di
Stefano Montefiori
Il generale Mandon, parlando della minaccia russa, ha rimproverato la mancanza della «forza d’animo di essere pronti a sacrificarci per difendere ciò che siamo». Ma la portavoce del governo: «Parlava dei soldati. E i nostri figli non andranno a combattere e morire in Ucraina»
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI – I francesi devono essere pronti a «perdere i propri figli?» Nel momento in cui l’Europa è chiamata a dare una risposta al piano di pace americano sull’Ucraina, e il presidente Emmanuel Macron si coordina con gli alleati per continuare a fare fronte alla minaccia della Russia, la Francia è attraversata da una polemica che tocca l’animo della Nazione.
Il dibattito è partito a seguito delle parole pronunciate martedì dal capo di Stato maggiore degli eserciti, il generale Fabien Mandon, davanti al congresso dei sindaci di Francia. «Quel che ci manca è la forza d’animo di essere disposti a soffrire per proteggere ciò che siamo», ha detto il generale all’interno del suo lungo discorso. E ancora: «Se il nostro Paese vacilla perché non è pronto ad accettare di perdere i propri figli, diciamo le cose come stanno, o di soffrire economicamente perché le priorità andranno alla produzione di difesa, se non siamo pronti a questo, allora siamo a rischio».
Due frasi all’interno di una articolata disamina della crescente minaccia rappresentata dalla Russia, che «si prepara a un conflitto con i Paesi europei intorno al 2030 perché Mosca è convinta che i suoi nemici esistenziali siano la Nato e l’Unione europea».
Le parole del generale hanno provocato grande emozione, perché sono state considerate una escalation verbale dopo mesi di ammonimenti da parte di Macron e dei vari ministri sulla «guerra ibrida» già scatenata dalla Russia contro la Francia e altri Paesi europei. Dalla guerra ibrida stiamo passando alla guerra totale? Davvero i francesi devono entrare nell’ordine di idee di essere disposti a «perdere i propri figli» se non vogliono consegnarsi a Mosca?
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Molte reazioni, in gran parte negative. Jean-Luc Mélenchon, leader della France insoumise, sinistra radicale, ha subito espresso il suo «totale disaccordo». «Non spetta al generale invitare i sindaci o chiunque altro a prepararsi alla guerra senza che nessuno lo abbia deciso». Il leader del Partito comunista francese, Fabien Roussel, ha aggiunto: «I 51 mila monumenti ai caduti nei nostri comuni non sono sufficienti? Sì alla difesa nazionale, ma no ai discorsi bellicosi intollerabili». All’altro capo dello spettro politico, anche il vicepresidente del Rassemblement national, Sébastien Chenu, ha criticato il generale: «Il capo di Stato maggiore non ha alcuna legittimità per allarmare i francesi con dichiarazioni che non corrispondono in alcun modo alla linea ufficiale del Paese.
Le parole di Fabien Mandon sono state interpretate come una sorta di dichiarazione di guerra anticipata, come un’inaccettabile esortazione ai cittadini a prepararsi a prossimi inevitabili lutti famigliari. In realtà, inserite nel contesto più ampio di un lungo discorso, quelle frasi puntavano semmai proprio a scongiurare la guerra, e a riattivare quel principio di deterrenza che può rivelarsi utile a scoraggiare il nemico: mostrare di essere pronti a combattere, per evitare di essere attaccati.
In ogni caso, venerdì mattina, visto lo scalpore suscitato dal generale, la portavoce del governo Maud Bregeon ha cercato di reinserire le sue dichiarazioni nel contesto complessivo: «Il capo di Stato maggiore delle forze armate parlava dei soldati francesi che sono dispiegati in tutto il mondo e hanno un’età compresa tra i 18 e i 27 anni. Non si può ignorare che alcuni di questi soldati sono caduti in operazioni all’estero». Ma «bisogna essere molto chiari – ha concluso -: i nostri figli non andranno a combattere e morire in Ucraina».
21 novembre 2025 ( modifica il 21 novembre 2025 | 19:01)
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