di
Vera Martinella
Il sondaggio presentato al convegno dell’Associazione Italiana Radioterapia Oncologica: esperienza positiva e buono il supporto ricevuto dagli specialisti
Sono oltre 390mila gli italiani che ogni anno ricevono una diagnosi di tumore e a quasi il 70% verrà prescritta, a un certo punto, la radioterapia: come prima scelta con l’obiettivo di guarire; come trattamento aggiuntivo per limitare il rischio di una recidiva o con altri scopi, ad esempio per contrastare il dolore causato dalle metastasi ossee. E se per molto tempo questa strategia è stata temuta, poco conosciuta e persino oggetto di molti «falsi miti», oggi le cose sono nettamente cambiate: più di nove pazienti su dieci hanno alta fiducia nella radioterapia e considerano efficace la gestione degli effetti collaterali. A promuovere questa cura e a giudicarla efficace, precisa e umanamente sostenibile sono i pazienti stessi, interpellati da AstraRicerche per un’indagine presentata oggi a Rimini in apertura del congresso nazionale dell’Associazione Italiana Radioterapia e Oncologia clinica (Airo).
Gli esiti del sondaggio: un’esperienza positiva
La ricerca è stata realizzata a inizio ottobre 2025 intervistando circa 300 pazienti oncologici sottoposti a radioterapia tra il 2012 e il 2022: «Ne emerge un’esperienza in gran parte positiva, caratterizzata da un forte senso di supporto, una qualità relazionale elevata e la priorità alla persona – commenta Marco Krengli, presidente Airo e direttore della Radioterapia all’Istituto Oncologico Veneto IRCCS di Padova -. La ricerca ci mostra una radioterapia che i pazienti percepiscono come una cura affidabile, ma oggi la vera sfida è accompagnare il paziente oltre la fase tecnica del trattamento, costruendo percorsi di sostegno psicologico, informativo e relazionale più strutturati».
Il 76% dei pazienti si è sentito, infatti, o ben supportato dall’équipe e il 66% ha giudicato chiare e complete le informazioni ricevute. E se a sei mesi dal trattamento, il 71% non riferisce effetti collaterali, resta forte la componente emotiva: quasi un intervistato su due (48%) indica come principale difficoltà la preoccupazione per la malattia, seguita da sintomi infiammatori o bruciore (51%) e dalla necessità di visite frequenti (47%). La fiducia nella tecnologia è alta (92%), così come la valutazione della gestione dei disturbi, ritenuta efficace o adeguata dal 93%. Tra gli aspetti positivi più citati spiccano l’empatia del personale (66%) e il ruolo dei medici nello spiegare e accogliere (64%).
Radiazioni mirate e personalizzate
«Prima o dopo l’intervento chirurgico oppure da sola, con scopi e molti macchinari differenti, la radioterapia viene utilizzata cercando sempre di ottenere il massimo effetto curativo e ridurre l’impatto su organi e tessuti sani – dice Stefano Pergolizzi, direttore della Radioterapia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria «G. Martino» di Messina e presidente eletto Airo -. Grazie ai progressi fatti negli ultimi anni la radioterapia è diventata sempre più precisa e meno invasiva, efficace (anche per guarire) persino in molti pazienti fragili, over 70 e over 80, che non sono operabili o faticano a sostenere gli effetti collaterali dei farmaci». Le radiazioni sono in grado di guarire, da sole o in combinazione con le altre terapie, un malato di tumore. Oppure allungargli la vita. O ancora migliorargliela, per esempio tenendo a bada il dolore per le metastasi ossee. Non sono più «tossiche» come una volta, ma sempre più precise, mirate sul bersaglio da colpire, risparmiando i tessuti sani. E, proprio come tanti farmaci innovativi, possono venire personalizzate sul singolo paziente, grazie a tecniche e macchinari che col tempo si sono evoluti: si possono avere dosi più elevate con meno sedute.
La tecnica più efficace? Non ne esiste solo una
A confermare i passi avanti compiuti sul fronte radioterapia sono anche i dati del sondaggio relativi alla ripresa dei pazienti: l’impatto delle sedute è lieve per il 53% degli intervistati (moderato per il 30% e severo solo per il 10%) e il 39% torna rapidamente alla vita quotidiana, mentre per il 47% serve un medio/lungo periodo.
La tecnica più efficace? Non ne esiste solo una: tridimensionale, a intensità modulata (IMRT), volumetrica, stereotassica, brachiterapia, cyberknife e gammaknife, adroterapia e altro ancora. Sono molte le varianti e i tipi di macchinari esistenti per eseguire un trattamento radioterapico e non ha senso inseguire l’ultima novità, quella che credono la più moderna o hi-tech. Una ricerca fuorviante, perché «la tecnica che utilizza radiazioni per distruggere le cellule tumorali viene stabilita dal radio-oncologo che sceglie le dosi di radiazioni, il numero di sedute e la tecnica d’esecuzione più indicata al singolo paziente, prendendo in considerazione tutte le variabili del caso, a partire dal tipo di tumore, la sede corporea, lo stadio, l’età e lo stato di salute generale» aggiunge Pergolizzi.
Supporto psicologico per contenere l’ansia
Tra i più giovani, in particolare nella fascia 18–40 anni, emerge una maggiore sensibilità nel percepire gli effetti del trattamento in cui il 34% segnala qualche disturbo nel periodo successivo alle cure. Si tratta di una fascia d’età che, anche per la necessità di.
«I giovani pazienti devono conciliare la cura con studio, lavoro e relazioni e hanno un’attenzione più alta verso i cambiamenti fisici ed emotivi post-terapia – sottolinea Antonella Ciabattoni, segretario Airo – . Ci ricordano l’importanza di un supporto psicologico, di un monitoraggio personalizzato e di un accompagnamento continuo, anche nelle fasi successive al trattamento, per favorire il ritorno a una piena quotidianità».
Infine, l’aspetto più critico in assoluto durante la radioterapia è l’ansia legata allo stato di malato oncologico: la preoccupazione per l’essere malati è lo stato d’animo preponderante con cui la metà dei pazienti deve fare i conti durante le cure. «Anche quando la terapia funziona, il paziente vive un carico emotivo che non può essere trascurato – conclude Michele Fiore, consigliere Airo – . È lì che si gioca la vera qualità della cura: nel sapere offrire informazioni chiare, rassicurazione e continuità di ascolto. Per questo stiamo lavorando a percorsi di supporto psicologico e d’informazione più integrati nella pratica quotidiana, così da prevenire l’ansia, contenere l’impatto dei sintomi e accompagnare il paziente durante tutto il trattamento e nel follow-up».
21 novembre 2025
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