Nell’udienza ai partecipanti al Corso Internazionale promosso dal Tribunale della Rota Romana “A dieci anni dalla riforma del processo matrimoniale canonico”, Leone XIV invita a considerare nei procedimenti la dimensione giuridica, ecclesiologica e pastorale. Evidenzia che nella potestà giudiziaria “ogni fedele, ogni famiglia, ogni comunità ha bisogno di verità sulla “propria situazione ecclesiale” e ribadisce che “il matrimonio non è un ideale, ma il canone del vero amore tra l’uomo e la donna”
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
I processi di nullità matrimoniale non vanno considerati come “un campo meramente tecnico” che interessa “esclusivamente gli specialisti”, né mezzi che mirano “solo ad ottenere lo stato libero delle persone”. Coinvolgono invece la dimensione giuridica, quella ecclesiologica e quella pastorale, che sono interconnesse. Leone XIV lo sottolinea ai partecipanti al Corso Internazionale promosso dal Tribunale della Rota Romana, dal titolo: “A dieci anni dalla riforma del processo matrimoniale canonico” voluto da Papa Francesco e ricevuti in udienza oggi, 21 novembre, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico.
“Sacra potestà” e “servizio della verità”
Nel suo lungo discorso, il Papa invita a riflettere, anzitutto, su due presupposti ecclesiologici dei processi giudiziari ecclesiali: la “sacra potestà”, “partecipazione” a quella “di Cristo”, che vi viene esercitata “al servizio della verità”, come “via per conoscere e abbracciare la Verità ultima, che è Cristo stesso”, e “il mistero dell’alleanza coniugale”.
Nella potestà giudiziaria opera un aspetto fondamentale del servizio pastorale: la diaconia della verità. Ogni fedele, ogni famiglia, ogni comunità ha bisogno di verità circa la propria situazione ecclesiale, in ordine a compiere bene il cammino di fede e di carità. In questa cornice si situa la verità sui diritti personali e comunitari: la verità giuridica dichiarata nei processi ecclesiastici è un aspetto della verità esistenziale nell’ambito della Chiesa.
Misericordia e giustizia
Ma è su Gesù Giudice “mite e misericordioso”, così come presentato dei due Motu proprio che hanno avviato la riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio – Mitis Iudex Dominus Iesus per il Codice di diritto canonico, e Mitis et Misericors Iesus per il Codice dei canoni delle Chiese orientali – che Leone si sofferma. Se “nel giudizio di Dio sulla salvezza è sempre operante il suo perdono del peccatore pentito”, “il giudizio umano sulla nullità matrimoniale non dovrebbe essere, però, manipolato da una falsa misericordia”. Perché è da considerare “ingiusta qualsiasi attività contrastante con il servizio del processo alla verità”. Ma resta il fatto che “nell’esercizio retto della potestà giudiziaria dev’essere esercitata la vera misericordia”. Per spiegare meglio tutto ciò, il Papa cita Sant’Agostino, che nel De civitate Dei scrive: “Cos’è la misericordia se non una certa compassione del nostro cuore alla miseria altrui, mediante la quale, se ci è possibile, siamo spinti ad alleviarla? E questo movimento è utile alla ragione quando la misericordia si offre in modo da conservare la giustizia, tanto nell’aiutare al bisognoso quanto nel perdonare il pentito”.
In questa luce, il processo di nullità matrimoniale può essere visto come un contributo degli operatori del diritto per soddisfare il bisogno di giustizia che è così profondo nella coscienza dei fedeli, e realizzare così un’opera giusta mossa da vera misericordia. Lo scopo della riforma, tendente all’accessibilità e alla celerità nei processi, tuttavia mai a scapito della verità, appare così quale manifestazione di giustizia e di misericordia.
Il matrimonio canone del vero amore tra uomo e donna
Leone XIV rimarca, poi, che nel processo di nullità del matrimonio va sempre considerato il “presupposto teologico” del matrimonio, “in quanto fondato dal Creatore”, e ribadisce che tale sacramento è “il canone del vero amore tra l’uomo e la donna”.
Nel Giubileo delle famiglie ho ricordato che “il matrimonio non è un ideale, ma il canone del vero amore tra l’uomo e la donna: amore totale, fedele, fecondo”. Come ha sottolineato Papa Francesco, il matrimonio «è una realtà con una precisa consistenza», “è un dono di Dio ai coniugi”.
Nelle cause di nullità è, dunque, decisiva, per il Papa, “la consapevolezza di operare al servizio della verità di una concreta unione”, valutando dinanzi a Dio se vi è “presente il mistero dell’una caro” cioè l’essere una sola carne, “che sussiste per sempre nella vita terrena dei coniugi, nonostante qualsiasi fallimento relazionale”.
Il processo giudiziario strumento di giustizia
Il servizio alla verità più volte è stato richiamato dai Pontefici, evidenzia Leone, ricordando che Benedetto XVI, nel discorso alla Rota Romana del 28 gennaio 2006 definisce il processo canonico di nullità del matrimonio “essenzialmente uno strumento per accertare la verità sul vincolo coniugale”, il cui “scopo costitutivo” perciò è quello di “rendere un servizio alla verità”, mentre Papa Francesco nel proemio del Mitis Iudex, “precisando il senso della riforma”, specifica di aver voluto seguire “le orme” dei suoi predecessori “i quali hanno voluto che le cause di nullità del matrimonio vengano trattate per via giudiziale, e non amministrativa” per “tutelare in massimo grado la verità del sacro vincolo”.
Occorre valorizzare l’istituzione del processo giudiziario, vedendola non come un farraginoso accumulo di requisiti procedurali, bensì come uno strumento di giustizia. In effetti, impostare una causa assicurando che le parti, compreso il difensore del vincolo, possano addurre le prove e le argomentazioni a sostegno della propria posizione, e possano conoscere e valutare gli stessi elementi apportati dall’altra parte, in un dibattimento condotto e concluso da un giudice imparziale, costituisce un grande bene per tutti gli interessati e per la stessa Chiesa.
Ricerca della verità e salus animorum
Bisogna, “favorire la riconciliazione tra i coniugi, anche ricorrendo, quando è possibile, alla convalidazione del matrimonio”, indica, poi, il Papa, riconoscendo che ci sono però “casi in cui è necessario ricorrere al processo, perché la materia non è disponibile per le parti”, e questo quando nella dichiarazione della nullità matrimoniale “è coinvolto un bene ecclesiale pubblico”, “espressione del servizio della potestà dei pastori alla verità del vincolo coniugale indissolubile, fondamento della famiglia che è Chiesa domestica”. Insomma occorre tenere presenti “la ricerca della verità” e la “salus animarum”, che è comunque la “suprema legge e finalità dei processi matrimoniali nella Chiesa”,
La deontologia forense, incentrata sulla verità di ciò che è giusto, deve ispirare tutti gli operatori del diritto, ciascuno nel proprio ruolo, a partecipare in quell’opera di giustizia e di vera pace alla quale è finalizzato il processo.
Attività giudiziaria della Chiesa e pastorale familiare
Infine Leone riconosce che nella pastorale familiare viene affrontata ultimamente anche l’“attività giudiziaria della Chiesa in ambito matrimoniale” e raccomanda che non venga ignorato e sottovalutato “il lavoro dei tribunali ecclesiastici”, i quali, a loro volta “non devono dimenticare che il loro specifico contributo di giustizia è un tassello nell’opera di promozione del bene delle famiglie, con particolare riferimento a quelle in difficoltà”. Si tratta di un’opera che “è di tutti nella Chiesa”: dei pastori, dei fedeli e degli operatori del diritto. Proprio “la sinergia tra l’attenzione pastorale alle situazioni critiche e l’ambito giudiziario” ha portato all’“attuazione dell’indagine pregiudiziale”, anche per “appurare la sussistenza di ragioni per avviare una causa di nullità”, conclude il Papa, che nel servizio degli “operatori della giustizia nella Chiesa”, da lui “condiviso alcuni anni fa” vede emergere una “grande trascendenza ecclesiologica, giuridica e pastorale”.