L’ex portiere e le sue follie: “A Messina stesi Mutti, il padre di Zaniolo e due membri dello staff. Gasperini non voleva che insultassi i tifosi, Mazzarri era scarso. Non avevo un procuratore e trattavo io, con Moggi avrei fatto 20 anni di Serie A”

Lorenzo Cascini

21 novembre – 06:30 – MILANO

Per farsi un’idea del personaggio basta guardare la foto profilo di Whatsapp. C’è lui, con la maglia da portiere della Reggina, che prende per il collo il malcapitato Luca Toni, al tempo attaccante del Palermo. Salvatore Soviero — per tutti Sasà — si può raccontare così e in altri cento modi. La sostanza, però, resta sempre la stessa. “Sono una persona vera. Non ho mai avuto problemi a dire le cose in faccia alle persone”. Alla sua maniera, diciamo. Senza mai peli sulla lingua: Soviero è stato un attaccabrighe da competizione, specializzato in risse, insulti da bollino rosso e gesti non proprio dolci rivolti a giocatori e tifosi avversari. “Se mi partivano i cinque minuti non ce n’era per nessuno, ero fatto così, non mi pento di nulla. Sono finito ai margini del pallone solo per colpa mia, non sono mai sceso a compromessi”. In carriera è stato un buon portiere, ha giocato in B con Genoa, Salernitana, Venezia e Crotone e in Serie A con la Reggina. “Tanti mi conoscono più per il gesto fatto a Del Piero che per le mie parate, e questo mi dispiace”.

Soviero, partiamo da qui. Lei in un Reggina-Juventus si toccò l’orecchio insultando Del Piero. Ne avete mai parlato? In molti le diedero dell’omofobo… 

“In questi anni ho letto davvero tante cazzate. So che Alessandro l’ha presa sul ridere. Oggi verrei arrestato in campo, anche per questo ho smesso. C’è un perbenismo esagerato, non si può più dire nulla. Pensi che una volta venne il questore in spogliatoio a parlarmi dopo un’espulsione…”. 

“Era il mio ultimo anno di carriera, venni espulso dopo aver insultato l’arbitro e i tifosi avversari. In spogliatoio mi trovai un questore che voleva chiedermi i documenti. Gli dissi che non ne aveva il diritto e andai a farmi la doccia”.

Dalla rissa con l’allenatore del Giulianova agli insulti al guardalinee in quel Brescia-Genoa del 1999, sono tante le scene da Far West che l’hanno vista protagonista. A Brescia furono trenta secondi di parole indecifrabili… 

“Erano insulti pesanti, ma in campo si dice un po’ di tutto. Il guardalinee l’ho rivisto la settimana dopo e mi ha detto che sua mamma mi salutava. La presi a ridere. Ho avuto la sfortuna di avere una telecamera dietro di me che ha ripreso la scena. Con il Giulianova, invece, il solito blackout… mi si chiudeva proprio la vena”. 

Spaccò anche la porta dell’arbitro, prima di entrare nel suo spogliatoio. 

“Non solo! Gli tirai tutti i vestiti in mezzo alla strada, pioveva pure. Sfondai la porta con un calcio e mi vendicai. Mi aveva espulso per un retropassaggio all’indietro”. 

La più famosa, però, resta quella con il Messina. 

“Una partita assurda. Io venni espulso e dalla panchina avversaria iniziarono a dirmi che sarebbero venuti a prendermi a casa. A me? Li ho mandati a quel paese e sono corso verso di loro. Mi urlavano: ‘Siete retrocessi, scemo esci dal campo’. Cercavo Coppola, ma menai un po’ tutti. Saltai addosso a Bortolo Mutti, poi tirai una ginocchiata al padre di Zaniolo e stesi con due pugni un paio di membri dello staff. Partì pure una testata. Ero fuori di me”.

“Sì, andai dallo staff del Messina a chiedere scusa. Gli dissi che avevo perso la ragione e mi dispiaceva”. 

Passiamo agli allenatori. Ha litigato con molti di loro: Gasperini? 

“L’ho avuto a Crotone, si incazzava se insultavo i tifosi avversari. ‘Mi carica mister’, gli dicevo. Non gli importava. Per lui sporcava l’immagine del club. Trovo sia un buon allenatore, che da sempre ha problemi con i giocatori di personalità. È carattere. Lui è un po’ una prima donna…”.

“Scarso come calciatore e come allenatore. Pensi che la sera venivano tutti a controllare se fossi in camera, cercando un pretesto per mandarmi via. Mazzarri ha sempre provato a mettermi contro il presidente Foti e i miei compagni”. 

“Certo. Una volta mi chiamò in una stanza perché gli servivo e dovevo giocare. Io gli dissi che non lo rispettavo ma mi sarei messo comunque a disposizione”.

Con Zeman, invece, il feeling è stato ottimo. 

“Altroché! È un vero maestro del calcio. Ha raccolto molto meno di quello che ha seminato”.

E Soviero ha raccolto meno? 

“Credo di sì. Però sa, io sono sempre stato vero, senza scendere a compromessi. Non ho mai avuto problemi a dire le cose in faccia alle persone. Certo, senza procuratore è più difficile fare carriera. Ho visto tanti colleghi girare Serie A e B per anni, sempre con gli stessi allenatori e dirigenti. Si fidi, non è un caso”. 

Lei è arrivato in Serie A a 31 anni. Con un procuratore ci sarebbe arrivato prima? 

“Se fossi stato nella scuderia di Moggi avrei fatto vent’anni di Serie A. Ma ho sempre preferito legarmi alle persone più che a chi prometteva soldi e successo. Facevo le trattative da solo, non mi fidavo facilmente”.

Si sente tagliato fuori dal sistema calcio? 

“Sa, dopo due squalifiche, le risse, la nomea e tutto il resto… è stata un po’ una normale conseguenza. Sono finito ai margini solo per colpa mia”.

“No. Vedo troppe cose che mi fanno schifo. È tutto un giro di amicizie, non fa per me”.

Oggi ha un allevamento di cavalli. È felice? 

“Sì, facciamo anche gare e concorsi in Italia e in Europa. Ho una nuova vita e va bene così”.