Fateci caso: in questi tempi di revival perenne – da parte di dinosauri e non solo, basta vedere anche solo quanti decennali sono in ballo – Jovanotti è l’unico a essere partito ormai da quarant’anni e a non aver ceduto alla voglia di celebrazione, di passato, insomma a non aver mai guardato indietro. Mai un tour celebrativo, mai una ristampa. Solo presente o, anzi, futuro, che sia questione di nuova musica, di generi scoperti (l’intuizione del ritorno dell’elettronica negli anni Dieci) o di approccio. Viene in mente, tra i tanti, Lorenzo 2015 CC. (2015), l’album che non era un album ma una playlist, trenta brani pubblicati appena prima che Spotify decretasse la fine dei dischi per come li avevamo conosciuti: con le playlist appunto, e dopo con le uscite a flusso continuo (nel dubbio, Cherubini ha fatto anche quelle, con Il disco del sole, 2021). Da un lato, è un merito, perché non ha mai perso la spinta, la creatività. Dall’altro, questo ruolo di rabdomante del pop sta sempre più stretto, vuoi per motivi anagrafici (diventa via via più difficile seguire le mode, specie in un periodo accelerato come questo) o vuoi perché il fiuto non può essere sempre perfetto.
A lui, s’è capito, non interessa granché, gli sbagli lo stimolano a ripartire. Parecchie volte – dopo l’exploit paninaro iniziale (1990), dopo la wave terzomondista di fine millennio (2002) e ora dopo l’incidente in bici (2023) – si è detto che fosse finito, altrettante volte è ricominciato, alzando l’asticella. L’ultima è di questi giorni, con il lancio del progetto extra-large che l’accompagnerà fino al compimento dei sessant’anni il prossimo settembre, cioè L’arca di Lorè, un tour mondiale che in Italia diventa Jova Summer Party – un Jova Beach Party senza le famose spiagge, perché non ci si bagna due volte nello stesso fiume, ma non si può neanche giocare a ribasso – e che è seguito, soprattutto, da un nuovo album, NIUIORCHERUBINI, uscito il 20 novembre. Alla faccia dei tempi rapidi dell’industria di oggi, questo vede la luce a neanche dodici mesi da quello che ne ha segnato il ritorno sulle scene post-infortunio, Il corpo umano volume 1 (2025), uno scarto temporale inedito perfino per lui, che pure negli anni Ottanta era una macchina da guerra.
Chiaro, è un lavoro diverso, un progetto parallelo, presentato come minore. Non è il secondo capitolo di Il corpo umano, accantonato a data da destinarsi, per quanto «quelle canzoni sono pronte, stanno in un cassetto», anche se viene il sospetto che, vista la fame di nuovo di Jovanotti, alla fine non vedranno mai la luce (ci ha mica ripensato?). Semmai, spiega, questo è un lavoro «che non era previsto»: l’ha registrato a settembre, in sei giorni a New York, inizialmente per arrangiare in chiave salsa un brano che aveva tra le mani, poi capendo di vivere una grande occasione, così ha invitato in studio dei musicisti di base negli Stati Uniti e che stima («Li ho contatti uno a uno tramite Instagram»), hai visto mai ne possa nascere qualcosa. È nata: in una settimana sono uscite fuori tredici canzoni, tutte giocoforza spontanee, urgenti, di pancia. E tutte, ecco, interamente suonate e registrate dal vivo, con pochissima post-produzioni e «nessun ripensamento».
A dispetto del titolo, che cita il Dallamericaruso di Lucio Dalla (1986), un altro sogno americano che però nella manica aveva l’asso Caruso (1986), qui non c’è nessuna una canzone che, a occhio, possa svoltargli i diritti d’autore. Non c’è non perché quei pezzi abbiano per forza bisogno di tempo – leggenda vuole che Dalla l’avesse composta in una notte, ma Dalla appunto amava raccontare leggende, va’ a capire – ma perché lo spirito di Jovanotti è diverso: questo è quasi un istant album, fotografia della rinascita, vera, dall’infortunio, il resoconto registrato di una serie di sessioni in cui, dice, ha ritrovato gioia di suonare e fare musica, per lui che da almeno vent’anni ha puntato sempre più sul lato strettamente musicale, allestendo band eccellenti. Eppure, al di là della soddisfazione personale, il disco ha comunque qualcosa da dirci, indicazioni da darci, anche su Jovanotti stesso.