di
Luigi Ippolito
Perdite per 18 milioni, 200 licenziamenti, in crisi soprattutto le hamburgherie. In Gran Bretagna altri celebrity chef in difficoltà
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
LONDRA – Come nel suo celebre programma televisivo, rischiano davvero di trasformarsi in cucine da incubo quelle di Gordon Ramsay: perché l’impero gastronomico del più famoso e mediatico chef britannico comincia a dare segni di scricchiolio.
Luci e ombre (al tartufo)
Eppure in superficie tutto continua a brillare come un piano di cottura tirato a lucido: appena un paio di settimane fa, nel suo tristellato locale eponimo a Chelsea, cuore chic di Londra, si è svolta la cena in onore di David Beckham, fresco di nomina a cavaliere da parte di re Carlo, fra capesante al caviale e piatti conditi con olio al tartufo. E qualche giorno dopo è arrivata l’inagurazione dell’ultima perla nella collana di 96 ristoranti che nel mondo fanno capo a Gordon Ramsay, un locale che ha preso il posto a Mayfair del mitico Le Gavroche e dove si parte da un menu a tre portate per 190 euro e si arriva a uno di sette per 260 euro (bevande escluse, ovviamente).
Ma i giornali inglesi allo stesso tempo hanno cominciato a fare i conti in tasca a un personaggio sempre sopra le righe, rinomato per il suo turpiloquio quanto per le sue creazioni culinarie: e così si scopre che l’anno scorso l’azienda cui fanno capo i suoi oltre 30 ristoranti britannici ha accumulato perdite per 15,5 milioni di sterline (circa 18 milioni di euro), nonostante i ricavi in crescita. Di conseguenza sono stati licenziati quasi 200 dipendenti e chiusi diversi locali: a soffrire sono soprattutto le catene di livello medio-basso in cui Gordon si è lanciato, come le sue pizzerie e hamburgherie, e perfino l’angolo da Harrods, dove venivano serviti hamburger di wagyu a 100 euro, ha dovuto spegnere le luci. Ad andar bene sono le sue scorribande televisive, ma il suo gruppo ha accumulato in totale debiti per circa 55 milioni di euro.
In difficoltà anche Lewis e Leo
Ramsay non è l’unico celebrity chef ad accusare il colpo di un mercato sempre più difficile: alla chiusura della Locanda di Giorgio Locatelli ha fatto seguito la dismissione della catena di hamburger vegetariani lanciata da Lewis Hamilton e Leonardo DiCaprio, mentre i ristoranti dello chef italiano Gino D’Acampo, che qui è una star televisiva, sono finiti in amministrazione controllata. E al gradino più basso della catena alimentare pure Pizza Hut è in crisi.
Costi, carovita e nuove abitudini
A pesare sono l’aumento dei costi energetici e degli affitti dei locali, oltre alle nuove tasse imposte alle imprese dal governo laburista e al continuo lievitare del salario minimo, cui si aggiunge la scarsità di manodopera in conseguenza della Brexit. Il carovita morde pure nelle tasche dei clienti, ma influiscono anche le mutate abitudini dei consumatori: il salutismo, soprattutto fra le generazioni più giovani, porta a bere di meno, e si sa che i margini dei ristoranti sono garantiti dalle liste dei vini più che dal cibo. A Londra poi la gente ha preso l’abitudine di cenare presto e tornare a casa, per cui si evitano troppe portate, ma soprattutto incidono le punturine dimagranti, che qui sono un fenomeno di massa che coinvolge almeno due milioni di persone: il risultato è che anche chi mangia fuori finisce per ordinare poco o nulla.
Il passo più lungo della gamba
Ma a questi problemi strutturali si è aggiunta, per Gordon Ramsay, una fame di espansione che secondo alcuni lo ha portato a fare il passo più lungo della gamba: ormai il suo marchio è presente ovunque, dagli Stati Uniti alla Cina, e a Londra non si è mai più di qualche metro lontani da un suo locale.
Lucky Cat
Lui però non molla, anzi rilancia, perché si considera un gatto dalle nove vite, un «lucky cat», come ha chiamato il suo ristorante nella City che è il più alto d’Europa: e così, dopo essere scampato in agosto a un cancro alla pelle e prima a un incidente in bicicletta che lo ha quasi ammazzato, annuncia piani di rilancio in Spagna, Arabia Saudita e India, oltre che un nuovo programma su Apple tv che si chiamerà «Knife Edge», a fil di lama: un po’ come tutta la sua carriera spericolata.
18 novembre 2025 ( modifica il 18 novembre 2025 | 22:58)
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