di
Mara Gergolet

Negli ultimi anni, per colpa della pandemia, le due sorelle si erano ritirate. Il 24 ottobre l’ultima uscita a teatro: chi le ha viste le ricorda silenziose

DALLA NOSTRA INVIATA
GRUNWALD (MONACO) – Gli ultimi giorni hanno scritto le lettere. Una è arrivata all’Abendzeitung di Monaco, il giornale a cui erano abbonate. È firmata da Alice. Dopo decenni disdiceva l’abbonamento. Inizialmente aveva scritto al computer: fino al 30 novembre. Poi ha corretto a mano, con una stilo blu: fino al «17.11.2025». Porta la data del 15 novembre. Come ci dice il direttore, Michael Schilling, «C’era il suo autografo, lungo e audace, probabilmente l’ultimo della vita».

Un’altra è arrivata alla vicina di casa, e amica del cuore, Carolin Reiber, 85 anni, famosa presentatrice tv: «Aprire dopo il 18 novembre». Conteneva una collana di giada, che Carolin aveva tante volte ammirato al loro collo, e che adesso è sua.



















































Tutto negli ultimi giorni è stato chiuso dalle gemelle, come in un meticoloso congedo, in cui niente doveva essere lasciato al caso. Nulla di loro — tanto meno la burocrazia, le scocciature da lasciare agli altri — doveva proseguire, perché a chiudere i conti, a regalare l’eredità in beneficenza («non abbiamo mai sperperato il denaro», hanno detto) volevano essere loro.

Davanti alla loro casa, a Grünwald, in una stradina laterale con ville spaziate e ariose c’è qualche fiore. Un mazzo di rose rosa, un cero. Ma è un addio discreto, senza folle e clamore. Non c’è una persona per strada. Ci si arriva passando davanti ai campi di allenamento del Bayern. E qui, nella Monaco meridionale, la ricchezza e una certa segretezza vivono fianco a fianco: qui non lontano ha casa Rummenigge, e ce l’avevano il difensore Alaba e il centrocampista Vidal, qui Frank Ribéry ha lasciato la sua famiglia quando è venuto a giocare a Firenze. Tutti benestanti, tanti famosi, non ci si immischia troppo nelle faccende degli altri, la privacy è un bene condiviso.

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Però per tutta questa discrezione, sebbene le gemelle Kessler si fossero un po’ ritirate — se non proprio dalla gran società di Monaco, che ama il teatro e lo champagne certamente dalla quotidianità dei tedeschi —, il loro suicidio assistito è piombato come una bomba sulla Germania. Tutti i giornali ne parlano, di ora in ora se ne discute di più, qualcuno come la Bild non l’approva. Però, per la prima volta, tanti tedeschi sono venuti a conoscenza di una legge di cui erano consapevoli solo i più informati. Sì, a certe condizioni, si può morire volontariamente, e assistiti in Germania.

Al centro di Grünwald — che avrà tra i redditi pro capite più alti della Germania — c’è una chiesa, il Comune, pochi ristoranti. All’Alter Wirt (il vecchio oste) in piazza i camerieri portano i lederhosen e le donne i dirndl. Baviera orgogliosa. Venivano qui, chiediamo, di martedì a discutere con le amiche ottuagenarie? «Qualche volta. Ma non regolarmente, e da tempo non più», ci risponde una ragazza con il gonnellone ornato di pizzo.

Negli ultimi anni, si sono chiuse un po’ a casa. È stato il Covid, hanno raccontato, a ridurre la loro vita sociale. E non stavano più bene. Ellen ha avuto un ictus, ha rivelato ieri Carolin Reiber, la vicina che ha ereditato la collana. Lo raccontavano apertamente. Ad «Emma», storica rivista femminista, Alice aveva detto: «A Ellen fa male il ginocchio sinistro, a me quello destro. Quando lavoriamo in giardino, l’artrosi arriva alla schiena. Queste cose vengono, non importa quanto si sia vissuto in modo sano. Ma le malattie gravi ci sono state risparmiate». Ellen invece confidò: «Ho un pacemaker, poi sono arrivati i ristagni di liquidi. Le pillole mi rendono quasi depressa, mi buttano davvero giù. Non conoscevo prima simili sbalzi d’umore». Era agosto 2024, e compare la parola depressione.

Nell’ultimo anno, in cui hanno cominciato a pensare regolarmente alla morte, si sono concesse ancora qualche splendida serata. Il direttore dell’Abendzeitung, Michael Schilling racconta di un compleanno di una collega. «Le Kessler erano quasi come parte della famiglia della Abendzeitung», dice. Quell’ultima volta arrivarono in taxi, dissero: «Che bello uscire un po’ da Grünwald». Sorseggiarono con eleganza lo champagne, ma non rimasero a lungo: circa 90 minuti. L’ultima uscita pubblica il 24 ottobre, a Monaco a teatro: chi le vide, le ricorda silenziose. Dopo lo spettacolo, non andarono a bere lo champagne.

Da allora sono trascorse tre settimane. Rileggendo le loro interviste ora, ci si accorge che almeno dal 2014 dicevano che ciò che più le angosciava era di restare una senza l’altra. Ma anche che, già dal 2014, «tutto era predisposto». Non volevano arrivare a 100 anni, la vecchiaia non era un tabù. Fino all’ultimo volevano l’autodeterminazione, in queste loro vite a doppio passo: di poter ancora decidere da sole.

19 novembre 2025 ( modifica il 19 novembre 2025 | 08:01)