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«Per noi oggi è un nuovo inizio. Per quanto mi riguarda non finisce qui: io ho già iniziato con delle nuove indagini e abbiamo degli elementi, anche abbastanza importanti, che finora non erano venuti alla luce. Stiamo ancora lavorando ma ci sono dei particolari che non ci portano al suicidio». La rivelazione choc è di Maria Tuzi, la figlia del brigadiere Santino, che morì suicida nel 2008 dopo aver dichiarato di aver visto Serena Mollicone entrare in caserma il primo giugno del 2001, al processo di appello bis sull’omicidio, in cui sono imputati per concorso in omicidio l’ex comandante della stazione dei carabinieri di Arce, Franco Mottola, il figlio Marco e la moglie Anna Maria.
APPROFONDIMENTI
«Ho dato mandato a un perito della balistica che sta facendo dei lavori importanti sulle foto della pistola (con cui Tuzi si sarebbe sparato ndr) – ha detto – Stiamo cercando anche un medico legale e una grafologa che possano aiutarci a capire di più di quello che già sappiamo.
L’ho detto quasi sempre, mio padre non può essersi suicidato o se lo ha fatto non è stato per motivi passionali – ha continuato – Mio padre non aveva motivo di togliersi la vita, era diventato nonno da pochissimo tempo, mio figlio aveva solo 10 mesi, e la prima volta che si è commosso è stato proprio quando gli hanno dato tra le braccia mio figlio. Non può esserci sentimento più forte di quello che aveva per mio figlio. Io non credo al suicidio di mio padre».
Sull’ammissione al processo della testimonianza di Tersigni ha aggiunto: «Lui era un superiore di mio padre ma non partecipava alle indagini sul caso di Serena e ha raccolto le sue confidenze in qualità di amico non di superiore. Confidenze che vanno a confermare quanto mio padre affermava, ovvero di aver visto Serena entrare in caserma. Mio padre descrive i vestiti di Serena e la sua descrizione coincide con quelli che aveva quando è stata trovata morta. Tersigni fu uno dei primi a giungere sul posto».
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