un piccolo cinema da cui è nato tutto”. E poi ti offre un caffè per portarti a visitarlo: oggi, al posto del cinema, c’è un bar. C’è poesia, nel suo racconto, e fiera appartenenza. Siamo in un paese di undicimila anime, di quelli che più italiani non si può: a destra il Cilento, a sinistra la Costiera Amalfitana, ovvero zone assaltate dai turisti, mentre in mezzo c’è questo paese fuori rotta, tutto forni e vecchie insegne, con un convento del Cinquecento a nobilitarne la storia. Piccolo e decentrato, appunto. Eppure, ogni estate, gli occhi di tutti i ragazzi d’Italia che sognano il cinema puntano qui. Da cinquantacinque anni.

Una “bambinocrazia”. Ma è tutt’altro che un gioco

Poesia, si diceva. Che però dura il tempo di scendere dall’autobus e smarrirsi in un borgo che, per dieci giorni, viene popolato esclusivamente da bambini e adolescenti: cinquemila ogni anno, chiamati a giudicare i film in gara al “Giffoni Film Festival”, per assegnare il “Gryphon Award”. Per dieci giorni, sono loro a decidere: piccoli giurati alti un metro e un cappellino, tutti vestiti di verde, tra i 3 e i 10 anni; ragazze in shorts e maglietta blu, a indicare invece la categoria fiera degli adolescenti. Tutti si muovono tra proiezioni, dibattiti, incontri con gli artisti – da Tim Burton a Paolo Sorrentino -, giocando a fare il parlamento di questa “bambinocrazia”. Ma è tutto fuorché un gioco, come scopriremo. La poesia, dicevamo, lascia spazio alla festa, perché dove ci sono i bambini c’è sempre festa. E non solo quella. Un famoso film dice che “chi viene al Sud, piange due volte: quando arriva e quando riparte”. Bene, a Giffoni si piange invece ogni quarto d’ora. Di commozione. Di bellezza.

Francois Truffaut, il regista, diceva che “tra tutti i festival di cinema questo è il più necessario”. Qui è stato ospite nel 1982. Lo ricorda spesso Claudio Gubitosi, direttore della rassegna, 75 anni, che unisce visione, spirito imprenditoriale (850 milioni di euro è l’impatto economico calcolato del festival) e passione per il cinema; e che ha fondato Giffoni quando aveva appena 18 anni. Quest’anno dimissionario – lascerà la guida al figlio Jacopo – capita tutt’ora di incrociarlo in qualsiasi angolo di qualsiasi sala, a osservare in disparte o a finire assaltato dai bambini: come vuole insomma l’iconografia del bravo leader, è presente. “Abbiamo reso un piccolo paese del Sud la capitale mondiale del cinema per ragazzi”, dice a Today, con appartenenza altrettanto fiera. “A darmi forza sono stati sempre i ragazzi, anche nei momenti tortuosi. Ricordo ancora le prime edizioni: portavamo le sedie da casa. Ai giovani diciamo che sono il futuro, ma sbagliamo: sono il presente. Qui, a Giffoni, parlano, si confrontano, domandano. Hanno bisogno di sapere. Quando vedo tutto questo, penso che la mia vita non l’ho sprecata. Anzi, l’ho usata bene”. Insomma, in un mondo frettoloso che mette le “giovani generazioni” tutte nello stesso calderone, qui a Giffoni viene permesso loro di parlare in prima persona. Sembra poco, ma non è poco. E non è nemmeno retorica.

Claudio Gubitosi, fondatore di Giffoni, lascia dopo 55 anni: “Partimmo da una piazza, con le sedie portate da casa. Il giorno più bello? Gorbaciov ospite”WhatsApp Image 2025-07-31 at 11.52.56 (2)_censoredIl convento di San Francesco a Giffoni (Foto di Eva Elisabetta Zuccari)WhatsApp Image 2025-07-31 at 11.52.56La radio degli adolescenti al Giffoni Film Festival (Foto di Eva Elisabetta Zuccari)Claudio Amendola: “A Giffoni ho ricevuto le domande più belle”

Perché sì: è vero, a Giffoni si viene per la passione verso il cinema. Ma non è solo questo, come vedremo più avanti. Martina, 15 anni, racconta che qui ha trovato “credibilità per il suo sogno”: immaginare una carriera da artista, altrove, la fa sentire giudicata – come vuole la più comune narrazione della sua età, che sa essere tra le più crudeli. Giorgio Lomastro, che di anni ne ha 24, a Giffoni viene da quando è adolescente: “Qui ho imparato che la mia opinione conta. Avere un microfono in mano a 13 anni, di fronte a un dibattito di 700 persone, ti dà una certa autostima. Nei miei anni di formazione, questo mi ha modellato”. Claudio Amendola, ospite per promuovere i Cesaroni, dice che a Giffoni ha ricevuto “le domande più belle della sua carriera”: quelle dei ragazzi. Lo dice perché travolto dall’emozione e, forse, per generoso incoraggiamento. Una ragazza gli chiede consiglio su quale accademia di recitazione frequentare. Al piano di sotto, nella sala verde, Francesco Montanari sta tenendo un laboratorio sul mestiere dell’attore: ai ragazzi, spesso bollati come corpi replicanti i trend su TikTok, spiega come sia l’istinto a regolare la comunicazione corporea sul palco e non solo.

PAOLOSORRENTINO_GIFFONI55_230725_GOFFREDOSESSA2-14-1024x683Paolo Sorrentino al GiffoniWhatsApp Image 2025-07-31 at 11.52.57 (3)_censored-2Foto di Eva Elisabetta ZuccariMa il cinema è solo un pretesto

Insomma passano i giorni e capisci che a Giffoni il cinema è un pretesto. Come, in fondo, è da sempre e per tutti: il grande schermo proietta storie che travestono simboli, aprono immaginari, costruiscono identità. E qui servono a formare quelle del futuro. Tra i film preferiti di Sofia, 5 anni, c’è la storia di una nipote che perde la nonna e quella di una squadra di bambini pronti a salvare la natura. “E ho imparato che le emozioni sono belle ma anche brutte”, dice. Giulia, 29, che frequenta il festival da dieci, spiega: “I bambini vedono film impegnati, pur adattati alla loro età, e spesso nei dibattiti con gli attori fanno domande esistenziali del tipo ‘ma che cos’è per te la felicità?’”. Maria, 13, è seduta sui gradini dell’ingresso, accanto a una ragazza della Georgia, e usa già la parola “inclusività”: c’è una organizzazione lungimirante qui a Giffoni per cui i ragazzi del posto ospitano i coetanei che arrivano da fuori, in uno scambio interculturale ma, soprattutto, relazionale. Una alfabetizzazione non più solo da sussidiario, ma anche emotiva e civica, approfondita col crescere dell’età.

“Da piccolo ho avuto un tumore”. Le storie

È vero, come dice Gubitosi, che a Giffoni “i ragazzi parlano, parlano”. Ma soprattutto imparano a parlare. Anzi: insegnano a dare un nome a concetti che, da adulti, spesso ancora non sappiamo affrontare. “Da piccolo ho avuto un tumore. Oggi, tutti si rapportano a me in due modi: con pietismo, oppure con ironia forzata. Come posso aiutarli a non sentirsi a disagio?”, chiede un 19enne a Lello Marangio, autore comico e disabile. Un altro interviene: “Convivo con una disabilità da sempre. Ma i miei genitori mi hanno sempre disincentivato di fare sport. Perché?”. A Gino Cecchettin, invece, un ragazzo domanda cosa si possa imparare dalla storia della figlia Giulia, vittima di femminicidio due anni fa. Gli chiede: “Che uomo devo diventare, per costruire un futuro migliore?”. Perché i tabù del passato non esistono nel futuro. Anzi, nel presente, direbbe Gubitosi. È questa la pietra filosofale.

“Cosa posso imparare dalla storia di Giulia?”. La risposta (emozionante) di Gino Cecchettin a un ragazzo

Dopo undici anni di Giffoni, Giorgio Lomastro è oggi diventato il conduttore degli eventi principali e moderatore i dibattiti per adolescenti. L’ultimo artista intervistato? Tim Burton. Soprattutto, oggi studia da attore, tra Italia e America. “La prima volta sono venuto avevo 13 anni: ero nella fase fanboy, seguivo Harry Potter, Glee. E c’erano ospiti gli attori. Poi, ogni luglio, le mie vacanze state qui. Una volta, mia mamma mi regalò per Natale il viaggio per andare al concerto dei Coldplay, nel luglio successivo. Ma lo stesso mese c’era Giffoni. Scelsi Giffoni. È grazie a questo che ho capito quale fosse la mia strada. E che lo spazio per i giovani c’è. Bisogna solo prenderselo”.

WhatsApp Image 2025-07-31 at 11.52.57 (5)_censoredFoto di Eva Elisabetta ZuccariWhatsApp Image 2025-07-31 at 11.52.58-2Foto di Eva Elisabetta Zuccari