di
Flavio Vanetti

Il presidente uscente della lega Basket di serie A: «L’arrivo della Nba in Europa? Non si commetta l’errore di cancellare i campionati nazionali»

Il 15 ottobre Umberto Gandini ha presieduto per l’ultima volta l’assemblea della Lega Basket di serie A: il testimone è ora nelle mani di Maurizio Gherardini, al rientro in Italia dopo 20 anni di esperienze e successi all’estero (Nba inclusa). Si chiude un ciclo avviato il 26 febbraio 2020, quando il mondo era alle soglie – e non ne immaginava la durata – della crisi legata al Covid 19: questo è dunque il bilancio del manager varesino, 65 anni, trascorsi da giocatore di hockey su ghiaccio, e della sua prima esperienza dirigenziale al di fuori del calcio.

Che cosa ha più a cuore del mandato?
«Il varo della Tv della Lega Basket: ho coinvolto i club e Deltatre in un investimento proiettato nel futuro. Più in generale sono contento della crescita: si va da semplici dettagli, come la creazione del trofeo dello scudetto, alla contaminazione con moda, cucina, social network. Sono cresciuti i ricavi della Lega e, di conseguenza, delle 16 associate».



















































Ventisette anni nel calcio: avrà usato qualcosa di quel mondo?
«L’esperienza politica e le relazioni internazionali. Il vissuto nella Lega Calcio mi ha poi permesso di capire certe dinamiche e di applicarle alla LBA: abbiamo avuto pochi conflitti e c’è stata quasi sempre unanimità. Prima non era così».

Perché allora non l’hanno confermata?
«Avrei voluto continuare, è chiaro. Non mi aspettavo la bocciatura e nemmeno i modi in cui è maturata. Però ci sta che dopo 5 anni alcuni club scelgano un altro presidente. Che cosa non rifarei? Eviterei di sottovalutare certi “spifferi” cominciati a febbraio».

Circola una critica: Gandini è stato poco vicino, fisicamente, ai club.
«Opinabile. Se non essere andato ovunque è una colpa, me ne faccio carico. Ma ho visitato molte realtà e visto tante partite. Poi, per me, la vicinanza si dimostra con il lavoro quotidiano: nel mio ci sono pure contatti a livello nazionale e internazionale e un posto nel board dell’Uleb, l’associazione delle leghe europee, che ho ottenuto e che lascio al successore».

Le malelingue dicono che lei è stato sotto l’ala di Gianni Petrucci, presidente della Federbasket.
«Premesso che ringrazio Petrucci per la collaborazione, proprio non capisco: le relazioni tra Lega e Fip esistevano già prima di me. Inoltre su tutti i temi, dalla formula del campionato agli ingaggi, nessun club ha dato contributi o detto che si doveva cambiare. Quindi non capisco da che cosa nasca quel giudizio. Ricordo infine che nei primi anni certe scintille con Petrucci sono finite sui giornali».

Il basket resta il secondo sport di squadra italiano, ma il volley vince titoli mondiali: un movimento si conta o si pesa?
«Forse si pesa, però sono due realtà difficili da paragonare: a fronte di dati simili, il basket di serie A lavora su 16 città e non su 12, poggia sul campionato ed è avanti come spettatori. Nel volley, invece, ormai 7 mesi su 12 sono dedicati alle Nazionali, che hanno avuto e stanno avendo grandissimi risultati: qui il basket è molto indietro e sappiamo che i successi azzurri danno una spinta enorme».

Si deve tornare a vincere almeno nelle coppe.
«Sì, perché certi interlocutori dicono che siamo diventati il sesto torneo d’Europa, quando invece, rispetto a chi viene messo davanti, abbiamo ricavi superiori e una competitività interna maggiore».

Sui diritti Tv si poteva fare di più?
«No. Il piano varato è completo e logico: Sky ritorna per la parte “pay”, garantendo qualità, e con Cielo ci dà il canale 26 del digitale terrestre, facilmente raggiungibile. Con LBATV, infine, si può vedere tutto ciò che si vuole».

C’è chi pensa: senza la Rai il basket non vivrà un nuovo boom.
“La Rai tempo fa ha deciso di dirottare su altri sport le risorse che metteva sul basket, salvo poi tornare a trasmettere la LegaDue. Più in generale ha fatto scelte orientate verso discipline vincenti e verso l’umore delle masse”.

Al di là dei social, come approcciare i giovani?
“Serve l’immedesimazione in alcuni personaggi: i vari Niang e Diouf, o i ragazzi della Under 20 campioni d’Europa, faranno aumentare il PIL del basket”.

Qualche idea le è rimasta in testa?
“La trasformazione della serie A, sul modello Nba delle franchigie, in un campionato più stabile, non fondato sul merito sportivo e privo di retrocessioni. Il piano, condiviso con la Fip, non ha trovato le gambe per camminare”.

Aumentano i costi: il basket li sosterrà?
“Il sistema dipende dalle proprietà: mecenati, consorzi, situazioni ibride. Il basket non può vivere, come il calcio, di diritti Tv: i ricavi deriveranno sempre dagli introiti commerciali, dalla gestione degli eventi, dalla biglietteria. Bisognerà lavorare bene su questi fronti, calcolando due problemi: per l’alto livello servono budget alla portata solo di pochi e non esiste il meccanismo delle plusvalenze, salvagente del pallone. Lasciatemi dire, infine, che ho trovato anacronistica la Fiba, ben più indietro rispetto a Fifa e Uefa”.

La Nba diventerà però partner della Fiba…
“Mi auguro che la Nba non faccia l’errore di cancellare i campionati nazionali Sono fiducioso, ho parlato con il commissioner Adam Silver e mi pare che il concetto sia chiaro”.

Il suo futuro sarà di nuovo nel calcio? O magari nel basket?
“Non lo so, ma conto di proseguire la carriera. Ho un’esperienza pluriennale nel calcio, fino a sei anni fa ero a.d. della Roma. In questo periodo non ho visto rivoluzioni nel mondo del pallone, mentre è probabile che ce ne siano in arrivo: l’avventura di LBATV potrebbe diventare utile. Non guardo solo al calcio, comunque: mi ritengo un dirigente che può valutare un progetto solido nello sport”.

22 novembre 2025 ( modifica il 22 novembre 2025 | 10:17)