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Gaia Piccardi, inviata a Bologna

Mancano Sinner e Alcaraz ma la sfida fra Italia e Spagna continua. La fiducia di Volandri: «Questa è una squadra di amici, e quindi speciale. E poi, siamo forti e ci aiutiamo sempre»

Ce la ricorderemo a lungo, questa stagione bi-tematica e interminabile, che culmina nella settima sfida targata 2025 tra Jannik Sinner e Carlos Alcaraz, però in contumacia. Aleggia lo spirito dei grandi assenti sulla finale di Davis di Bologna che manda a sbattere Italia e Spagna per la 14ª volta, la prima dal playoff del gruppo mondiale 2006, quando ancora si giocava con la vecchia formula. I due capitani, Filippo Volandri e David Ferrer, erano in campo, Jannik era un piccolo sciatore dell’Alto Adige, Carlitos una creatura venuta al mondo da tre anni. E non si fa un torto a nessuno a citare i predestinati nel giorno in cui i compagni si prendono la ribalta: qui è tutto un evocare Sinner che manda messaggi ai celestini (Cahill a Volandri) e Alcaraz che twitta poderosi vamos, nella speranza di un blitz di entrambi a Bologna (non tira aria, però).

È interessante che la Davis riveduta e corretta oggi sia preda dei due Paesi che, al di là dei predestinati che si stanno spartendo il tennis, esprimono i movimenti più «profondi»: i due top 10 e i gli 8 top 100 della Nazionale che si può permettere di lasciare a casa il n.26 Darderi contro il n.1 e i 6 top 100 delle Furie Rosse che hanno escluso per scelta tecnica il n.14 Davidovich Fokina. Solo Francia e Usa sono più presenti nel ranking: la prima è uscita nei quarti grazie al suicidio di Moutet, la superpotenza che non mette le unghie nella Davis dal 2007 nemmeno si è qualificata per le finali. 



















































La qualità media (alta) di Italia e Spagna smaschera la voglia di vivere al di sopra delle proprie possibilità della Germania di Zverev, l’unico top 10 presente: il n.3 (ancora per poco) chiude una stagione deprimente, 25 sconfitte su 80 match; il faticoso successo di ieri su Munar che ha rimesso in equilibrio la semifinale dopo il kappaò di Struff con Carreno Busta è stato frustrato dal doppio di spareggio

Attenzione a Granollers e Martinez, oggi eventualmente, capaci di portare a galla le magagne di Krawietz e Puetz, che già si erano miracolosamente salvati con l’Argentina a tarda notte.

È una Spagna solida, uscita rafforzata dal grande spavento nel girone (sotto 2-0 con la Danimarca) e dalla rimonta con la giovane Repubblica Ceca, ma la compagnia dei celestini è guidata dai due gladiatori saldati dalla lunga conoscenza e dalla romanità: l’usato sicuro Matteo Berrettini, undici successi in azzurro, più l’esuberanza di Flavio Cobolli, che a 23 anni si sta scoprendo un leader. Il wrestling con Bergs in semifinale, i sette match point annullati al belga, la maglietta stracciata come Hulk con dedica alla mamma, all’amico Bove, al fratello in lacrime («E smettila di piangere!»), consegnano alla finale un giocatore in piena trance agonistica, disposto a tutto per l’azzurro come il suo manager Fabio Fognini

«Nel tie break decisivo mi sono detto di mettere la prima e di andarmela a prendere perché la volevo più di Bergs» ha raccontato Flavio nella sera del trionfo più bello, dopo aver abbracciato a lungo l’avversario sulla panchina del Belgio. «Questa è una squadra di amici e, quindi, speciale» ha confermato il c.t. Volandri, che Italia-Spagna la vede così: «Loro hanno uno specialista del doppio, Pedro Martinez. Noi due pronti a entrare in gioco, se serve: Vavassori e Bolelli. Il ranking in Davis conta poco. Conta che noi siamo forti, abbiamo un buon feeling, ci aiutiamo. E la pensiamo allo stesso modo: non vogliamo vincere la terza Davis di fila, vogliamo vincere la Davis 2025. Quello che è fatto, sta nel passato. Adesso guardiamo avanti».

Questa è la favola di Matteo e Flavio che si conoscono da bambini, dell’altro Lorenzo (Sonego) compagno d’avventura di Berrettini sin dalle giovanili, di Cobolli senior che ha lavorato con Santopadre, coach storico di Matteo e nuova guida tecnica di Sonego, di Umberto Rianna che segue tutti per tornei durante l’anno, prezioso anello di congiunzione tra pubblico (Fitp) e privato (i team dei giocatori), di un sistema che funziona nell’alternanza di coach, preparatori, psicologi, fisio. Questa è la favola — in una parola sola — di un progetto. E allora no, Sinner e Alcaraz infortunato non mancano a questa finale di Davis. Ci sono gli altri, e siamo noi.

23 novembre 2025 ( modifica il 23 novembre 2025 | 07:12)