di
Domenico Pecile
Omicidio Gemona, il corpo del 35enne nascosto in un bidone coperto di calce
Stamattina la svolta. «Sono stata io e so che ciò ho fatto è mostruoso» ha ammesso Lorena Venier, la madre di Alessandro Venier, di fronte al magistrato che la stava interrogando. Il cadavere dell’uomo, ucciso e fatto a pezzi con un’ascia, è stato trovato in un vecchio bidone sistemato nella cantina della casa in cui la vittima viveva con la compagna, la madre e la figlia nata da pochi mesi. Il corpo era stato anche ricoperto con della calce viva per nasconderne l’odore. Probabilmente la mattanza è avvenuta venerdì, ultimo giorno in cui l’uomo è stato visto in giro.
«La mia assistita ha reso piena confessione di fronte al sostituto procuratore che l’ha interrogata – ha confermato all’Ansa l’avvocato Giovanni De Nardo, che patrocina la sua difesa – Come si può immaginare, era visibilmente scossa per la crudeltà della sua azione e per la contrarietà a qualsiasi regola naturale del suo gesto».
Il cadavere in un bidone a Gemona
A indicare il bidone agli inquirenti erano state due donne, la madre e la compagna della vittima — Alessandro Venier, 35 anni. Sono state infatti Lorena Venier, 62 anni, e Marylin Castro Monsalvo, 31enne colombiana che di recente avrebbe sofferto di depressione post partum, a chiamare il numero unico per l’emergenza. Poco dopo i carabinieri sono giunti nella casa dell’orrore, a Gemona del Friuli, in una viuzza dove tutti conoscono tutti e dove i residenti sono annichiliti dall’incredulità.
E nelle pieghe di questa tragedia, i militari si sono dovuti occupare anche della figlia della coppia, nata lo scorso gennaio e già data in affido a una struttura protetta. Non un segno premonitore, nessuna lite familiare, nessun precedente tale da immaginare un piano tanto diabolico quanto inspiegabile, assicurano i vicini di casa. Gli inquirenti tacciono. Si attende l’esito dell’interrogatorio da parte del magistrato udinese di turno, Giorgio Milillo, che si terrà con tutta probabilità stamattina nel carcere di Trieste, dove le due donne sono state condotte in tarda mattinata.
Chi era Alessandro Venier
Da dove partire per dipanare una matassa così intricata? Il sostituto procuratore della Repubblica di Udine, Claudia Danelon, si limita a un «c’è da ricostruire quasi tutto, stabilire le singole responsabilità, e c’è da individuare un movente su cui allo stato attuale non abbiamo ancora nessunissima idea». E in mancanza di un movente, le prime indagini sono volte a scandagliare la vita dei tre protagonisti in una caccia a una pista, a un dettaglio, da cui partire per riannodare questo film. La madre è una nota infermiera della zona, apprezzata caposala nel nosocomio della cittadina.
Suo figlio lo aveva avuto da un uomo di origini egiziane che non aveva voluto riconoscerlo. All’epoca la donna viveva a Padova, poi si era trasferita a Gemona dove aveva cominciato da zero la carriera. «Una donna affabile, con la quale avevamo rapporti di buon vicinato — dichiara Alberto Guillan, un militare che vive con la sua famiglia nella villetta di fronte —. A volte ci portava le uova. Non abbiamo mai sentito litigi, per questo è tutto inspiegabile».
I precedenti con la giustizia
Già, come immaginare che una donna così si possa essere trasformata nel macellaio di suo figlio? Il militare rivela tuttavia che alle volte in quella casa di fronte di proprietà della donna e che ospitava la famiglia del figlio, transitavano i carabinieri. Ed è il comandante della stazione di Gemona a confermare che l’uomo aveva qualche piccolo precedente.
La vittima non aveva un lavoro stabile, ma delle occupazioni saltuarie. Amava il fitness e il trekking, però sembra avesse dei problemi di alcol e droga. Pare inoltre fosse intenzionato ad andare in Colombia. Del resto, in Sudamerica c’era già stato e forse là aveva conosciuto la compagna, un’operatrice socio-sanitaria al momento disoccupata.
La lite degenerata
Tra le prime ipotesi spunta quella secondo cui a innescare la tragedia sia stata una lite scoppiata venerdì sera dopo il rifiuto del 35enne di apparecchiare la tavola. Un gesto apparentemente insignificante, ma che avrebbe rappresentato il culmine di un’esasperazione delle due donne, alimentata da tempo dall’ignavia e dalla vita inconcludente dell’uomo. Di certo, tra quelle mura qualcosa di profondamente patologico covava da tempo.
Vai a tutte le notizie di Venezia Mestre
Iscriviti alla newsletter del Corriere del Veneto
1 agosto 2025 ( modifica il 1 agosto 2025 | 17:52)
© RIPRODUZIONE RISERVATA