di
Edoardo De Biasi
Per l’introduzione della moneta unica i Paesi Ue si erano preparati a lungo. E le complessità non mancarono. Ora serve fare la stessa cosa per evitare difficoltà e brutte sorprese
L’educazione «è il nostro passaporto per il futuro, poiché il domani appartiene a coloro che oggi si preparano ad affrontarlo» ha detto Malcom X. Parafrasando si potrebbe dire lo stesso per l’educazione finanziaria. In un mondo in cui l’economia è diventata la cruna dell’ago attraverso cui passano quasi tutte le decisioni è giusto fare una riflessione. Nei prossimi anni gli italiani si troveranno di fronte all’euro digitale e l’esecutivo dovrà affrontare la questione affinché i cittadini non si trovino impreparati al cambiamento e possano evitare quello che è già avvenuto quasi trent’anni fa.
La lunga marcia di avvicinamento
Dal primo gennaio 1999, i paesi della Ue hanno adottato l’euro come moneta comune e la scomparsa dalla lira è avvenuta in maniera graduale. L’introduzione ha segnato una svolta nella storia economica europea. La svolta è stata però complicata, anche se codificata. Si sono create una serie di difficoltà che hanno messo in crisi sia le imprese che i cittadini italiani. Il Trattato di Maastricht aveva fissato un calendario suddiviso in tre fasi. La prima, dal 1993 al 1998, ha visto i Paesi membri impegnati a raggiungere gli obiettivi di convergenza economica. Questo includeva l’inflazione, i tassi di interesse, il deficit di bilancio e il debito pubblico. La seconda, dal 1999 al 2001 prevedeva l’utilizzo dell’euro come unità di conto Dal primo gennaio 2002 la moneta unica è entrata effettivamente in circolazione, affiancando le monete nazionali fino al 28 febbraio per permettere ai cittadini e alle imprese di abituarsi al nuovo corso monetario. Dal primo marzo le monete nazionali sono state poi definitivamente sostituite dall’euro.
Ovviamente per la generazione Z non c’è stato nessun problema. Lo stesso non si può dire per le fasce più anziane che sono arrivate impreparate al cambiamento. Specialmente per le persone meno acculturate è stato quasi uno choc, oltre al fatto che gli scarsi controlli hanno fatto lievitare il costo della vita.
Un nuovo impegno
Che cosa vuol dire tutto questo? Che gli Stati dovrebbero preparare il terreno per l’arrivo dell’euro digitale anche se il processo non sarà così radicale come la fine della lira. Il nuovo sistema di pagamento «dovrebbe essere pronto — ha detto la presidente Bce, Christine Lagarde — in un paio d’anni. Dobbiamo muoverci velocemente, non possiamo permetterci di perdere tempo». Finora Francoforte aveva segnalato il 2029 come data per il lancio ma l’arrivo delle stablecoin in euro sta obbligando l’Authority ad accelerare. Lagarde ha spiegato che il progetto non punta a rimpiazzare il contante, ma a offrire un’alternativa alle piattaforme digitali esistenti, come le carte di credito. L’euro digitale è un progetto per l’introduzione di una Cbdc (Central bank digital currency) come versione del contante. Emesso e garantito dall’Eurosistema, si aggiungerà alle banconote. Sarà un mezzo digitale di pagamento gratuito, anche senza connessione internet. Oggi il panorama è caratterizzato da una forte frammentazione, con soluzioni che variano a seconda dei paesi e delle modalità d’uso. Le attuali infrastrutture rispondono alle esigenze dei singoli mercati nazionali mentre per effettuare transazioni in tutta l’area euro i consumatori si affidano spesso a operatori esteri.
I vantaggi dell’autonomia
L’euro digitale dovrebbe quindi favorire una maggiore autonomia, riducendo la dipendenza da fornitori esterni. Oltre a essere di facile utilizzo, dovrebbe favorire l’inclusione finanziaria, garantendo l’accesso anche a chi non possiede un conto corrente. Ma come funzionerà? In pratica, anziché prelevare i soldi dal conto in banca e riceverli in contanti, l’importo verrà convertito in euro digitali. Per utilizzarlo, ciascun cittadino dovrà aprire un wallet (app di pagamento) tramite conto corrente. Una volta attivo, consentirà di effettuare compensi istantanei, sia nei negozi fisici che in quelli online senza commissioni aggiuntive. Come mai quest’accelerazione? L’improvviso scatto è legato all’ascesa delle stablecoin, considerate una minaccia per la stabilità finanziaria europea. La valuta tradizionale rappresenta il valore di quanto è stato prodotto o di quanto serve per pagare un lavoro o per l’acquisto di un bene. Il conto economico e finanziario del Paese ne determina il valore in base all’andamento del suo Pil. Il boom delle criptovalute sta minando questo principio. Le altre monete digitali private non rappresentano la consistenza o la debolezza dell’economia ma la fiducia che investitori istituzionali attribuiscono a questa e, a tutti gli effetti, sono una forma di investimento.
Il fattore stablecoin
A differenza delle stablecoin che sono private, l’euro digitale sarà pubblico. «Difenderà la libertà di scelta degli europei e proteggerà la sovranità monetaria — ha detto Lagarde —. Stimolerà l’innovazione nei pagamenti contribuendo a rendere le soluzioni europee più inclusive». Tutto semplice allora? No. Per definizione gli italiani arrivano impreparati a questi eventi. Servirebbe che il governo arasse il terreno e creasse i presupposti per il passaggio alla valuta digitale. Avere affidato alle Poste l’introduzione è un’idea intelligente. La società guidata da Matteo Del Fante, grazie alla rete capillare, è in grado di rispondere all’esigenza di avere una distribuzione il più possibile inclusiva che non lasci indietro i meno informatizzati. Ma non basta. Servirebbe spingere sull’educazione finanziaria, obbligando tutte le banche a fare dei corsi ai loro correntisti e risparmiatori, certificando il livello di apprendimento. Una forma di autoritarismo? No. L’istruzione è obbligatoria per tutti e lo stesso si può sancire per l’educazione finanziaria.
Nuova app L’Economia. News, approfondimenti e l’assistente virtuale al tuo servizio.
SCARICA L’ APP

Iscriviti alle newsletter de L’Economia. Analisi e commenti sui principali avvenimenti economici a cura delle firme del Corriere.
22 novembre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA
