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Un nuovo rating day è alle porte per l’Italia. Domani è, infatti, atteso il verdetto di Moody’s che si pronuncerà sul debito italiano. L’agenzia di rating Usa, che chiuderà la “tornata autunnale” di giudizi, dovrebbe rivedere il rating sovrano di Roma dopo che lo scorso maggio ha migliorato l’outlook da neutrale a positivo, spianando la strada a un miglioramento del rating.
Per il governo guidato da Giorgia Meloni rappresenterebbe l’ennesima buona notizia dopo l’upgrade firmato quest’anno da S&P Global Ratings (aprile 2025) e da Fitch Ratings (settembre 2025), ma anche una promozione storica per Roma visto l’ultima firmata da Moody’s è avvenuta 23 anni fa, nel maggio 2002.

Intanto l’Italia si presenta all’appuntamento con Moody’s con lo spread BTP-Bund che viaggia in area 73 punti base, minimi da 15 anni (livelli pre-crisi del debito nella zona euro).

Domani sera è atteso il giudizio di Moody’s sull’Italia. Si parte dal report della scorsa primavera, quando l’agenzia di rating Usa ha rivisto al rialzo l’outlook sul merito del credito del Paese, ovvero le prospettive future, portandolo da stabile a positivo. Un miglioramento, si legge nel report pubblicato lo scorso maggio, che “riflette il miglioramento delle prospettive di bilancio, in un contesto di fiscale migliore del previsto nel 2024 e di un contesto politico interno stabile, che aumenta la probabilità che i parametri di bilancio continuino a migliorare, in linea con il piano strutturale e fiscale a medio termine del governo“.

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Discorso diverso al momento quello portato avanti sul fronte del rating. Il rating è fermo a Baa3, che è solo un gradino sopra il livello junk (ossia spazzatura) da quando Moody’s ha declassato il rating durante la presidenza di Giuseppe Conte alla fine del 2018.

Secondo Gianni Piazzoli, cio di Vontobel Wealth Management Sim, sono due le ragioni principali che potrebbero spingere ad alzare il rating sull’Italia. “Innanzitutto, i numeri italiani sono migliori oggi rispetto a questa primavera. Il 23 maggio scorso Moody’s ha alzato l’outlook, grazie al miglioramento delle metriche di finanza pubblica e alla forza dei bilanci privati, confermando in contemporanea il rating a Baa3 dell’Italia – ricorda Piazzoli -. Al centro della view più positiva di Moody’s si notava Il deficit 2024 al 3,4% del PIL meglio dell’atteso 3.8% con un possibile calo del deficit “appena” sotto il 3% per il 2026. Moody’s insisteva poi sul necessario “backstop” della Bce a favore dell’Italia a giustificare il livello dei tassi”.
La seconda motivazione è che il governo indica numeri migliori rispetto a quelli stimati e l’Italia si prepara all’uscita dalla procedura di deficit eccessivo. Piazzoli indica che sul deficit l’Italia dovrebbe arrivare al 3% già nel 2025 e scendere al 2,8% nel 2026, mentre sul debito/Pil che Moody’s vedeva al 138,4% nel 2026 i target del governo sono per un debito a 137,5%. Sono metriche che di per sé lasciano spazio per un giudizio più positivo da parte di Moody’s.
Il grande vantaggio dell’Italia è di aver raggiunto nel 2024 l’avanzo primario, cioè il deficit prima degli interessi, che stando ai documenti del governo dovrebbe continuamente migliorare, da 0,5% in rapporto al Pil dello scorso anno a +1,5% nel 2027 (e poi +2.0% nel 2028) – afferma ancora l’esperto -. Per fare un paragone con un altro grande paese UE, la Francia che Moody’s colloca 6 gradini sopra l’Italia, l’avanzo primario francese sarà ancora negativo per vari anni, da -3,2% del 2025 passerà a -2,5% nel 2027, con il debito francese atteso salire al 120% del Pil nel 2027.

Nell’ultimo anno, quotidiani della stampa internazionale più accreditata hanno restituito l’immagine di un’Italia tornata solida ed affidabile agli occhi dei mercati e degli investitori istituzionali. Un tema che viene affrontato dall’osservatorio sull’attrattività dell’Italia presso gli investitori esteri nel rapporto di autunno 2025, presentato dall‘Associazione Italiana Banche Estere in collaborazione con il Censis.
Di fatto, la percezione di un miglioramento del quadro macroeconomico del Paese, e della relativa fiducia che ne consegue, è derivata in larga parte da un riavvicinamento del rendimento dei Titoli di Stato a dieci anni italiani con quelli degli altri Paesi europei.

E questa è la nota positiva. Ma l’analisi l’Aibe va più a fondo e spiega che dall’incrocio degli indicatori strutturali dei Paesi considerati, emerge in maniera più chiara la parabola della credibilità finanziaria italiana, migliorata agli occhi degli investitori per il convergere di due fattori: da un lato, il peggioramento delle condizioni di sviluppo di alcune delle maggiori economie europee, dall’altro, il ritorno dell’Italia, dopo la crisi pandemica, a un certo rigorismo fiscale in grado di mantenere i conti pubblici all’interno dei margini che si sono delineati dopo la crisi del debito. “La percezione del miglioramento della situazione italiana è l’effetto del peggioramento del quadro internazionale congiunto a una certa capacità reattiva del Paese”, sintetizza l’Aibe.