di
Pierpaolo Lio
Il padre del 19enne vittima dello schianto è un cardiologo: «Quando ci hanno avvisati sono corso al Niguarda, dove avevo lavorato»
«Ho un vuoto troppo grande, dentro. Mi scusi davvero. Non riesco a ricordare. E in questo momento non so neanche se voglio ricordare».
La voce è calma. Professionale. Nonostante il dolore che traspare, soprattutto nelle pause prima di rispondere. E nella fatica nel parlare al passato di suo figlio. Pedro Leon Silva Orrego, cardiologo con un passato tra vari ospedali milanesi (dal Niguarda al Fatebenefratelli), da un paio d’anni in pensione, è il padre di Pietro Silva Orrego, il 19enne morto nel terribile schianto, all’alba di domenica, lungo il viale Fulvio Testi, tra un’utilitaria e il suv di lusso su cui era a bordo con alcuni amici.
L’altra notte suo figlio era di ritorno da una serata in discoteca?
«Sì, sabato aveva lavorato, e il giorno dopo, domenica, aveva la giornata di riposo. Quindi, quella sera credo sia uscito a fare serata con gli amici, immagino. Credo sia andato in discoteca, come gli piaceva fare. Ma sua madre mi ha raccontato che alle 6 del mattino era tornato a casa. Poi le ha detto: “Guarda che scendo un attimo, che vedo degli amici”. Sarà salito su quell’auto, immagino. Avranno fatto un giro per provarla… non lo so davvero…».
Come è venuto a sapere dello schianto?
«Mi ha avvisato la mia ex moglie. Vede, siamo divorziati. E Pietro abita… abitava con lei. È il più piccolo. Ho altri due figli più grandi. I vigili devono aver visto nel suo portafogli, nei documenti, dove era residente e… il telefono non potevano sbloccarlo, non ci sono riusciti e… non potendo telefonare, sono andati a casa ad avvisare. Quando l’ho saputo, sono riuscito a raggiungerlo in ospedale, al Niguarda».
È l’ospedale in cui il dottor Pedro Leon Silva Orrego, cardiologo interventista di origine cilena, ha lavorato tutti i giorni, fino al 2009, nel reparto di Emodinamica, prima di spostarsi al Fatebenefratelli, dove ha ricoperto il ruolo di responsabile della struttura di Emodinamica. Poi la pensione, e la collaborazione — oggi — con il Brera Medical Center.
Lei conosce gli amici che erano a bordo dell’auto con Pietro?
«No. Non conosco il ragazzo che aveva l’auto, e credo nemmeno gli altri che erano con lui… non saprei… ma Pietro aveva tanti amici, conosceva molta gente».
Che ragazzo era Pietro?
«Era un ragazzo normale, non saprei cosa dire… faccio davvero fatica in questo momento a pensare… Era tifoso dell’Inter. Gli piaceva divertirsi con gli amici nel suo tempo libero. Si era diplomato due anni fa all’istituto Frisi, all’alberghiero. Ha sempre lavorato tanto. Una settimana fa aveva iniziato all’Esselunga di piazza Ovidio: faceva l’apprendista panettiere».
Quali erano i sogni di suo figlio?
«Voleva prepararsi al meglio, e per questo lavorava tanto. Voleva aprire la sua attività. Era questo il suo sogno: fare l’imprenditore in quello che era il suo settore. Ma è… era… un ragazzo normale».
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18 novembre 2025 ( modifica il 18 novembre 2025 | 17:53)
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