di
Fabrizio Guglielmini

L’artista aveva vissuto a lungo in largo Treves, per poi spostarsi in via Vasto. Il patron della Nuova Arena: «Poteva mettersi a cantare tra le portate». Dei marciapiedi di Milano diceva: «O guardi in terra o guardi le vetrine»

Ornella Vanoni invadeva con la sua umanità Milano. L’Ornella lontana dalle scene, soprattutto nell’ultimo periodo, amava sempre di più il quartiere dove aveva vissuto per decenni: Brera, puro centro storico milanese. «Era sempre curiosa di quello che succedeva qui, piccole storie di ogni giorno che per lei diventavano speciali perché sapevano di casa» — racconta un suo ex vicino intercettato davanti al palazzo di largo Treves che lei aveva reso famoso abitandoci. E la sua ironia era diventata anche il modo di intendere la vecchiaia, con i suoi inevitabili acciacchi.

Adorava i giri dello shopping in via Solferino e in corso Garibaldi ma criticava i marciapiedi cittadini: «A Milano o guardi le vetrine o guardi dove metti i piedi», distillato di Ornella style che sapeva coniugare la critica con il commento spiritoso. Già, la vecchiaia. Ornella è stata in grado di traghettare verso la terza età con leggerezza e forse insegnando ai suoi coetanei una lezione di resilienza. La mappa delle sue abitudini raccontano di una donna che non rinunciava a niente pur con i limiti imposti dall’età.



















































 Prima tappa il ristorante Nuova Arena, a pochi passi dall’Arena e dal Parco Sempione e vicinissimo alla sua nuova casa di via Vasto, più piccola rispetto a quella di largo Treves. Ricorda il patron, il signor Gianni: «Ornella non era solo un habitué ma un’amica. Com’era a tavola? Uno spasso. Con lei tutto era imprevedibile, a volte si metteva a cantare fra una portata e l’altra». L’ultima testimonianza risale a quattro giorni fa: «Mi aveva telefonato per chiedermi se potevo portarle a casa la trippa, il suo amatissimo piatto insieme ai nervetti. Anche a tavola onorava la sua milanesità». 

Alzava il telefono anche per chiamare un’altra storica insegna di Brera, l’Enoteca Cotti, un luogo da intenditori. Ma non diceva sono la Vanoni o semplicemente Ornella: il signor Gigi, storico gestore, la riconosceva al volo e prendeva l’ordine. Fra le bottiglie preferite Falanghina, Champagne e una curiosità inesauribile per le etichette friulane.

Altro riferimento per i ristoranti il Rigolo, cucina toscana in largo Treves, ambiente soffuso. C’è poi una sorta di «club» che l’attendeva spesso prima in corso Garibaldi e ora in via Legnano: un centro estetico che per decenni l’ha avuta come cliente. Per il titolare Francesco De Simone la sua presenza mancherà moltissimo: «Quando arrivava inevitabilmente era al centro dell’attenzione e ogni volta si divertiva molto da noi». E poi c’era la passione per il cinema, quello vero, in sala. Ornella negli ultimi tempi conduceva una vita più ritirata ma quando decideva di uscire la scelta cadeva sul cinema Anteo. E poi il tempio del jazz, il Blue Note, dove aveva registrato un doppio live nel 2010 e dove era tornata con un’orchestra jazz nel 2013. Nella geografia dei suoi luoghi del cuore i teatri hanno un posto speciale: la frequentazione del Franco Parenti, anche grazie alla sua amicizia con Andrée Ruth Shammah, regista e direttrice del teatro che Vanoni definiva «un posto speciale e gioioso». Ma tutto il suo affetto era per il Piccolo Teatro dove era cresciuta artisticamente accanto a Strehler e dove era normale vederla in platea alle prime, fra le sue amate poltrone rosse.


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23 novembre 2025