di
Viviana Mazza

Oggi il vertice nello Studio Ovale con il sindaco eletto di New York

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE 
NEW YORK – Zohran Mamdani arriva alla conferenza stampa con passo veloce, seguito da uno stuolo di fotografi e agenti di sicurezza, con il tipico sorriso stampato sul volto. Oltre a quel sorriso, ha qualche altro asso nella manica per il suo incontro di oggi con Donald Trump, nello Studio Ovale? E se si presenta una situazione di scontro, in stile Zelensky, come la gestirà? «Sarò pronto per qualunque cosa succeda», risponde il prossimo sindaco di New York davanti a City Hall, dove si insedierà a gennaio.

È il primo incontro tra Trump e Mamdani. Ed è attesissimo. L’ha chiesto Mamdani, consapevole dell’importanza dei miliardi di fondi federali per realizzare le sue promesse di ridurre il costo della vita. Trump ha minacciato di tagliare i fondi, anche se non può farlo facilmente, se già autorizzati dal Congresso; poi ha detto che vuole «aiutare» New York. Il nuovo sindaco vuole dimostrare che non sarà lui a chiudere la porta. 



















































La portavoce di Mamdani dice che è «una consuetudine» per un sindaco appena eletto incontrare il presidente, ma in realtà i suoi predecessori Bill De Blasio e Eric Adams non hanno avuto simili incontri d’alto profilo appena eletti. 

Nonostante le parole di sfida rivolte a Trump la notte della vittoria, Mamdani non punta allo scontro sull’immigrazione, ma a «condividere» col presidente i «dati sulla crisi del carovita nella città, a parlare di sicurezza pubblica e sicurezza economica… Voglio spiegare quello che i newyorchesi stanno affrontando». 

Vuole ricordargli anche che «uno su dieci elettori newyorchesi di Trump ha votato per me». «So che per decine di migliaia di cittadini questo è un incontro tra due candidati molto diversi per i quali hanno votato per le stesse ragioni», ha detto il politico socialista democratico. «Volevano leader che portassero risultati per risolvere la crisi del carovita». E l’enfasi è sulla parola risultati. 

Anche Trump è un newyorchese, e ritiene di conoscere bene New York. Ha descritto Mamdani, figlio di una nota regista indiana e di un accademico della Columbia University, come un «comunista», uno «che non ha mai lavorato un giorno della sua vita». Mamdani rappresentava il Queens all’assemblea statale. Nel Queens nacque anche, nel 1905, il padre del presidente, Fred Trump che, venendo da una famiglia di immigrati tedeschi working class costruì dal nulla un impero immobiliare, mandando il figlio in scuole private e lasciandogli centinaia di milioni di dollari. 

Il Queens che ha formato Donald non era il melting pot che è oggi: negli anni ’60 e ’70 era segnato da segregazione razziale e risentimento, sentimenti che ha incanalato nelle sue campagne elettorali dove città come New York sono spesso descritte come afflitte dal crimine e dalla violenza. 

L’incontro in diretta tv tra questi due leader, entrambi abili comunicatori, diventerà oggetto immediato di «meme» e di video virali online. I giornalisti di destra alla Casa Bianca preparano già domande affilate, mentre tanti elettori di Mamdani vogliono che il loro sindaco 34enne musulmano tenga testa a Trump. 

Non mancheranno domande sul rafforzamento imminente (annunciato dal ministro di Trump Tom Homan) degli agenti federali anti-immigrazione a New York (riguardo al quale il prossimo sindaco ha già detto in un’intervista che negherà la collaborazione della polizia). Ma un numero crescente di sostenitori dell’uno o dell’altro esige risultati. Non è un caso che sia Trump che Mamdani dicano d’essere pronti «a parlare con chiunque» nell’interesse degli americani. 

I sondaggi lo mostrano in difficoltà sul carovita. Mamdani lo ha accusato in passato di non aver mantenuto le promesse sull’economia: ora un numero crescente di repubblicani (il 46%) secondo la tv di destra Fox gli dà la colpa per l’aumento dei prezzi del cibo, dell’assistenza sanitaria, degli affitti. Ma anche Mamdani deve mantenere le promesse. È indicativo che l’altro ieri si sia schierato contro un candidato socialista democratico che vuole sfidare nelle primarie il leader alla Camera Hakeem Jeffries: «Volete ottenere risultati o perdere tempo in una sfida elettorale che punta su una “caricatura” del movimento?».

20 novembre 2025