Indebolita da corruzione e mancati arruolamenti l’Ucraina teme una svolta nella guerra. Ora la gente comune con le sue sofferenze non va lasciata sola
Negli ultimi giorni stiamo assistendo ad una svolta, forse decisiva, nella guerra in Ucraina cominciata con l’invasione di questo Paese da parte dell’esercito della Federazione Russa, in barba a tutte le regole del diritto internazionale.
Certo, in Ucraina, soprattutto in certe regioni, c’erano gruppi che volevano dipendere dalla Russia piuttosto che dall’Occidente. Ma immaginatevi se l’Austria, su richiesta di alcuni gruppi di Schützen del Sud Tirolo, attraversasse il Brennero con le sue temibili truppe d’assalto accompagnate dalla musica di Franz Lehár.
Magari poi potrebbe avere l’aiuto della Germania ricordando che nel vecchio inno tedesco, per la verità precedente all’avvento del Terzo Reich, si diceva che i confini naturali della Germania arrivassero fino all’Adige: “von der Maas bis an die Memel,/ von der Etsch (Adige) bin an den Belt,/ Deutschland, Deutschland über alles,/ über alles in der Welt”. Traducendo in russo e sostituendo l’Adige con il Danubio, tenendo conto del finale (sopra tutti i popoli del mondo) forse sarebbe anche l’ora di preoccuparsi.
D’altra parte, ora (perché solo ora?) si scopre che l’Ucraina ha anche nemici interni. Il cancelliere tedesco Merz ha detto di recente che troppi giovani ucraini si trovano in Germania piuttosto che sul fronte, dove mancano i soldati; anche perché ne continuano a morire in troppi.
In effetti a rigor di logica lo status di rifugiato non potrebbe essere concesso a chi giuridicamente risultasse un renitente alla leva. Del resto, proprio su queste pagine molti mesi fa avevo segnalato il fatto che corrompendo gli arruolatori molti giovani ucraini erano riusciti ad uscire dal Paese senza più rientrare, prefigurando l’imbarazzo del nostro governo se quello di Kiev avesse preteso, con un mandato di estradizione internazionale, il rimpatrio forzato dei renitenti alla leva.
Ora poi si scopre, (come mai proprio ora?) che pare esistano alcuni oligarchi ucraini che si stanno arricchendo illegalmente grazie alla guerra. Quanto fossero e siano amici di Zelensky è difficile da sapere. Tuttavia un presidente dell’Ucraina non può governare senza il loro consenso. È una questione che fa parte di questo sistema post-sovietico, che però è figlio naturale di quello sovietico.
Quando finì l’URSS, ossia dopo le dimissioni di Gorbaciov il 25 dicembre 1991 e lo scioglimento sancito dal Soviet Supremo il giorno successivo, quasi subito, anzi, subito, una delle prime leggi fatte sia nella nuova CSI che in Ucraina fu quella delle privatizzazioni. Lo Stato non aveva più i soldi per mantenere ciò che era dello Stato: case, fabbriche, strutture varie, e doveva cederle, a volte quasi regalarle, a qualcuno che potesse acquistarle.
Il residente ucraino Volodymyr Zelensky con l’inviato di Trump Keith Kellogg (Ansa)
Ma se gli stipendi in URSS erano tutti, se non uguali, simili, chi poteva avere il denaro per acquistare un grande stabilimento o dei pozzi petroliferi? Qualcuno questi soldi, chissà come, li ha trovati, e così su queste nuove proprietà, anche gigantesche, ha costruito il suo potere.
La cosa non suscitò grande scandalo, sia perché nel sistema precedente, il capitalismo di Stato, i funzionari sul loro ruolo avevano costruito il loro potere, sia perché così le fabbriche poterono continuare a funzionare e con loro anche i sistemi di comunicazione e i servizi. È interessante anche notare che questi “nuovi ricchi”, giustamente a questo punto chiamati oligarchi, spesso non hanno nascosto le loro ricchezze, al contrario le hanno ostentate, quasi per legittimare il loro potere.
Non ho mai provato, lo confesso, ad usare un bidet d’oro; credo che l’effetto non sia molto diverso da quello che può provocare un bidet di ceramica. Ma il fatto stesso di avere un bidet, per giunta d’oro, era, nella mente del suo possessore un modo per dire alla gente: “Vedete come sono importante!”.
Ora la situazione è imbarazzante, e non solo per Zelensky. C’è chi pensa che il caso sia stato fatto esplodere proprio quando una sua sostituzione renderebbe più facile le trattative con Putin. C’è anche chi pensa che lo scandalo non potrebbe non coinvolgere quelli che i fondi li hanno dati ai corrotti.
Una cosa è certa: non si possono abbandonare quei milioni di ucraini che stanno pagando un prezzo enorme per difendere il loro Paese. Non posso dimenticare le madri, le figlie e i figli che ho ospitato per quasi due anni in parrocchia, circondate dall’affetto mio e di molti amici: pur avendo la possibilità di restare al sicuro in Italia, l’anno scorso hanno deciso di tornare in Ucraina per stare vicino ai loro uomini.
Quando l’estate scorsa con un amico sono andato in Ucraina a trovare quelle famiglie, ho avuto ancora la testimonianza di chi crede nella famiglia come luogo di amore e quindi anche di resistenza al male. E i dolciumi che poi ho continuato a mandare, a gente a cui comunque non manca il cibo, sono un piccolo segno che non li dimentichiamo.
PS: ho avuto una certa esperienza delle prigioni dei Paesi dell’ex Unione Sovietica, naturalmente non come carcerato ma come visitatore. Credo che se qualche oligarca ci dovesse andare dovrebbe sapere che lì non ci sono i bidet, neanche di tolla, e che le docce, di solito fredde, funzionano di rado.
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