CALIMERA – “Saluta bene Elia perché lo porto con me. Ritieniti responsabile di qualunque cosa capiti a me e a lui». Aveva tremato, ascoltando queste parole, Fabio Perrone, il 16 dicembre 2024. A pronunciarle era stata l’ex compagna Najoua Minniti, dopo una discussione su come il figlio Elia avrebbe trascorso le festività natalizie. Quel giorno Perrone aveva presentato un esposto ai Servizi sociali del Comune di Calimera, in provincia di Lecce.
Il 18 novembre, invece, quando non ha trovato il bambino di 8 anni all’uscita di scuola, è andato dai carabinieri a denunciarne la scomparsa. Negli stessi momenti, il corpo della 35enne Najoua Minniti veniva ritrovato in mare a Torre dell’Orso (pochi chilometri a nord di Otranto) e i dubbi diventavano un tragico sospetto. Perché il bambino — ha raccontato lo zio di Perrone, Brizio Tomasi — «qualche volta aveva detto ai nonni che la mamma lo maltrattava». E perché, a suo dire, quella che è avvenuta è «una tragedia che poteva essere evitata».
Accaduta a meno di una settimana da quella di Muggia (Trieste), dove Giovanni — di 9 anni — è stato assassinato dalla mamma.Elia è stato trovato in casa, nel letto che divideva con la madre, addosso il pigiama colorato, sul collo i segni di una violenza che potrebbe significare strangolamento. Il medico legale ha parlato di asfissia meccanica, potrebbe anche essere stato soffocato, a chiarire come è morto sarà l’autopsia, che indicherà anche la data del decesso.
Di certo, per ora, c’è che martedì il bimbo non è andato a scuola. La sua vita era scandita dagli accordi tra i genitori nell’ambito dell’affido condiviso. Accordi che la madre non rispettava, stando alle denunce presentate da Perrone con l’assistenza dell’avvocato Mario Fazzini. I due si erano conosciuti a Parma, dove Najoua — che si faceva chiamare Gioia — era arrivata dalla Calabria. Avevano vissuto insieme e avuto un figlio, nel 2020 si erano trasferiti in Salento dove Fabio Perrone era nato e per anni avevano trascorso le vacanze.
Lui è un infermiere, nella notte tra lunedì e martedì — quando suo figlio potrebbe essere stato ucciso — era al lavoro all’ospedale di Casarano. Due anni fa la relazione con la compagna era finita e la gestione di Elia era diventata problematica. I carabinieri del paese conoscevano bene sia Gioia-Najoua che l’ex compagno, perché entrambi avevano formalizzato lamentele sul mancato rispetto degli accordi sull’affido. Il 16 dicembre dello scorso anno, Perrone aveva presentato al Comune l’esposto in cui riferiva le frasi della ex: «Ritieniti responsabile di qualunque cosa accadrà a me e al bambino»; «Sono già andata di fronte al mare con la macchina».
E poi una querela. Nell’immediato il giudice aveva disposto un provvedimento d’urgenza con cui Elia veniva tolto alla madre ma, all’esito di un percorso con il Centro di salute mentale, era stato certificato che lei poteva riavere il bambino. «Alla luce di quel parere — ha spiegato l’avvocato Fazzini — si è arrivati a un accordo sull’affido condiviso». Che comprendeva anche una disposizione in base alla quale Najoua Minniti avrebbe dovuto seguire un percorso sulla genitorialità e i comportamenti. «Cosa che in questi mesi la signora non ha mai fatto», ha detto il legale. E che avevano indotto Perrone a presentare un’altra querela, perché nel frattempo la ex aveva anche danneggiato la sua auto. Le indagini erano in corso ma forse non sono state abbastanza tempestive.