Negli ultimi anni il testamento solidale è uscito dalla dimensione privata per diventare un tema sempre più raccontato sui media: non solo anziani benestanti senza eredi, ma anche artisti, imprenditori e “ricchi sconosciuti” che decidono di destinare il proprio patrimonio a ONG, fondazioni umanitarie e associazioni sociali.

Il caso delle gemelle Kessler è il più recente: due icone della tv, senza figli né nipoti, che hanno pianificato in anticipo sia la propria morte (suicidio assistito) sia il destino dei propri beni, indicando come eredi una serie di organizzazioni umanitarie e animaliste. Medici Senza Frontiere ricorda che Alice ed Ellen erano state il volto di una campagna sui lasciti testamentari già nel 2014, e sottolinea che l’organizzazione non accetta fondi pubblici: scelte di questo tipo hanno quindi un peso concreto sulla sostenibilità dei progetti futuri.

Il lascito delle gemelle Kessler: cosa sappiamo

Le gemelle Alice ed Ellen Kessler, 89 anni, sono morte il 17 novembre 2025 nella loro casa di Grünwald, vicino a Monaco, tramite suicidio assistito programmato da tempo con l’aiuto di un’associazione per il fine vita.

Non avendo figli né nipoti, hanno deciso di destinare il loro patrimonio a una serie di enti benefici. In un’intervista al quotidiano tedesco Münchner Merkur avevano dichiarato: “Non abbiamo figli, né nipoti. Quindi erediteranno Medici Senza Frontiere, la Christoffel Blind Mission, Gut Aiderbichl, l’Unicef e l’Ordine di Malta”.

  • Medici Senza Frontiere (MSF) è stata la prima organizzazione da loro indicata; MSF, attraverso la responsabile fundraising Laura Perrotta, ha parlato di un gesto “dal significato enorme”, ricordando come le Kessler avessero scelto consapevolmente il testamento solidale e lo avessero persino raccontato in tv, proprio per incoraggiare altri a fare lo stesso.
  • Christoffel Blind Mission è una ONG che si occupa di persone con disabilità visive e altri handicap nei Paesi a basso reddito.
  • Gut Aiderbichl è una rete di santuari per animali, molto nota in area germanofona, che si finanzia in gran parte con donazioni e lasciti.
  • UNICEF e Ordine di Malta richiamano invece l’impegno in ambito umanitario internazionale, dalla protezione dell’infanzia agli interventi socio-sanitari e di protezione civile.

L’eredità dei personaggi famosi alle organizzazioni umanitarie: i casi più famosi

Ben prima degli esempi contemporanei, il modello del “grande lascito alla collettività” è quello di Alfred Nobel. Nel testamento firmato il 27 novembre 1895, Nobel stabilì che la gran parte del suo patrimonio (oltre 31 milioni di corone svedesi) fosse convertita in un fondo per istituire i premi che portano il suo nome.

Le fonti ufficiali della Fondazione Nobel indicano che circa il 94% dei suoi beni è stato destinato alla creazione dei cinque premi originari (Fisica, Chimica, Medicina, Letteratura, Pace), con l’obiettivo dichiarato di ricompensare chi avesse reso “il massimo beneficio all’umanità”.

Nel caso di Joan Crawford, le ricostruzioni di Business Insider raccontano che l’attrice decise di destinare solo piccole somme a familiari e amici, scegliendo invece di devolvere la parte principale del proprio patrimonio a diverse organizzazioni caritative, comprese fondazioni religiose e sanitarie. Questa scelta aprì inevitabilmente il tema della famiglia scontenta e della grande eco mediatica: la narrativa dominante fu quella della star che “ha preferito le charity ai parenti”, con tutto ciò che questo implica in termini di percezione pubblica e tensioni ereditarie.

La storia di Robin Williams aggiunge un livello ulteriore al rapporto tra eredità e filantropia. Oltre ai trust predisposti per tutelare moglie e figli, nel suo piano successorio compare infatti una clausola molto particolare: l’attore ha ceduto i diritti sul proprio nome e sulla propria immagine, per 25 anni, a una non profit, la Windfall Foundation. L’idea è che ogni eventuale utilizzo commerciale della sua immagine in quel periodo generi entrate destinate esclusivamente a enti benefici, tra cui organizzazioni come Medici Senza Frontiere e Make-A-Wish.

L’attore Kirk Douglas, morto nel febbraio 2020 a 103 anni, aveva accumulato un patrimonio stimato in circa 61 milioni di dollari. La stampa statunitense ha documentato che circa 50 milioni sono stati destinati, tramite la Douglas Foundation, a una serie di enti benefici, piuttosto che ai figli.

Un altro esempio interessante è quello di Gene Hackman e la moglie Betsy Arakawa (entrambi deceduti nel 2025). Dai documenti citati da People emerge che Gene aveva lasciato alla moglie l’intero patrimonio attraverso un trust revocabile. È però il testamento di Betsy a dare al caso una dimensione più marcatamente filantropica: in assenza del marito, la parte residua del suo patrimonio è destinata a confluire in un charitable trust con finalità di “beneficio per la comunità”, in coerenza con le inclinazioni caritative condivise dalla coppia.

Nel mondo dei tycoon alberghieri, il caso più noto è quello della famiglia Hilton.

  • Il fondatore Conrad Hilton, morto nel 1979, ha lasciato il 97% del proprio patrimonio alla Conrad N. Hilton Foundation, da lui creata, con un lungo contenzioso successivo sulla struttura del lascito e il controllo delle azioni dell’azienda.
  • Il figlio Barron Hilton, a sua volta, nel 2007 ha annunciato che avrebbe destinato circa il 97% della sua fortuna personale, stimata attorno ai 2,3 miliardi di dollari, alla stessa fondazione, includendo un’immediata donazione di 1,2 miliardi proveniente dalla vendita delle attività alberghiere.

La Conrad N. Hilton Foundation finanzia programmi umanitari su larga scala: accesso all’acqua potabile, sostegno a minori vulnerabili e giovani in affido, progetti su HIV/AIDS infantile, lotta alla povertà estrema e all’homelessness.

Leona Helmsley: il trust miliardario (e il cane da 12 milioni)

L’ereditiera immobiliare Leona Helmsley, morta nel 2007, è diventata famosa per il testamento “eccentrico”: i media si sono concentrati sui 12 milioni di dollari lasciati al cane Trouble e sull’esclusione di due nipoti, ma in realtà il cuore del testamento è un enorme lascito filantropico.

Secondo un’analisi del Philanthropy Roundtable, Helmsley ha destinato quasi l’intero patrimonio, stimato fra 5 e 8 miliardi di dollari, alla Leona M. and Harry B. Helmsley Charitable Trust.

In un primo grande round di distribuzioni, i fiduciari del trust hanno annunciato 136 milioni di dollari a enti di beneficenza e solo 1 milione a organizzazioni per la protezione degli animali, ridimensionando molto la quota effettiva “per i cani” rispetto alla vulgata mediatica.

Il caso italiano di Renato Giuliani

In Italia, uno dei casi più discussi di lascito a favore di ONG e associazioni è quello di Renato Giuliani, un imprenditore varesino la cui identità è stata resa pubblica nel 2024 dalla Fondazione Il Ponte del Sorriso. Giuliani – descritto come una persona riservata, senza eredi diretti – ha destinato circa 7 milioni di euro a sette organizzazioni non profit, sei delle quali attive nel territorio di Varese e una a Milano. Fra i beneficiari:

  • la Fondazione Il Ponte del Sorriso Onlus, che sostiene i reparti pediatrici e i bambini in ospedale, destinataria di quasi 784 mila euro,
  • altre associazioni locali impegnate in ambito sanitario, sociale e assistenziale, indicate puntualmente nel testamento.

Verdi, Cavour, De Nicola

  • Giuseppe Verdi (1813-1901) non aveva eredi diretti e con il testamento del 1900 dispose una lunga serie di lasciti a favore di asili, ospedali e istituti per ciechi, sordomuti e malati (in particolare a Genova) e destinò terreni e rendite per garantire la sopravvivenza dell’ospedale di Villanova sull’Arda, nel Piacentino.
  • Camillo Benso conte di Cavour (1810-1861) viene spesso citato come precursore del “testamento solidale”: lasciò un fondo per costruire un asilo pubblico per i bambini poveri in un quartiere popolare di Torino.
  • Enrico De Nicola (1877-1959): il primo Presidente della Repubblica, nel proprio testamento prevedeva donazioni a orfanotrofi, asili e ospizi, e stanziò somme per il Monte di Pietà di Napoli, con lo scopo di cancellare i debiti contratti dai più poveri dopo la guerra.

Casi curiosi: il giocatore d’azzardo e il “povero milionario”

Oltre ai grandi nomi, esistono storie molto raccontate dalla stampa perché mescolano sorpresa, eccentricità e solidarietà. Il britannico Nicholas Newlife, scomparso nel 2009, era un grande appassionato di scommesse sportive. Secondo un articolo di The Independent, aveva piazzato nel 2003 una giocata da 1.520 sterline su un evento molto specifico: Roger Federer che avrebbe vinto sette titoli di Wimbledon prima del 2020, a quota 66/1. Nel testamento, Newlife ha deciso di lasciare i tagliandi delle scommesse a Oxfam, organizzazione umanitaria che lavora su povertà e disuguaglianze a livello globale. Quando Federer ha effettivamente conquistato il settimo Wimbledon, nel 2012, la vincita di oltre 100 mila sterline è andata interamente all’ONG.

Un altro caso è quello di Henry Reddaway, descritto dall’Independent come uno “scapolo irascibile” che viveva in modo estremamente frugale nel villaggio di Shillingstone, nel Dorset. Ai vicini appariva come un anziano quasi povero, che non spendeva nulla in vestiti o cibo e portava lo stesso cappotto logoro da anni. Dopo la sua morte, avvenuta a 93 anni, è emerso invece che Reddaway – laureato a Cambridge e linguista di altissimo livello – aveva accumulato un patrimonio di circa 3,5 milioni di sterline, la maggior parte del quale andato ad enti benefici.

Celebrità in vità: la tendenza lasciare tutto (o quasi) in beneficenza

Parallelamente ai testamenti di chi è già morto, negli ultimi anni molte celebrità hanno dichiarato pubblicamente di non voler lasciare ai figli la gran parte delle proprie fortune, ma di preferire fondazioni, ONG e progetti sociali. Un’analisi di Business Insider raccoglie almeno 16 personaggi famosi – fra cui attori, conduttori tv, musicisti e imprenditori – che hanno espresso questa posizione: si citano, ad esempio, coppie come Ashton Kutcher e Mila Kunis, artisti come Simon Cowell, Jackie Chan, Elton John e altri, tutti accomunati dall’idea che il grosso del patrimonio vada indirizzato a cause benefiche. Nel mondo degli ultraricchi, questo approccio è stato istituzionalizzato dal Giving Pledge, l’iniziativa lanciata da Warren Buffett e da Bill e Melinda Gates, con cui i firmatari si impegnano a donare almeno metà del proprio patrimonio alla filantropia, durante la vita o alla morte.

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