Il dibattito si è acceso. Sarebbe corretto fa pagare un biglietto per assistere allo spettacolo del ciclismo? Personalmente sì, ma prima riassumiamo alcuni aspetti. Negli ultimi anni qualcosa si è mosso. In Belgio, durante il Giro delle Fiandre, sul Vecchio Kwaremont, uno dei muri simbolo della Ronde, è da qualche edizione che viene allestita un’area vip con biglietti che viaggiano dai 150 ai 500 euro. I biglietti vanno a ruba e lì, in quel settore, si vive un’experience totale. Si mangia, si beve, si ascolta musica e, ovviamente, si guarda la corsa su schermi e maxi-schermi, oltre a godersi il triplo passaggio “live” dei corridori.

L’iniziativa ha provato a importarla in Italia il nostro Pippo Pozzato. Prima al Campionato Italiano e poi al Giro del Veneto, che l’ex corridore ha rilanciato alla grande proponendo un blocco di tre corse nella settimana post-Lombardia.

L’esperimento ha funzionato? Sì, se consideriamo che quest’anno i biglietti venduti sono stati oltre 700. Dj set, cibo gourmet, maxi-schermi e atmosfera da grande evento. Così si fa. Pippo è una barchetta solitaria in mezzo al mare. Le Istituzioni (dall’UCI alla Federazione fino alla Lega) mediamente se ne infischiano. Non ci si mettono nemmeno. O fanno orecchie da mercante o si mascherano dietro altri problemi ritenuti più rilevanti.

Ma la cosa essenziale che forse non viene capita è questa. Il ciclismo non sarà e non potrà mai essere uno sport tutto a pagamento. Qui si sta solo ragionando di creare delle aree ad hoc per chi è disposto a pagare un biglietto per vedere il proprio sport entrando in un clima differente. E avendo in cambio dei servizi ad hoc. Cosa ci sarebbe di sbagliato nel far pagare 10 o 15 euro per chi vuole piazzarsi sugli ultimi 3-4 km dell’Alpe d’Huez o dello Stelvio?

Chi vuole continuare a gustarsi il passaggio dei corridori “gratis” potrebbe continuare a farlo mettendosi nei primi km della salita. E così sarebbe in ogni gara. Che si tratti di una corsa in linea o di una tappa di un grande giro.

Marc Madiot, storico manager della squadra francese della Groupama, è invece uno dei maggiori oppositori di questa idea, sostenendo il lato romantico del ciclismo e ricordando che la sua bellezza sta proprio nell’essere l’unico sport così popolare che non richiede il costo di un biglietto. Vero, corretto, ma come dicevo prima questa parte non ne verrebbe intaccata, perché il discorso riguarderebbe solo pochissime zone di una corsa. E di gente disposta a tirar fuori dalle proprie tasche qualche euro credo ce ne sia.

Il Giro di Lombardia salita pubblico

In più, se pian piano diventasse la normalità, crescerebbe progressivamente il numero di tifosi che sarebbero invogliati a investire anche 20 euro per vivere una giornata diversa e indimenticabile seguendo il ciclismo da un punto di vista privilegiato.

Pozzato viene visto ancora come un mezzo pazzo, ma è semplicemente più avanti della visione, spesso miope, del resto del ciclismo. Chi va a vedere il ciclocross, paga. Chi va a vedere il ciclismo su pista, paga. Supportare questo progetto di questi più o meno piccoli tratti a pagamento anche nel ciclismo su strada non vedo che scandalo possa generare. Ma, a volte, sembra che al ciclismo piaccia rimanere “vecchio” e fermo sulle proprie monolitiche posizioni. Ahinoi.

Come giustamente ha denunciato Pozzato, gli introiti del ciclismo vanno solo a pochi soggetti e, soprattutto, ne finiscono pochi nelle tasche dei team. Portando alla ribalta anche l’annoso discorso sui diritti tv. Che finiscono principalmente nelle tasche di Aso, Rcs e Flanders Classic, senza che le squadre vedano l’ombra di un quattrino. Roba folle, se pensiamo che negli altri sport sono proprio i diritti televisivi a rendere ricche le squadre.

Se il ciclismo vuole evolvere e stare al passo coi tempi deve darsi una svegliata proprio sotto questi aspetti. Redistribuzione delle risorse degli introiti televisivi, spazi a pagamento, tappe più corte e magari con circuito finale. In una società in cui si fa fatica a rimanere concentrati e in cui spesso non si ha nemmeno la pazienza di guardare una story su Instagram di 30 secondi, non sarebbe urgente pensare nuove strade per cercare di rendere più accattivante uno sport che, con le dirette integrali, richiede una visione di 4-5 ore?

Sì, io sto con Pippo.

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