Che idea ha del successo?
«È complicato. Se sei una persona di valore, se hai qualcosa da offrire agli altri, il successo arriva da solo. Il regista di Sandokan, Jan Michelini, mi ha detto una frase che ho fatto mia: “Siamo responsabili solo del presente”. Oggi fai quello che devi fare, domani farai quello che dovrai fare. Se vivi così, la vita ti mette davanti delle sorprese: basta coglierle. La mia mentalità è questa: aspettare, ma preparati».
Can Yaman interpreta Sandokan, dal 1° dicembre su Rai1. Nel cast anche Alanah Bloor (Marianna), Ed Westwick (Lord Brooke), Alessandro Preziosi (Yanez).
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E quando il successo arriva, cambia qualcosa?
«Io sono la stessa persona di vent’anni fa. Ma tutti dobbiamo evolverci: il cambiamento non deve far paura. Ora uscirà Sandokan: arriverà in America, in Inghilterra, e magari avrò nuovi fan. La vita cambierà, certo, perché ogni lavoro ti porta in una direzione diversa. Ma la mia essenza no, non cambia. Sono cresciuto in una famiglia che mi ha dato amore, ho basi solide. Non ho traumi dell’infanzia da compensare con il successo».
Come si protegge, oggi, da un’esposizione così grande?
«La gestione tra ciò che è pubblico e ciò che è privato è un sacrificio che fanno tutti i famosi, non solo io. Per me, però, è più naturale, perché ho sempre amato la solitudine. So come tenermi occupato, ho tanti hobby. La solitudine la considero un premio».
L’amore a 36 anni com’è?
«Le follie dei vent’anni non le fai più. Cresci, diventi un’altra persona. Oggi cerco la semplicità, la casa, la tranquillità. In amore conta come stai tra le quattro mura: se riesci a passare tre mesi chiuso in casa con qualcuno e ridere ogni giorno, allora è la persona giusta».
Vorrebbe avere dei figli?
«Quest’anno ci ho pensato più del solito. Ma la mia vita è complicata: viaggio sempre, vivo sui set. Ora sono in Spagna, poi torno a Roma. Trovare una base è difficile, e anche trovare una donna che possa seguire questo ritmo. A volte ci si ama, ma si vive in città diverse. Ogni tanto mi chiedo: se avessi un figlio, dove vivrebbe? Che lingua parlerebbe? Non ho risposte facili».
Le piace vivere a Roma?
«Sono cinque anni che vivo qui. Per me l’importante non è la città, ma la casa, e ovunque vada riesco a far diventare quel luogo casa. Dopo aver vissuto in hotel, mi ero trasferito vicino al Colosseo, ma è stato un errore: troppa esposizione. A 30 anni mi piaceva quella follia, la sensazione di conquistare un mondo nuovo. Adesso cerco serenità. Vivo in una zona più appartata, nessuno conosce il mio indirizzo. Non perché non ami le mie fan – le amo molto – ma per proteggermi. Essere turco mi ha aiutato: siamo persone pratiche, ci adattiamo in fretta. E in questo, italiani e turchi ci somigliamo».