Si riaccende il dibattito sull’influenza della “cultura woke” sul mondo della musica, in particolare quella italiana. Questa volta i riflettori sono puntati su Fiorella Mannoia e sulla modifica, dopo anni, del finale della canzone Quello che le donne non dicono.

A prendere parola contro la scelta della cantante è Enrico Ruggeri, 68 anni, autore della canzone e vincitore per due volte del Festival di Sanremo. In un’intervista al Corriere, così si esprime sulla Mannoia: “Era molto più rock all’inizio, non conosceva mezzi termini. Si è raffinata dopo”.

Tralasciando la scelta che lega la “raffinatezza” alla richiesta di indipendenza della donna dalla figura maschile al cambio del finale della canzone, Ruggeri commenta: “È un errore. Questa è una canzone sulle speranze disattese. Le donne ne parlano ai loro uomini: non sei più come all’inizio del nostro amore, torna a essere com’eri e ti diremo ancora un altro sì”.

Ruggeri fonda la sua critica a quel che giudica una distorsione: “Mi sembra una forzatura dettata dalla cultura woke”. Le candidate per interpretare il testo all’epoca erano tre: Lena Biolcati, Fiordaliso e Fiorella Mannoia. “Con Luigi Schiavone, autore della musica, eravamo indecisi. Ci convinse Roberto Galanti, discografico di Fiorella, una persona di grande spessore e cultura, che oggi non c’è più” e all’epoca la scelta sembrava andar bene a tutti.