di
Greta Privitera
Da sostenitrice delle teorie del complotto a critica in prima linea contro le scelte del presidente: la parabola della parlamentare ex fedelissima di The Donald
Marjorie Taylor Greene: «Ho troppo rispetto per me stessa e dignità, amo troppo la mia famiglia e non voglio che il mio distretto debba sopportare primarie dolorose e piene di odio contro di me da parte del Presidente, solo per poi combattere e vincere le mie elezioni mentre i repubblicani probabilmente perderanno quelle di medio termine».
Finisce così, con un post su Instagram (in sintonia con lo spirito del tempo), la parabola trumpiana ultra Maga della deputata repubblicana della Georgia, che venerdì ha annunciato le dimissioni dall’incarico. Ci ha messo qualche anno, Greene, a trasformarsi da megafono delle teorie del complotto, a politica più moderata e, soprattutto, ostile alle scelte di Donald Trump.
La sua svolta inaspettata è iniziata da qualche mese. Per capire perché questa sterzata sorprende è necessario raccontare chi è, o almeno chi è stata, Greene, andando a riprendere alcune dichiarazioni del passato. È il 2018. Due anni prima di essere eletta al congresso, la repubblicana dell’estrema destra mette like a un commento su Facebook di un utente che definisce la sparatoria di Parkland «finta» e mette in dubbio la dinamica del massacro di quella di Sandy Hook, in cui venti bambini e sei adulti di una scuola elementare sono stati uccisi. «È tutto vero», risponde Greene dando ragione al complottista. E aggiunge, sempre su Facebook, che la presidente della Camera Nancy Pelosi considera le sparatorie nelle scuole un comodo mezzo per promuovere leggi più severe sulle armi. Sull’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, dice che «qualsiasi democratico, qualsiasi persona dei media tradizionali e chiunque voglia continuare a farci vergognare per il 6 gennaio può andare all’inferno» ed esprimere scetticismo su quanto accaduto, promuovendo teorie QAnon sulle elezioni del 2020 vinte da Joe Biden. Non rinuncia a instillare odio nei confronti dei democratici e sostiene chi vuole «giustiziarli» (in prima fila Hillary Clinton e Barack Obama).
Nel 2020, Greene viene eletta al Congresso per lo Stato della Georgia. È il modello perfetto della deputata Maga – Make America Great Again -, nonché grande fan e alleata di Trump che appena può la sostiene e la elogia in pubblico. Si fa fotografare mentre stringe fucili, con il cappello da baseball rosso, simbolo della nuova destra americana. Sorride accanto al presidente. Incita le folle con frasi incendiarie vicine (vicinissime) al movimento dell’alt-right. È così estrema che viene più volte criticata pubblicamente per la sua retorica violenta alla Camera – anche da colleghi di partito – ed è espulsa dal Freedom Caucus per una faida con un repubblicano.
Ma cinque anni a Washington la cambiano. Negli ultimi mesi Greene disapprova una serie di decisioni del presidente. Come il sostegno militare degli Stati Uniti a Israele, e definisce la guerra a Gaza «un genocidio». Si oppone all’intervento Usa in Iran e alla vendita di armi all’Ucraina. Nelle interviste, spiega che il Trump è sempre in viaggio per cercare di risolvere questioni di politica estera e si dimentica degli americani. Dice che il presidente fa «gaslighting sui prezzi» che sono cresciuti, nonostante la propaganda del governo. Ma è il caso di Jeffrey Epstein, il finanziere accusato di sfruttato sessualmente di minorenni morto in carcere, che segna la frattura finale tra Greene e il leader americano. Come alcuni altri colleghi repubblicani, la deputata chiede che i documenti delle indagini siano resi pubblici e accusa l’amministrazione Trump di cercare di nasconderli. «Difendere le donne americane che sono state violentate a 14 anni, trafficate e sfruttate da uomini ricchi e potenti non dovrebbe comportare che io venga definita una traditrice e minacciata dal Presidente degli Stati Uniti, per il quale ho combattuto», afferma la politica. Trump risponde alla Trump: «Sei una traditrice», «Sei una Pazza». E sul suo social la prendere in giro per la scelta di lasciare il Congresso.
22 novembre 2025 ( modifica il 22 novembre 2025 | 10:20)
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