Roma, 21 novembre 2025 – La storia di Pras Michel sembra uscita da un romanzo di Robert Ludlum o dalla penna di Tom Clancy. Ma, purtroppo per lui, è tutto vero, proprio come i 14 anni di detenzione che dovrà scontare. Il protagonista di una delle band più celebri degli anni ‘90, i Fugees è tornato sotto i riflettori per una faccenda piuttosto intricata. Non per un comeback musicale né per un box set celebrativo, ma per una sentenza di condanna arrivata al termine di un’indagine che lo ha trasformato nel protagonista di un’intricata vicenda di lobbying, finanza e politica internazionale.
Pras Michel: dai palchi ai giochi di potere a Washington
La condanna arriva dopo il verdetto del 2023, quando il rapper era stato riconosciuto colpevole di dieci capi d’accusa, fra cui l’essersi mosso come agente non registrato per un governo straniero. Al centro della storia c’è il denaro ricevuto dal finanziere malese Jho Low, figura già nota per lo scandalo 1MDB. Un flusso di circa 100 milioni di dollari che avrebbe alimentato tentativi di influenzare due amministrazioni presidenziali: quella di Barack Obama e, in seguito, quella di Donald Trump. Per i procuratori, Michel avrebbe “messo in vendita il proprio Paese”, parole usate per giustificare la richiesta iniziale di un ergastolo. Un paradosso giudicato eccessivo dalla difesa, che aveva chiesto tre anni e ora punta a un nuovo appello.
La tesi della difesa: solo ingenuità e ambizione
Nella linea degli avvocati difensori, il loro assistito non sarebbe un manipolatore politico, ma un artista che, reinventandosi, si è trovato in un terreno che non conosceva. Un rapper catapultato in un mondo in cui le zone grigie sono regola: “voleva fare soldi”, avrebbe spiegato, sostenendo di aver seguito consigli sbagliati mentre cercava spazio nel circuito politico. In interviste precedenti, lui stesso aveva detto che quell’universo aveva un fascino ambiguo. Insomma, non voleva essere una spia, però l’adrenalina del gioco di potere sotterraneo sembrava attrarlo. “Mi piacevano i film di spionaggio, ma non ho mai voluto diventare un agente”, aveva confidato. Eppure, in un passaggio diventato quasi un manifesto della sua parabola, aveva ammesso: “Tecnicamente, sono un agente straniero”.
Una storia che divide anche i fan dei Fugees
Il verdetto chiude (per ora) uno dei capitoli più imbarazzanti nella storia recente dell’hip-hop internazionale. I fan dei Fugees si interrogano su come conciliare l’immagine del rapper di ‘Ghetto Supastar’ con quella di un uomo che ha frequentato ambienti insidiosi, lasciandosi trascinare in operazioni che nulla hanno a che fare con il backstage musicale. La condanna arriva inoltre in un momento in cui il nome del trio composto da Lauryn Hill, Wyclef Jean e lo stesso Michel è risuonato tra reunion interrotte e nostalgia degli anni ’90. Resta da capire se il percorso giudiziario di Pras Michel si chiuderà davvero qui. La difesa promette battaglia legale, mentre il mondo della musica (reduce dallo scandalo che ha travolto Sean ‘Diddy’ Combs) incassa un altro brutto colpo: una storia in cui carriera, politica e ambizioni personali si sono intrecciate fino a esplodere.