di
Mario Platero
Le prime versioni degli anni Sessanta. Il brano composto dall’americano Bobby Russell e portato al successo dai fratelli Carlos in Brasile. A renderla commovente le parole di Bruno Lauzi per la versione italiana
NEW YORK – «L’appuntamento»: la conoscete tutti, era la più struggente, per me la più bella, commovente interpretazione di Ornella Vanoni, con quella sua grande voce sempre in una semplicità rassegnata, mai sopra tono, eppure da brivido. Ma qual era la storia di quella canzone uscita come single nel 1970? Anni fa decisi di studiarla, anche per capire come nasceva una grande canzone e scoprii un intreccio complesso e internazionale, come spesso capita nel mondo della musica che, mi resi conto poco dopo, non conosceva neppure l’Ornella.
«L’Appuntamento» risaliva alla versione originale composta in Brasile da Roberto e Erasmo Carlos, altri due geni della nostra musica contemporanea. La canzone uscì nel maggio del 1969 come singolo di Erasmo Carlos, il titolo «Sentado a’ Beira do Caminho» (Sedendo Su Un Lato Della Strada), bellissima anche lei, con un arrangiamento simile, ma meno diretto di quello composto per la Vanoni. Quel che non sapevo e che i Carlos si erano a loro volta ispirati a una canzone americana «Honey (I Miss You)», composta da Bobby Russell ma poi ripresa e lanciata nell’Olimpo della hit parade da Bobby Goldsboro nel gennaio del 1968. Raccontai di queste mie scoperte alla mia amica e collega Stella Pende, intima della Vanoni. Lei glielo disse e Ornella restò molto stupita soprattutto dalla parte americana che proprio non conosceva – aveva un vago ricordo dell’originale dei Carlos. E Stella mi dice: «L’Ornella è impazzita, non ne sapeva niente, ti vuole conoscere e vuole sapere tutto di questa tua ricerca, la prima volta che vieni a Milano combiniamo». L’idea di incontrarla per parlare di musica, come immaginate, era al di là delle mie aspettative, così studiai ancora più a fondo le varie versioni per non deluderla, per non essere impreparato, anche perché sapevo bene quanto fosse severa e diretta.
Cominciamo con la parte più semplice, la versione italiana. Fu ispirata dal successo della canzone dei fratelli Carlos. Il testo, in portoghese, riflette lo stesso tema del testo italiano, l’attesa per l’arrivo dell’innamorata che, fino al tramonto, non arriverà mai. In questo caso occorre riconoscere lo straordinario merito al paroliere che ha tradotto la canzone, Bruno Lauzi, a sua volta poeta e autore che non solo riflette il testo originale in modo impeccabile, ma lo adatta in modo ispirato, commovente all’italiano. Così le lacrime che scendono sulle guance di Erasmo che attende, nel suo caso sul bordo di una strada, diventano gocce di pioggia sul volto di Ornella: «E’ cambiato il tempo e sta piovendo, ma resto ad aspettare. Non mi importa cosa il mondo puo’ pensare non me ne voglio andare. Io mi guardo dentro e mi domando, ma non sento niente. Sono solo un resto di speranza perduto fra la gente». Versi appunto struggenti e ispirati che Ornella in una versione live del 1971 interpreta magistralmente.
E non c’è dubbio che il successo della canzone è dovuto anche al testo di Lauzi, cantautore di minore successo di pubblico rispetto ai compagni della scuola genovese Gino Paoli, Luigi Tenco, Fabrizio de André ( di Lauzi, Amore caro amore bello – Ritornerai per citare un paio delle sue canzoni più belle). Eppure, nella luce riflessa della Vanoni, finisce per condividere anche lui un hit immortale.
Ma prima dei fratelli Carlos? Dobbiamo risalire al 1967, quando Bobby Russell un cantautore americano cresciuto nel mondo di Nashville e del Country Western accumula alcuni successi regionali ma sfonda sul piano nazionale affidando le sue canzoni ad altri artisti, ad esempio «Little Green Apples» a O.C. Smith, che vince un Grammy nel 1968. Sempre nel 1967 Russel scrive di getto «Honey (I miss You)». Ispirato da un albero davanti alla sua casa che vede gigantesco dopo averlo piantato, che sembra ieri, come un ramoscello fragile. E infatti i primi versi dalla canzone, dedicati da un uomo a sua moglie sono « See the tree how big is grown» «Vedi quanto grande è diventato l’albero».
È una canzone in cui il tono costante è denso di tristezza. Ricordi e immagini del quotidiano servono a riempire il vuoto lasciato dalla moglie. Semplice nella costruzione, ma nostalgica fino alla lacrime non capiamo se la moglie lo ha lasciato, se è scappata con un altro, se è lui che l’ha lasciata. Solo alla fine la rivelazione: la moglie è stata portata via dagli angeli un pomeriggio qualunque e non tornerà più. Il disco viene prima registrato da Bob Shane, dei Kingston Trio e prodotto da Russell, esce nel gennaio del 1968.
Nel frattempo Bobby Goldsboro alla ricerca di un hit si incontra con Russel per sentire alcune delle sue canzoni e lo colpisce la sua interpretazione alla chitarra di «Honey I Love You» semplice diretta e commovente. Decide di farla, chiede il permesso. Russel tentenna perché a breve uscirà la versione di Shane, ma accetta purché esca un mese dopo. A Goldsboro va bene. Con il suo produttore Bob Montgomery decide di arrangiarla in modo più semplice rispetto alla versione di Shane e ingaggiano Don Tweedy che crea un’atmosfera più intima. Risultato: la prima versione di Shane esce a gennaio e non supera il 107esimo posto nella Hit Parade americana. Quella di Goldsboro esce un mese dopo e diventa un hit istantaneo, in poche settimane il singolo vende un milione di copie, il più rapido successo di vendite nella storia della United Artist, che lo distribuiva.
Il 4 Aprile, lo stesso giorno in cui fu ucciso Martin Luther King, il disco diventa «Gold». Il paese, affranto, si chiuse in un lutto nazionale e «Honey» coi suoi versi pieni d’amore e di nostalgia per un passato che non tornerà più rifletteva in pieno l’umore della Nazione americana. Il 7 aprile del 1968 «Honey» scalza dal primo posto «Sitting on the Dock of the Bay» di Otis Redding e per le cinque settimane successive diventa numero uno di Billboard 100.
Alcuni critici liquidarono la canzone come troppo semplice e sdolcinata. Non sono d’accordo, semplice sì, ma toccante e universale. E il successo di «Honey» fu globale: numero due nella classifica inglese e numero uno per quattro settimane in Australia dove supera la numero uno «Lady Madonna» dei Beatles. Il disco diventa il best seller nel mondo per il 1968, persino più diffuso di «Hey Jude» dei Beatles e diventa numero uno anche nella classifica Country. Solo altre due canzoni hanno avuto lo stesso doppio successo nel decennio degli anni Sessanta.
Ecco perché i fratelli Carlos si interessano alla canzone, era un successo trasversale dappertutto: in Svezia Bjorn Ulvaeus l’interpreta tradotta in svedese da Stig Anderson, il titolo «Raring» «Honey», come in inglese («miele» in italiano). Poco dopo Bjorn sarebbe diventato uno dei membri fondatori degli Abba! In Italia ci si affretta a produrla, la traduzione è di Daniele Pace e fu lanciata sempre nel 1968, (non si poteva perdere tempo!) da Bobby Solo e Peppino Gagliardi, titolo «Amore mi manchi». Non ebbe lo stesso successo.
E qui torniamo alla poetica del traduttore. In italiano il testo è completamente diverso sia nel significato che nelle parole da quello di Russell: è la storia di un uomo che lascia la sua donna che sarebbe pronta a riprenderselo, pazza di lui, in qualunque momento. Ma lui, maschio duro, commette due volte l’errore fino a lasciarla per sempre. Cambiamento fondamentale del messaggio dunque, forse dettato dal maschilismo nostrano degli anni Sessanta, forse dall’ambizione artistica di cambiare qualcosa e lasciare un proprio segno. Certo «Amore mi Manchi» da noi non restò memorabile. E qui torna la grandezza di Lauzi, che pur adattando il testo dei Carlos ne lascia intatto il significato. I fratelli Carlos invece, pur lasciando invariato il senso nostalgico e l’idea di perdita nell’attesa di qualcosa che non tornerà più di Russell, cambiano quasi completamente sia la musica che il testo della canzone originaria. Forse l’idea del ritornello resta vagamente simile, ma decidono di riscriverla e di nuovo nel loro caso vince la poetica e l’ispirazione, lasciando invariato il messaggio centrale. Nel 1969 lavorano al testo per due mesi e non riescono a trovare la chiave per le parole del ritornello. Finalmente un giorno, ormai vicini ai termini della scadenza per la produzione, mentre sono a casa di Roberto, a Morumbi a San Paolo, Roberto decide di fare un pisolino. Il fratello Erasmo lo sveglia poco dopo e Roberto tra l’irritato e il preoccupato borbotta in portoghese “Preciso acabar logo com isso. Preciso lembrare que existo!” (devo muovermi in fretta, mi devo ricordare che esisto). Da lì il ritornello in portoghese poi tradotto perfettamente da Lauzi : «Amore fai presto io non resisto, se tu non arrivi non esisto, non esisto non esisto..».
Insomma, come vedete mi ero preparato per bene per il mio incontro a tre, uno spaghetto con chitarra con l’Ornella e la Stella. Volevo essere pronto e colpire il mio idolo col dettaglio, con la descrizione di questa meravigliosa continuità artistica e con l’ammirazione per come Lei aveva riassunto il tutto in un capolavoro. Ma vivo a New York, Milano non è dietro l’angolo, quando arrivavo per caso una volta non c’era, l’altra non potevo io, un’altra ancora dovevamo vederci ma poi era troppo stanca per aver registrato con Fazio.
Ieri la brutta notizia. Chiamo Stella: «Le ho parlato quella sera, era a cena, aveva appena finito un rombo, era felice e mi dice che adesso si fa portare un bel gelato. Chiudo, pochi minuti dopo mi chiamano, mi dicono di correre che ha avuto un attacco proprio prima del gelato, così senza accorgersene come voleva lei». Insomma come avrete capito, sono arrivato tardi, come capita sempre più spesso andando avanti con gli anni. L’appuntamento con Ornella non c’è mai stato e da ieri non ci sarà mai più, ma il ricordo e il sentimento di quella sua canzone mitica anche per la sua storia resteranno immutati, per sempre con me.
23 novembre 2025 ( modifica il 23 novembre 2025 | 07:31)
© RIPRODUZIONE RISERVATA