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Domenica si vota per le elezioni presidenziali in Republika Srpska, una delle due principali entità che compongono la Bosnia Erzegovina, abitata in prevalenza da serbo-bosniaci. Sono elezioni anticipate indette per sostituire l’ex presidente Milorad Dodik, leader nazionalista e filorusso che ha minacciato più volte la secessione della Republika Srpska dalla Bosnia Erzegovina. Lo scorso agosto è stato rimosso dall’incarico per una condanna che gli impedisce anche di ricandidarsi. Rimane però un politico estremamente noto e influente nella Republika Srpska, e per questo le elezioni sono considerate una specie di referendum sulla sua leadership. Non c’è il ballottaggio: chi prenderà più voti verrà eletto direttamente.

La Bosnia Erzegovina ha un sistema di governo molto complicato, che serve a garantire un equilibrio tra i suoi principali gruppi nazionali: i bosgnacchi (generalizzando un po’, i bosniaci musulmani), i serbi e i croati, che si combatterono in una guerra molto violenta negli anni Novanta. Tra le altre cose, è suddivisa in diverse regioni amministrative dotate di grande autonomia, e la Republika Srpska è una di queste. In italiano viene anche chiamata Repubblica Serba di Bosnia Erzegovina. Srpska è un aggettivo sostantivato composto dalla radice di srbin, che vuol dire “serbo”.

Alle elezioni ci sono sei candidati, ma quelli che hanno realmente possibilità di vincere sono due: Siniša Karan, dell’Alleanza dei Socialdemocratici Indipendenti (SNSD), uno stretto collaboratore di Dodik e attuale ministro dell’Istruzione superiore, e Branko Blanuša, del Partito Democratico Serbo (SDS), appoggiato da molti partiti di opposizione. Dopo essere stato condannato Dodik aveva detto di voler boicottare il voto, ma poi ha cambiato idea e oggi sostiene Karan.

Nelle scorse settimane Karan ha usato molto la sua vicinanza a Dodik per raccogliere consensi: lo slogan della sua campagna elettorale è «Per Karan – la Srpska vincerà, per Dodik», e Dodik stesso ha partecipato alla campagna elettorale presenziando anche ad alcuni eventi. L’8 novembre Karan ha scritto su X: «È tempo di confermare il mandato che il popolo ha dato al presidente Milorad Dodik tre anni fa. Le prossime elezioni non sono ordinarie, sono un plebiscito in cui dobbiamo proteggere e affermare la volontà popolare».

Karan è un professore di diritto costituzionale ed è già stato ministro dell’Interno in un governo dell’SNSD, che guida la Republika Srpska dal 2006. Come Dodik sostiene che la Republika Srpska dovrebbe ottenere una maggiore autonomia dal governo centrale della Bosnia Erzegovina, e ne minaccia la secessione: per questo Karan, Dodik e altri loro alleati sono a lungo stati sottoposti a sanzioni statunitensi, rimosse da poco.

Dodik è stato condannato perché si rifiutava di rispettare l’autorità e le decisioni dell’Alto Rappresentante, il funzionario internazionale che sovrintende l’accordo di pace che ha posto fine al conflitto etnico degli anni Novanta in Bosnia Erzegovina. Ha continuato a sostenere la causa secessionista anche dopo la condanna, e negli ultimi mesi il suo governo ha iniziato un processo per approvare una nuova Costituzione della Republika Srpska: tra le altre cose, il nuovo testo doterebbe il territorio di un proprio esercito e istituzioni giudiziarie separate.

Uno spot elettorale di Siniša Karan che inizia con un lungo intervento di Milorad Dodik

Branko Blanuša, il principale avversario di Karan, insegna alla facoltà di Ingegneria elettrica all’Università di Banja Luka (il capoluogo della Republika Srpska). Ha impostato la sua campagna elettorale in contrapposizione a Dodik: ha presentato la condanna all’ex presidente come un possibile spartiacque per la politica della regione e ha descritto le elezioni come un modo per gli elettori di rendere «di nuovo orgogliosa la Srpska».

Ha anche promesso una serie di riforme anticorruzione, puntando sull’insoddisfazione di una parte della popolazione nei confronti dei governi di Dodik, spesso coinvolti in grossi scandali di corruzione. Non è però chiaro se riuscirà a ottenere abbastanza voti per vincere, dato che il sostegno per l’Alleanza dei Socialdemocratici Indipendenti (e quindi per Karan) è molto radicato.

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