Mai con la pretesa di trovare una spiegazione logica a un evento increscioso e sintomo di una mancanza di compassione strisciante, bensì utilizzando il cinema come lente per non lasciare che ciò che di più terribile accade nella realtà resti impunito e, soprattutto, possa trovare almeno nei quattro lati di uno schermo la possibilità di vedere quel male e trasformarlo. Di non lasciare che tanto dolore resti vano, ma renderlo miccia per provare ad infuocare e fare luce su ciò che non dovrebbe mai più ripetersi.

L’asso nella manica del film: il cast

Alfieri e Stasi ragionano da conoscitori della materia cinematografica e la storia ne acquista positivamente. Ma c’è da parte del regista anche la consapevolezza che in quello script così tagliato, così preciso sull’inseguire i vari personaggi, nel ricostruirne un giorno che deve racchiudere in sé anche un po’ cosa rappresenta l’universo dei protagonisti, ha bisogno di non perdere di vista l’umanità che è stata poi ciò che ha condotto Willy Monteiro Duarte alla morte per aver aiutato un amico. Per non perderla, per attaccarsi a quel briciolo di umano che rimane quando ci si confronta con il dramma, Alfieri doveva trovare le persone giuste, gli attori appropriati. Ma doveva trovare anche dei volti che contribuissero a far risaltare le varie fette di vita della piccola comunità che si è ritrovata ad assistere all’evento, lavorando di street casting e integrando a non professionisti alcuni dei nomi giovani più validi del panorama cinematografico, in una commistione che naviga su quel confine tra realtà e ricostruzione, lo stesso che sospinge tutto 40 secondi.

Francesco Gheghi e Enrico Borello trascinano la ciurma mostrando in combinazione una sinergia elettrica e, soprattutto, che c’è da aspettarsi tanto dal loro futuro. Beatrice Puccilli, vista in Una figlia e Diva Futura, conquista un proprio spazio riservando una nota di schiettezza mista a dolcezza. Ma il lavoro di casting sui colpevoli della morte di Willy e il giovane stesso sono il vero cuore di 40 secondi. Pugili professionisti prestati al cinema, nella loro prima esperienza Giordano Giansanti e Luca Petrini sono l’espressione della forza e di come non dovrebbe mai essere usata; due volti in grado di raccontare una storia a sé e che si prestano ai ruoli con impegno e convinzione.

Justin De Vivo in 40 secondi