La UAE Team Emirates XRG ha chiuso una stagione storica. Con le sue 97 vittorie, la formazione emiratina ha alzato l’asticella del numero di successi ottenuti da una squadra in una stagione: il precedente apparteneva alla Columbia-HTC, che ne aveva conquistate 85 nel 2009. Non bastano comunque i freddi dati a raccontare quello che è stato un vero e proprio dominio, certificato dallo strapotere di Tadej Pogačar al Tour de France e nelle Monumento: lo sloveno ne ha vinte 3 su 5, mancando l’appuntamento solo alla Milano-Sanremo (3°) e alla Parigi-Roubaix (2°). Negli altri Grand Tour sono arrivati due podi, con i secondi posti di Isaac Del Toro, la vera rivelazione dell’anno, al Giro d’Italia e di Joao Almeida alla Vuelta, in cui è stato battuto solo dal solito Jonas Vingegaard. Insomma, tra tutti i bilanci squadre quello della UAE Team Emirates XRG non può che risultare il più ricco di successi e promozioni.

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Impossibile non partire da Tadej Pogačar, che anche quest’anno è stato il numero uno della squadra (e non solo) per quantità e qualità di vittorie, mettendo insieme un’altra straordinaria stagione che forse non tocca i picchi di quella 2024 solo per la mancanza della doppietta Giro-Tour. Del resto, la primavera programmata dallo sloveno e dal team rendeva impossibile essere nuovamente al via della Corsa Rosa e alla fine i risultati hanno dato ragione al campione del mondo, che dopo aver conquistato senza patemi l’UAE Tour, la corsa “di casa” e suo esordio stagionale, è protagonista di una campagna delle classiche nella quale non spadroneggia solamente per via della presenza di un altro fenomeno come Van Der Poel, che gli arriva davanti alla Milano-Sanremo e alla Parigi-Roubaix (nella quale il 26enne era al debutto). Arrivano però la terza vittoria alla Strade Bianche e alla Liegi-Bastogne-Liegi (qui dopo 35 km in solitaria) e la seconda al Giro delle Fiandre e alla Freccia Vallone, mentre gli sfugge anche l’Amstel, bruciato allo sprint da Skjelmose. Dopo un po’ di riposo e di preparazione per il Tour de France, torna e domina il Giro del Delfinato, gettando le basi per quello che sarà il suo quarto successo finale alla Grande Boucle, dove, pur con una condotta di gara un po’ più accorta rispetto al solito, domina e riesce a portarsi a casa anche quattro vittorie parziali (più la Maglia a Pois). Apparso un po’ stanco dopo il GT francese, lo sloveno ricarica rapidamente le batterie in vista di un finale che lo vede conquistare il bis iridato, diventare anche campione europeo, vincere la Tre Valli Varesine e, per la quinta volta di fila (nuovo record), Il Lombardia, tutte ottenute con spettacolari attacchi da lontano. Ormai, sono finiti da tempo gli aggettivi per definite questo fenomeno, che anno dopo anno sta scrivendo la storia del ciclismo.

In tutto, Pogačar ha raccolto ben 20 vittorie, ma poco dietro, con 18, si trova il giovane compagno di squadra Isaac Del Toro, vera rivelazione di questa annata. Dopo una prima parte di stagione un po’ più sottotraccia, ma nella quale conquista comunque qualche piazzamento e un successo in una classica storica come la Milano-Torino, il messicano è protagonista di uno splendido Giro d’Italia, dove partiva come terza scelta della squadra alle spalle di Juan Ayuso e Adam Yates. Dopo un secondo posto alle spalle dello spagnolo a Tagliacozzo, nel primo arrivo in salita, il 21enne è secondo anche nella frazione degli sterrati di Siena, che però gli regala la Maglia Rosa; da qui inizia una seconda parte di gara nella quale il talentuoso corridore sudamericano prende su di sé il ruolo di capitano e mantiene per undici giorni il simbolo del primato, gestendo la situazione con grande intelligenza e togliendosi anche la soddisfazione di vincere una tappa. Poi, per via di un po’ d’inesperienza e forse perché mal supportato dall’ammiraglia, getta via un Giro che sembrava ormai poter far suo a causa dell’eccessiva marcatura con Carapaz nella tappa con il Colle delle Finestre che vede Simon Yates volare verso il successo finale, ma conclude comunque secondo e diventa il più giovane a salire sul podio della Corsa Rosa dai tempi di Fausto Coppi. La sconfitta, comunque, non lo abbatte e, da luglio in avanti, inanella una vittoria dopo l’altra, prima al Tour of Austria, poi in Spagna e infine vincendo ben sette classiche italiane autunnali sulle undici alle quali prende parte (più un notevole 5° posto a Il Lombardia). Non sempre la concorrenza è stata di altissimo livello, ma l’autorità e la maturità dimostrata ci fanno dire che siamo davanti a un nuovo fenomeno.

In qualsiasi altra squadra, al primo posto di questa graduatoria interna ci sarebbe probabilmente João Almeida, capace anche lui di andare in doppia cifra con la conquista di dieci successi stagionali. Il portoghese sembra ormai aver raggiunto la piena maturazione, dimostrando di essere in grado di giocarsela con quasi tutti, in particolare nelle gare a tappe. Sono tre e tutte appartenenti al WorldTour quelle che il 27enne si è portato a casa quest’anno: dopo due secondi posti alla Volta a la Comunitat Valenciana e alla Volta ao Algarve e una vittoria di tappa alla Parigi-Nizza rimontando Vingegaard nei metri finali dell’arrivo in salita di La Loge des Gardes, il lusitano si prende il Giro dei Paesi Baschi (vincendo anche due tappe), il Giro di Romandia e il Giro di Svizzera (dove di successi parziali ne conquista tre), dimostrandosi ogni volta superiore al resto della concorrenza. Nuovamente schierato al Tour de France in supporto a Pogačar, il classe 1998 è però costretto ad abbandonare la corsa dopo una caduta, ma riesce a riprendersi in tempo per partecipare alla Vuelta a España, dove, pur non apparendo mai veramente in grado di staccare e battere Vingegaard, resta in ballo per la vittoria finale fino all’ultima tappa di montagna, concludendo secondo (suo miglior risultato di sempre in un GT) e togliendosi la soddisfazione di alzare le braccia al cielo in cima all’Angliru.

Come già nel 2024, è stata di ottimo livello la stagione di Brandon McNulty, che ha vinto meno (sei vittorie contro le nove dello scorso anno), ma ha colto successi e altri risultati di ottimo livello. Lo statunitense si è portato a casa la tappa finale e la classifica generale del Giro di Polonia, si è imposto al Giro del Lussemburgo, ha fatto il bis alla CRO Race (anche qua, tappa e maglia) e ha avuto “l’onore” di passare per primo sul traguardo del GP de Montréal davanti a Pogačar, che gli ha concesso la vittoria in riconoscimento del gran lavoro svolto. Il 27enne non si è infatti mai tirato indietro nel dare una mano ai compagni di squadra, riuscendo comunque a cogliere qualche piazzamento in gare importanti, come la top-10 sfiorata ad Amstel Gold Race e Freccia Vallone e centrata al Giro d’Italia.

Nell’ambito dei gregari di lusso, Jay Vine si conferma un alfiere più che affidabile. Oltre al suo appoggio al Giro d’Italia (prima del ritiro nella 17a tappa), alla Vuelta (dove si toglie la soddisfazione di conquistare altre due tappe dopo quelle del 2022) e a Il Lombardia (chiuso in nona posizione), l’australiano estrae un paio di conigli dal cilindro alla Settimana Coppi e Bartali, dove si aggiudica due tappe dopo essere uscito di classifica, e soprattutto al Giro di Romandia, in cui si prende un’altra vittoria e il terzo posto nella generale. Il 2025 è anche stata la stagione della sua consacrazione tra i migliori cronoman al mondo: argento ai Mondiali Kigali di specialità, terzo a Tirana e sesto a Pisa al Giro, secondo alla Crono delle Nazioni… Tutti risultati che confermano come l’australiano sia pronto per fare l’uomo di classifica in brevi corse a tappe con una cronometro. Per qualcosa di più deve trovare più costanza nelle tre settimane e, realisticamente, una squadra con meno campioni.

Sempre meno appariscente ma comunque costante, anche Pavel Sivakov ha fatto un egregio lavoro in stagione. Dopo il successo alla Vuelta a Andalucia in apertura di stagione, il francese ha scortato i capitani in buona parte delle imprese per poi tornare protagonista nel finale di 2025, dove ha colto il secondo posto al GP de Quebec e al Giro del Veneto (dietro Del Toro), oltre alla top-10 ai Campionati Europei e al 15° posto ai Mondiali Kigali 2025, entrambi corsi in appoggio a compagni di squadra. Il classe ’97 sembra aver accettato il suo ruolo di gregario di lusso senza però essersi rassegnato all’idea di rinunciare a cercare risultati personali, che di tanto in tanto arrivano.

Forse non è stata l’annata più evidentemente clamorosa, ma Tim Wellens ha saputo farsi trovare pronto al momento giusto in più occasioni. Ricorderemo tutti il suo assolo a Carcassonne al Tour de France, dove ha sfruttato uno dei pochi momenti di libertà per andare a cogliere un successo personale di pregevole fattura. Prima ancora, il belga è stato terzo alle Strade Bianche (a più di due minuti da capitan Pogacar) e ottavo alla E3 Saxo Classic, unici risultati degni di nota nel periodo dell’anno in cui eravamo abituati a vederlo protagonista qualche anno fa. Da quando anche la primavera è appannaggio (quasi) esclusivo di Pogacar, il classe ’91 ha saputo allargare i propri orizzonti: quest’anno ha vinto anche nel gravel e si è preso la maglia di campione nazionale belga. Insomma, è l’esempio perfetto di come a volte basta poco per ottenere tanto. Lui lo fa quasi sembrare facile.

Come lui, anche Marc Soler è riuscito a cogliere la grande occasione per alzare le braccia al cielo in questa stagione. Lo scalatore spagnolo, sempre al fianco di Pogacar al Tour e Almeida alla Vuelta, ha avuto proprio nel Grand Tour spagnolo la giornata di gloria, quando ha vinto in fuga alla Farrapona sui Lagos de Somiedo. Il classe ’93 conferma di avere ancora quella scintilla per vincere, oltre a essere un gregario solidissimo quando si tratta di proteggere un capitano in salita.

Si è dovuto accontentare di qualche vittoria in competizioni forse di secondo piano Jhonathan Narvaez, che ricorderemo sempre anche per come ha pilotato Pogacar in quell’attacco a Hautacam in quest’edizione del Tour. L’ecuadoriano, che si è tolto lo sfizio di vincere il suo terzo titolo nazionale, ha aperto la stagione dominando il Tour Down Under (successo a Willunga Hill e poi in classifica generale), ma poi ha avuto poche altre occasioni per brillare. Il sigillo al Giro di Germania (in cui ha preso tappa e secondo posto nella generale) e il terzo posto al Guangxi confermano che, comunque, sa farsi vedere anche quando non ha molte chance di essere il leader del team.

È tornato a vincere, e non possiamo che accogliere la notizia con una certa soddisfazione, anche Alessandro Covi, che dopo le difficoltà nel 2024 è riuscito a farsi di nuovo vedere ad alto livello. Il “Puma di Taino” ha alzato le braccia al cielo al Giro d’Abruzzo e poi alla Vuelta Asturias, prima di piazzarsi in altre corse come l’Ungheria e il Giro dell’Appenino (quarto). Il secondo posto ai campionati nazionali è quasi più un rimpianto che una giornata da festeggiare: con la condizione di quel giorno, il lombardo sembrava il favorito nello sprint in cui è stato beffato da Filippo Conca. In casa Jayco AlUla troverà più spazio.

Nella categoria “gregari d’oro” va inserito Ivo Oliveira, che quest’anno ha più che raddoppiato il bottino dei successi personali ottenuti in carriera. Il portoghese ha saputo cogliere l’attimo in ben due delle quattro tappe del Giro d’Abruzzo, muovendosi nel momento giusto per anticipare il gruppo e gli altri fuggitivi. Non contento, si è ripetuto nell’ultima tappa del Giro di Slovenia, poco prima di tornare campione nazionale su strada. Una serie di successi conditi, ancora una volta, da belle prestazioni a cronometro, come in Romandia (secondo nel prologo) e alla Vuelta (quinto). Farebbe la fortuna di tante squadre, e infatti gli emiratini lo coccolano per bene.

Ha fatto bene anche Juan Sebastian Molano, che in molte corse si è speso per i compagni di squadra ma quando ha potuto ha ottenuto grandi risultati: le vittorie alla Bruges-De Panne e nell’ultima tappa del Giro d’Ungheria sono le più appariscenti, ma anche tanti piazzamenti tra AlUla Tour, Parigi-Nizza e Giro del Belgio. A 31 anni, il colombiano è il velocista che non ti aspetti in una squadra che punta su ben altri tipi di corse. Un ruolo non semplice che svolge alla perfezione, anche perché al contrario di altri sprinter spende tante energie per aiutare i capitani nelle frazioni di montagna.

È mancata solo la vittoria su strada a Florian Vermeersch, che nel finale di stagione ci è andato vicinissimo in Veneto, dove è stato secondo sia alla Veneto Classic sia pochi giorni prima alla Serenissima Gravel, specialità in cui comunque è riuscito a laurearsi campione del mondo. Il quinto posto alla Parigi-Roubaix, corsa in supporto a Pogacar, è il biglietto da visita più importante per il 26enne, sempre una sicurezza quando si tratta di aiutare in pianura e nelle classiche.

Sta crescendo bene il giovane talento Jan Christen, che anche quest’anno ha dimostrato di poter ambire a risultati importanti. È vero, dopo i successi a Trofeo Calvià e in una tappa della Volta ao Algarve di inizio stagione lo svizzero non è più riuscito a ripetersi, ma è anche da sottolineare come siano arrivati piazzamenti importanti in corse WorldTour: come il secondo posto al San Sebastian e il quarto nella classifica del Polonia. Insomma, è normale che con l’asticella più alta il numero di vittorie diminuisca. Il suo livello, però, è davvero alto.

A 22 anni, Igor Arrieta ha iniziato a dimostrare di meritare il suo posto a questo livello. Lo spagnolo ha conquistato la sua prima vittoria da professionista alla Prueba Villafranca – Ordiziako Klasikoa, in un’annata che lo ha visto salire sul podio della Settimana Coppi e Bartali (dove è stato anche il miglior giovane) e cogliere un buon quarto posto a Castelraimondo al Giro d’Italia, dove ha lavorato a lungo per Ayuso e Del Toro. Gli è forse mancato qualcosa nella seconda metà della stagione, dove potrebbe aver accusato le fatiche della prima parte.

Che dire, poi, di Juan Ayuso? Le aspettative su di lui erano di sicuro alte, in particolare per quanto riguarda la possibilità di fare classifica nei Grandi Giri, ma ciò non è accaduto né al Giro d’Italia né alla Vuelta a España, anche se ci sono delle attenuanti. Alla Corsa Rosa, tutto sembrava avviato per il meglio con la conquista della vittoria nel primo arrivo in salita, ma in seguito, per via delle cadute, sono subentrati i problemi fisici che si sono fatti sentire all’inizio della terza settimana e lo hanno portato a uscire di classifica, prima del ritiro a causa della puntura di un calabrone. Nel GT di casa, che inizialmente non era nei suoi programmi, lo spagnolo si è invece presentato senza la forma necessaria per poter lottare per la generale e, tutto sommato, non si è rivelato neppure particolarmente utile alla causa di Almeida, ma ha comunque trovato due successi di tappa al termine di due fughe da lontano. A queste si sommano le vittorie a Faun Drome Classic, Trofeo Laigueglia, in una tappa e nella classifica finale della Tirreno-Adriatico e in una tappa della Volta a Catalunya (chiusa al 2° posto), dunque non si può dire che la sua annata sia stata negativa, ma neppure totalmente positiva. Ora lo aspetta una nuova avventura alla Lidl-Trek e chissà che, in un nuovo ambiente, non riesca a trovare quella continuità, quella solidità e, soprattutto, quella serenità mentale che probabilmente non ha sempre avuto in UAE (come testimonia il turbolento divorzio) per poter fare il definitivo salto di qualità e competere stabilmente ad alti livelli.

Come spesso in passato, è stato profeta in patria Felix Grossschartner, che si è imposto nella prima tappa del Giro d’Austria e nel campionato nazionale a cronometro, in quelle pochissime occasioni in cui ha potuto davvero essere capitano. Qualche piazzamento qua e là, come tre top-10 di tappa al Giro di Svizzera, il secondo nella generale dello Slovenia e il settimo al GP Indurain completano il quadro di un’annata tutto sommato non male. Tra i gregari, non è certo il classe ’93 quello da cui ci si aspetterebbero più exploit di quelli mostrati nel 2025.

Infine, meritano credito altri gregari che, nel silenzio e senza davvero avere occasioni personali, hanno performato al meglio, come Domen NovakVegard Stake Laengen Julius Johansen, ma soprattutto come Rafal Majka. Il polacco ha concluso una carriera da maestro assoluto nell’arte del gregariato in montagna, a cui si è dedicato dopo i successi e le soddisfazioni nella prima parte della sua vita da professionista. Il gesto di Pogacar al Lombardia e la festa che gli hanno riservato i compagni a Bergamo sono la fotografia di quanto il 36enne sia stato un uomo chiave di questa squadra e della sua annata. In cui, tra l’altro, è riuscito a mettere anche la sua firma tra i 97 successi, grazie al campionato nazionale.

+++ Tadej Pogačar
++ Isaac Del Toro
+ João Almeida

FLOP

Una premessa doverosa. In una squadra simile, con un rendimento simile, trovare qualche corridore che abbia fatto male è davvero complicato. Laddove non sono arrivati risultati individuali importanti, c’è stato comunque spesso un lavoro di sostegno ai capitani designati, lavoro che, come testimonia la quantità di vittorie, è stato frequentemente premiato. A voler proprio cercare qualche pecca, si può evidenziare che Rune Herregodts non ha propriamente brillato nella sua prima stagione in squadra: la sua è sembrata un’annata in cui prendere contatto con la nuova realtà, tanto che è stato utilizzato solo in corse non di primissimo piano. Sul pavé si è visto poco e anche in altri contesti di gara è rimasto spesso nell’ombra.

Fatta salva la premessa di cui sopra, la stagione di Nils Politt si può considerare deludente? Il tedesco era stato enorme protagonista, anche in chiave individuale, nel 2024, mentre nell’annata appena conclusa ha raccolto ben di meno. Dalla sua c’è il Tour de France, portato a termine in modalità lavoratore indefesso, e in generale c’è tutto il lavoro fatto a favore dei compagni; rimane, però, la percezione di una forma che non è stata quella vista in passato, soprattutto nella fase primaverile di stagione. Un discorso simile lo si può fare per Mikkel Bjerg, che chiaramente non ha mai fatto mancare il proprio apporto alla causa del team, ma in confronto alla passata stagione e, ancor più, al 2023, nelle quali aveva colto anche qualche bel piazzamento a crono, questa volta non è riuscito a trovare risultati a livello personale.

Rispetto a un 2024 nel quale, nonostante fosse al debutto tra i professionisti, aveva positivamente impressionato, António Morgado ha vissuto un 2025 un po’ meno fruttuoso, nonostante sia arrivato lo stesso numero di successi dello scorso anno, tre. Il portoghese ha subito lasciato il segno nell’esordio stagionale al GP Castellón-Ruta de la Cerámica e si è ripetuto poco dopo alla Figueira Champions Classic, ottenendo nel frattempo qualche altro piazzamento, ma nel resto della stagione (che l’ha visto ottenere l’altra vittoria nella cronometro dei campionati nazionali) si è visto abbastanza poco, anche in corse di livello medio. A 21 anni ci può assolutamente stare, ma nel 2026 dovrà cercare di sfruttare meglio gli spazi che gli verranno concessi.

Non ha brillato troppo nel suo primo anno da professionista Pablo Torres, che si presentava con un pedigree di tutto rispetto (compreso il secondo posto nella classifica del Next Gen 2024). Lo scalatore spagnolo porta a casa un bel terzo posto al Giro d’Abruzzo, ma i risultati importanti del suo 2025 si fermano lì. Anche al Tour de l’Avenir, dove torna a confrontarsi con gli Under-23, si deve accontentare di un settimo posto che non è all’altezza delle premesse. La stagione di adattamento non è stata facile e avrà tempo per migliorare.

Annata che possiamo definire con alti e bassi per Adam Yates, che è mancato soprattutto nei momenti importanti. Al Giro d’Italia, dove partiva come co-capitano, non è mai apparso in grado di lottare con i migliori e neppure di poter essere particolarmente utile in supporto a Del Toro, e anche al Tour de France è stato abbastanza evanescente, riuscendo raramente a dare un contributo in salita a Pogačar. Il britannico è comunque riuscito a conquistare tre successi, uno ad inizio anno, facendo il bis consecutivo nella classifica finale del Tour of Oman, e due nel finale di stagione, alla Coppa Agostoni e al Trofeo Tessile & Moda, in un ultimo mese di gare che lo ha probabilmente visto trovare la gamba giusta considerando anche i piazzamenti ottenuti al GP de Montréal, al Giro dell’Emila e al Lombardia.

A volte le vittorie sono anche questione di fortuna, e non sembra averne avuta Rui Oliveira, che anche quest’anno deve rimandare il suo primo appuntamento con il successo da professionista. Il portoghese prova a buttarsi dentro in volate caotiche quando può e raccoglie tanti piazzamenti di tappa: 2° alla CRO Race, 3° al Tour of Britain e a Burgos, 4° e 8° al Tour Down Under, per un totale di 11 top-10 in stagione. La vittoria, però, è sempre mancata, e parlare di mancanza di occasioni sarebbe quasi irrispettoso nei confronti dei suoi compagni di squadra. E intanto in casa Oliveira il fratello gemello ha alzato le braccia al cielo quattro volte.

Con l’enorme attenuante del brutto incidente di cui è stato sfortunato protagonista al Giro di Polonia, che purtroppo ha messo fine alla sua stagione ad agosto ma per fortuna non ha avuto ulteriori conseguenze, anche il 2025 di Filippo Baroncini tutto sommato ha portato meno risultati entusiasmanti di quanto previsto. È vero, il classe 2000 ha conquistato la sua seconda vittoria da professionista, aggiudicandosi la classifica generale del Giro del Belgio. A parte quella settimana in Belgio, dove non è mai andato oltre il quarto posto di tappa, non si è però mai davvero visto nelle prime posizioni: il bel secondo posto nella cronometro dei campionati nazionali, dove è arrivato sesto nella prova in linea, sono stati gli unici altri piazzamenti. Nel complesso il bilancio non è così negativo, ma a 25 anni il tempo della maturità è arrivato e forse è lecito aspettarsi qualche acuto in più. Che, al netto del disclaimer di inizio paragrafo e della caduta in Polonia, siamo sicuri arriverà in futuro.

– António Morgado
— Nils Politt
— Rune Herregodts

Classifica UCI

Ancora la migliore di tutte (per il terzo anno consecutivo) e ancora, come avvenuto nel 2024, con un vantaggio enorme sulle altre: la UAE Team Emirates XRG sta dominando, almeno in termini numerici, questa fase storica del ciclismo su strada e i contorni della graduatoria stagionale mondiale confermano questo strapotere. Basti dire che Tadej Pogačar, da solo, sarebbe arrivato decimo nella classifica a squadre…

CORRIDORE NAZIONE PUNTI POGAČAR Tadej 11680 DEL TORO ROMERO Isaac 5514 GONÇALVES ALMEIDA Joao Pedro 4331.07 AYUSO PESQUERA Juan 2602.5 VINE Jay 2320.5 MCNULTY Brandon 2153.57 NARVAEZ PRADO Jhonatan Manuel 1497.14 CHRISTEN Jan 1347 YATES Adam Richard 1322 WELLENS Tim 1250 SIVAKOV Pavel 1155.9 VERMEERSCH Florian 1015.33 TOMAS MORGADO António 985 GROSSSCHARTNER Felix 626.93 SOLER Marc 594.5 COVI Alessandro 550 MOLANO BENAVIDES Juan Sebastian 473.14 MAJKA Rafal 461 ALVES OLIVEIRA Ivo Emanuel 392.07 ARRIETA LIZARRAGA Igor 366

Miglior Momento

Scegliere, tra tanti bei momenti e quasi cento successi, quello che è stato il più emozionante della squadra in questa stagione non è semplice, ma è certo che per trovarlo bisogna guardare a Tadej Pogačar. Tolte ovviamente le splendide vittorie a Mondiali ed Europei, ottenute con la maglia della nazionale, la terza affermazione alla Liegi-Bastogne-Liegi e la quinta (totale e consecutiva) a Il Lombardia sono sicuramente due belle imprese, ma probabilmente il momento migliore è stato il successo conquistato dallo sloveno ad Hautacam, nella 12a tappa del Tour de France. In quel giorno, il campione del mondo ha attaccato poco dopo l’inizio dell’impegnativa salita finale e ha staccato tutti quanti, rifilando più di due minuti a Jonas Vingegaard al termine di quella che è praticamente stata una cronoscalata e mettendo così una seria ipoteca sulla sua quarta vittoria finale alla Grande Boucle.


Volate – 5.7


Classiche – 9.5


Grandi Giri – 9.3


8.2

Basta solo Tadej Pogačar e tutto quel che fa lo sloveno per rendere una stagione trionfale. Ma, oltre al “vantaggio” di avere il corridore più forte di tutti i tempi in organico, la squadra emiratina ha costruito un gruppo capace di vincere sempre e comunque, fatta forse eccezione per le volate pure. I primati fatti registrare negli ultimi anni sono lì a dimostrarlo e l’impressione è che ci siano ancora degli spazi da poter occupare in futuro, per rendere il dominio ancora più schiacciante.


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