C’è una nuova produzione Netflix che sta mandando in visibilio critica e spettatori, un thriller teso come una corda di violino che non lascia un secondo di tregua e che, nel giro di poche ore, è già diventato il titolo più discusso del momento.
Si chiama The Beast in Me, e in pochi giorni è già diventata una delle sorprese più cupe e magnetiche dell’anno. Forte di un punteggio perfetto su Rotten Tomatoes, la serie gioca con le convenzioni del thriller psicologico e le spinge fino al limite, costruendo un crescendo emotivo che non concede tregua. Al centro della storia c’è Claire Danes, qui in una delle interpretazioni più intense della sua carriera, che guida un racconto fatto di perdite, ossessioni e verità inafferrabili.
Danes interpreta Aggie Wiggs, un’autrice segnata da un dolore mai superato: la morte del figlio in un incidente stradale in cui il responsabile non è mai stato punito. Una ferita aperta che Aggie tiene sotto controllo solo grazie al lavoro e all’isolamento, almeno fino a quando un nuovo vicino arriva a sconvolgere ogni equilibrio. L’uomo in questione è Niles Jarvis, interpretato da un inquietante Matthew Rhys, un magnate immobiliare coinvolto anni prima nella misteriosa scomparsa della moglie. L’ombra lunga di quel caso lo segue ovunque, e il suo arrivo accanto ad Aggie dà il via a una tensione sotterranea che cresce scena dopo scena.
Il conflitto tra Aggie e Jarvis prende forma dapprima in piccoli screzi quotidiani — un sentiero da costruire, una disputa banale — ma si trasforma presto in una spirale di sospetti, provocazioni e rivelazioni ambigue. La serie gioca volutamente con la percezione, chiedendo allo spettatore di dubitare di tutto: delle intenzioni dei personaggi, della loro moralità, persino dei loro ricordi. Nulla è come sembra, e più Aggie scava nel passato del vicino, più si trova costretta a confrontarsi con il proprio.
The Beast in Me funziona proprio grazie alla forza dei suoi protagonisti: Danes e Rhys portano in scena due personaggi complessi e pericolosamente simili, entrambi divorati da qualcosa che non riescono a controllare. È un thriller che non punta solo al colpo di scena, ma alla costruzione di un clima di inquietudine psicologica costante, dove ogni dettaglio può essere la chiave di una verità devastante.
Il risultato è una miniserie che lascia il segno: oscura, stratificata, perfetta per chi cerca un titolo che sappia unire tensione, qualità attoriale e quella sensazione di disagio crescente che solo i thriller migliori sanno generare.
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