di
Mara Gergolet, inviata a Monaco

L’associazione conta 50mila membri. Nel 2024 i suicidi assistiti sono stati 623, quest’anno si avvicinano agli 800

Quando siete stati contattati dalle sorelle Kessler?
«Erano iscritte da molti anni. Avevano iniziato a pensarci già l’anno scorso, e quest’anno in modo più intenso».

Ha parlato con loro personalmente?
«Mai. Se ne occupa la sede centrale: c’è un reparto responsabile della mediazione, composto da psicologi e psicologhe, che ha ricevuto la richiesta scritta delle gemelle Alice ed Ellen Kessler».
Ursula Bonnekoh è nel direttivo della Deutsche Gesellscahft für Humanes Sterben (Dghs), la Società Tedesca per la Morte Umana che ha aiutato a morire le Kessler. Ma si definisce anche «un orecchio aperto sul territorio».



















































Come ci si prepara?
«Come membri, si può scrivere esprimendo la volontà di essere messi in contatto con un team, un medico. Si deve spiegare quali sono i motivi, da quanto tempo si riflette su questa decisione, quali alternative sono state considerate, e che si tratta della propria volontà, senza pressioni esterne. Un punto molto importante. Poi il reparto valuta, sulla base della documentazione medica e della richiesta, se tutti i requisiti sono soddisfatti. Solo allora, la domanda viene inoltrata a un secondo team: un avvocato e una dottoressa».

E loro cosa fanno?
«Il giurista e la dottoressa hanno incontrato le gemelle Kessler separatamente, conducendo con ognuna dei colloqui preliminari approfonditi. È prassi che, se si tratta di un doppio accompagnamento, parte dei colloqui venga condotta separatamente».

Marito e moglie.
«O altre coppie. Le Kessler erano le prime gemelle omozigote: ma considerando come hanno vissuto, è comprensibile».

Bisogna essere malati?
«No. È un punto fondamentale. In molti Paesi, dove esiste questa possibilità, la malattia è un requisito. In Austria, per esempio. In Germania, invece, non si può attribuire un valore ai motivi, non possono essere giudicati. L’unica condizione indispensabile — stabilita dalla Corte costituzionale — è che la decisione di morire e di porre fine alla propria vita sia presa in modo libero e responsabile. Ben ponderata».

Sembra rispecchiare una logica protestante, che porta alle estreme conseguenze l’etica della responsabilità.
«In Germania la sentenza è stata un vero terremoto. Altrove, si pensa soprattutto alle persone gravemente malate: e per compassione si permette al medico di aiutarle a porre fine alla sofferenza. Invece, la Corte costituzionale dice: “No, ogni cittadino ha il diritto di disporre della propria vita e di terminarla”. Per la Chiesa cattolica, in parte anche per quella protestante, è stato un colpo durissimo. Entrambe sostengono che la vita sia un dono di Dio e che quindi non si possa deciderne la fine. Capisco che in Italia, quando discuterete di questi temi, sorgeranno dibattiti morali analoghi».

Bisogna essere membri dell’associazione per chiedere il suicidio assistito?
«Sì».

E quanti membri avete?
«Cinquantamila. Si paga una quota di 60 euro all’anno»

E quanti sono stati i suicidi assistiti?
«Nell’ultimo anno 623, quest’anno ci avviciniamo agli 800. Solo il 15% dei tedeschi conosce questa possibilità. È probabile che il caso delle Kessler porterà a una maggiore informazione».

19 novembre 2025