Prato, 22 novembre 2025 – È scattata all’alba di oggi, 22 novembre, nel carcere di La Dogaia di Prato un’operazione definita dagli inquirenti “straordinaria per dimensioni e necessaria per la gravità del fenomeno criminale emerso”.
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Una mobilitazione senza precedenti: circa 800 agenti delle forze dell’ordine sono stati dispiegati per eseguire due decreti di perquisizione e sequestro che riguardano l’intera struttura, 564 detenuti — tra cui 29 già indagati — e tutte le aree comuni dell’istituto.

Il procuratore Luca Tescaroli
L’intervento è la risposta più ampia mai messa in campo nel penitenziario pratese e arriva dopo mesi di indagini serrate.
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Già il 28 giugno era stato effettuato un primo blitz su 127 detenuti, con 263 agenti impegnati: un’operazione che aveva portato alla denuncia di 33 persone e al sequestro di 41 cellulari nei reparti di alta e media sicurezza.

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Ma gli sviluppi investigativi dei mesi successivi hanno delineato un quadro ben più profondo, definito dagli inquirenti “pulviscolare”, perché capace di infiltrarsi in diverse sezioni sfruttando i movimenti dei detenuti lavoranti, dei semiliberi e di chi rientrava dai permessi premio.
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Droghe, violenze, telefoni e TikTok: un mercato interno capillare
Le indagini coordinate dal procuratore di Prato Luca Tescaroli ricostruiscono un sistema articolato e radicato: violenze tra detenuti, estorsioni, traffico di droga — cocaina, hashish, eroina, anfetamine — e una disponibilità quasi ordinaria di telefoni cellulari, utilizzati anche per gestire profili social, tra cui account TikTok aggiornati direttamente dall’interno del carcere.

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Gli stupefacenti entravano con modalità diverse e sempre più ingegnose. Detenuti in permesso venivano minacciati o picchiati per costringerli al trasporto al rientro in istituto. Parte della droga arrivava nascosta nelle parti intime dei familiari durante i colloqui, oppure all’interno di pacchi di cibo o indumenti. Altri quantitativi venivano lanciati dall’esterno oltre il muro di cinta, affidati ai droni o fatti arrivare alla finestra delle celle. Una struttura ricettiva di via Pistoiese, poi, è stata individuata come punto strategico per lo scambio destinato ai detenuti in permesso.
All’interno del carcere, i prezzi salivano “in modo esponenziale”, come riferito da un collaboratore di giustizia che racconta di aver pagato 500 euro per 0,7 grammi di cocaina. I pagamenti avvenivano attraverso carte ricaricabili intestate ai detenuti o ai loro contatti.
Il clima di violenza: pestaggi, minacce e armi rudimentali
La procura documenta poi vari allarmanti episodi di aggressioni fatte per costringere i detenuti a introdurre droga al rientro dai permessi. Due indagati — un dominicano e un tunisino, entrambi di 41 anni — avrebbero agito con una rete di complici, tra cui una addetta alle pulizie legata sentimentalmente a uno di loro.
Un detenuto sarebbe stato pestato l’8 aprile scorso con calci e pugni, riportando lesioni e un trauma cranico-facciale. Un altro, il 16 maggio, sarebbe stato colpito con un punteruolo all’avambraccio e all’inguine per costringerlo a collaborare. In altri casi le minacce erano finalizzate a ottenere denaro: somme aggiuntive fino a 1.000 euro per acquistare la droga da rivendere.
In tutto sono 29 i detenuti indagati, di diverse nazionalità — dominicana, tunisina, marocchina, egiziana, italiana, polacca e albanese — accusati a vario titolo di estorsione, violenza privata, traffico di stupefacenti, introduzione di telefoni, detenzione di armi rudimentali e altri reati. Sei detenuti vittime di minacce o aggressioni hanno deciso di collaborare con la procura, per ricostruire il funzionamento del sistema criminale.
Sequestri e falle nella sicurezza
Dal luglio 2024 gli investigatori hanno sequestrato 30 lotti di droga, 49 cellulari, router, droni e plichi lanciati dall’esterno con telefoni e stupefacenti. Il 31 ottobre due detenuti sono rientrati dai permessi con oltre 180 grammi di cannabis e 100 grammi di cocaina nascosti nel corpo. Il 19 novembre sono stati recuperati quattro involucri lanciati dall’esterno con lo stesso contenuto.
Ma l’indagine mette in luce anche un altro aspetto: le carenze strutturali del carcere. Mancano telecamere in molte sezioni, le finestre non hanno reti anti-lancio, i droni sorvolano l’area con facilità e la copertura telefonica serva ad alimentare traffici e comunicazioni clandestine.
La procura chiede per questo interventi immediati: videosorveglianza continua, barriere anti-lancio, dispositivi anti-drone, schermature contro l’uso della rete, controlli radiologici sistematici al rientro dai permessi e un aumento stabile del personale.
L’operazione più imponente mai vista a La Dogaia
Il maxi-blitz in corso mira a mappare definitivamente il sistema illecito interno, individuando telefoni, droga, armi rudimentali e tutto ciò che è collegato ai 17 Imei e alle 21 utenze telefoniche ancora attive. La procura invita i detenuti vittime di intimidazioni a denunciare, garantendo forme di protezione già sperimentate con i sei collaboratori.
