La camera di consiglio, di Fiorella Infascelli
Dieci anni dopo Era d’estate, la regista torna con un film rigoroso sul maxiprocesso e dal piglio didattico, che però fa più fede al discorso teatrale che a quello cinematografico
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Nel grigio autunno del 1987 il carcere dell’Ucciardone a Palermo viene ripensato architettonicamente come un imponente aula bunker per l’atto finale del maxiprocesso a Cosa Nostra. L’11 novembre otto giurati – i due giudici togati Alfonso Giordano e Pietro Grasso e sei membri della giuria popolare – danno inizio al loro isolamento nella buia camera di consiglio che decreterà condanne o assoluzioni dei 470 imputati. Tra migliaia di cartelle e atti giudiziari alla corte il compito di scegliere le sorti del “più grande processo penale mai fatto al mondo”.
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La camera di consiglio di Fiorella Infascelli ragiona anzitutto sullo spazio della clausura, soffocante come le condanne da emettere, in questa struttura dalla forma ottagonale e lo stile brutalista a prova di attacchi missilistici. Qui gli otto giurati lavorano mattina e sera, scandagliano fascicoli per scovare una risposta perché in “un processo ci sono solo colpevoli e innocenti”.
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Lo spiega il presidente Giordano (Sergio Rubini davvero nella parte) che è cauto e attendista, raffinato e colto mentre beve liquore Armagnac e cita Goethe. Quanto più diverso dal giudice Grasso di Massimo Popolizio che invece è rigoroso e viscerale nei giudizi. I due si scontrano osservandosi l’uno negli occhi dell’altro: Giordano cerca le prove tra gli atti, Grasso spinge per la miglior pena possibile, ma entrambi sanno di giocare per la stessa squadra della giustizia.
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Allora ecco che dieci anni dopo Era d’estate, Fiorella Infascelli con La camera di consiglio torna a maneggiare un film rigoroso come il maxiprocesso che racconta: l’aula bunker diventa presto un confessionale di desideri e speranze, l’intermezzo dal mondo là fuori dove i giurati (ri)scoprono la paura, per sé stessi e i loro cari. E forse è proprio questo piglio “didattico” la grande pecca di un film che fa più fede alle parole che alle immagini, al discorso teatrale (anche la recitazione pulita e inflessibile ne è la prova) che a quello cinematografico.
Peccato, perché il bunker nell’Ucciardone, costruito proprio per quei 36 giorni, di potenziale filmico ne aveva da vendere, e invece La camera di consiglio di Infascelli sembra fermarsi alla sua (sacrosanta) lettura di un’epocale pagina di storia italiana.
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Regia: Fiorella Infascelli
Interpreti: Sergio Rubini, Massimo Popolizio, Roberta Rigano, Betti Pedrazzi, Claudio Bigagli, Stefania Blandeburgo, Anna Della Rosa, Rosario Lisma
Distribuzone: Notorious Pictures
Durata: 107′
Origine: Italia, 2025
La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
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