Volodymyr Zelensky ed Emmanuel Macron firmano all’Eliseo una dichiarazione d’intenti per l’acquisto da parte dell’Ucraina di cento caccia Rafale e di nuovi sistemi di difesa aerea. È la prima volta che Kiev si impegna formalmente a dotarsi dei jet francesi prodotti da Dassault. Il solo annuncio della commessa-record ha fatto balzare dell’8 per cento le azioni del costruttore alla Borsa di Parigi. Il memorandum, definito «storico» da Zelensky, segna per Macron «una nuova tappa nell’integrazione con l’industria bellica ucraina, ormai all’avanguardia nella Difesa europea».

L’intesa guarda al futuro e dovrebbe concretizzarsi nell’arco di un decennio per la «rigenerazione dell’esercito ucraino», secondo la definizione di Macron. «L’accordo rafforza la nostra aviazione, la nostra difesa aerea e le nostre capacità strategiche. Siamo molto grati alla Francia», ha risposto Zelensky, impegnato in un tour europeo che lo ha portato prima in Grecia e oggi in Spagna. Oltre ai Rafale e ai relativi armamenti, la dichiarazione di intenti prevede l’acquisizione di otto sistemi di difesa Samp-T di nuova generazione, quattro radar, nuove forniture di bombe guidate Aasm Hammer e diverse tipologie di droni.

Resta da capire chi pagherà per queste nuove forniture. Solo per i Rafale si parla di una dozzina di miliardi di euro. Macron ha spiegato di voler usare programmi europei. Nonostante le resistenze di Berlino sull’idea di un prestito congiunto, il leader francese ha rilanciato il progetto di defence bond europei, che garantirebbero a Kiev un sostegno «prevedibile e stabile nel lungo periodo». Macron ha poi aggiunto che Kiev dovrà rispettare criteri rigorosi di trasparenza, governance e riforme anche nell’ottica di un ingresso nell’Ue. Un riferimento esplicito allo scandalo di corruzione in corso a Kiev che ha portato alla rimozione di uno stretto collaboratore di Zelensky.

A preoccupare è anche la sostenibilità finanziaria di una guerra che si prolunga. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in una lettera ai 27 governi ha spiegato che l’Ucraina avrà bisogno di 70 miliardi nel 2026 e di 64 del 2027. Gli aiuti saranno finalizzati a «stabilizzare il fronte, combattere gli attacchi russi alla loro origine e continuare il potenziamento a breve e medio termine delle sue forze armate».

L’Ue deve provare a mettere in campo rapidamente le risorse in grado di proteggere Kiev. Al prossimo Consiglio europeo di dicembre, allora, i capi di Stato e di governo saranno chiamati a esprimersi sul possibile uso dei beni russi congelati, circa 200 miliardi di euro in grado di risolvere rapidamente le esigenze di liquidità di Zelensky. Per tranquillizzare il Belgio, dove sono custoditi i fondi e c’è il timore di ricorsi legali, von der Leyen ha promesso che «le garanzie» fornite dall’Ue «coprirebbero anche i rischi derivanti dai trattati bilaterali sugli investimenti collegati all’immobilizzazione degli asset russi, anche dopo la revoca dell’immobilizzazione». Ossia in caso di problemi successivi, ci sarebbe la solidarietà «irrevocabile» di tutta l’Unione.

L’Ue valuta anche sovvenzioni dirette, in cui ogni Paese potrebbe contribuire singolarmente, con la possibilità di attivare il Mes, il Meccanismo europeo di Stabilità, che avrebbe la capacità di «fornire prestiti agli Stati membri dell’area dell’euro, i quali potrebbero poi fornire sostegno all’Ucraina». Ma questa procedura richiederebbe una modifica del Trattato – che peraltro l’Italia non ha ancora ratificato – con tempi molto lunghi.