(di Francesco Gallo)
Jacqueline Bisset, attrice
britannica dal fascino aristocratico – padre inglese con origini
scozzesi e madre francese -, è sicuramente una star con i suoi
inossidabili principi e comunque una donna con poca voglia di
mostrarsi più di tanto.
È quanto rivela oggi al Torino Film Festival dove ha ricevuto la
Stella della Mole e ha incontrato i giornalisti.
È vero che ha rifiutato il ruolo di 9 settimane e ½?
“Ne ho parlato con la produzione per circa un anno e mezzo e
abbiamo cercato tutti i modi possibili per evitare tutte quelle
nudità verso cui non mi sentivo pronta e poi, confesso, non
c’era un buon feeling con Miky Rourke. Niente contro di lui, ma
a volte ero intimidita dai suoi modi e ho immaginato che ci
sarebbero stati dei problemi e poi, alla fine, ero anche stanca
di avere ruoli sempre con attori più giovani. Dissi no quando
sentii la musica scelta da Lyne, lì capii che non ci saremmo mai
incontrati “.
Quanto deve alla sua bellezza?
“Non mi piace parlare del mio aspetto – dice l’attrice ancora
bellissima a 81 anni – È un argomento che trovo noioso. Secondo
me è un’indecenza dire qualcosa di un dono di Dio come la
bellezza”.
E dall’attrice di ‘Abissi’ (1977), ‘James Bond 007 – Casino
Royale’ (1967), Effetto notte (1973), anche a Torino un monologo
sulla volgarità dell’oggi: “Non amo le donne che cercano di
essere provocanti a tutti i costi. C’è troppa ambiguità, e certe
donne assumono atteggiamenti che provocano gli uomini. Se un
cane fa pipì sul tappeto, non lo ammazzi: gli insegni ad andare
fuori. Non voglio certo paragonare gli uomini ai cani, l’istinto
maschile è quello di “spargere il seme” per garantire la
continuità della specie. Su questo non discuto, ma sul fatto che
le donne dovrebbero essere un po’ più tranquille e discrete.
Oggi vedo sui social un’esibizione continua: persone che ballano
online, che si mostrano in abiti provocanti, a volte
praticamente facendo sesso in video. Secondo me questo è un
errore”.
E ancora la Bisset: “Molte donne sono ormai profondamente
anti-uomo, ma allo stesso tempo vogliono una relazione solida.
Sono cresciuta in un modo diverso: mio padre era molto forte,
mia madre una casalinga. Non ho mai percepito disagio nel
crescere con regole, educazione e disciplina”.
Tra i suoi ricordi: “In Cul-de-sac di Roman Polanski – dice
-per fortuna non ottenni la parte di Françoise Dorléac, che non
sarei stata in grado di sostenere, ma feci solo una particina.
Divenni comunque oggetto delle torture di Roman. A un certo
punto mi disse che dovevo fare “una risata stupida”. Ero
paralizzata. Non sapevo come fare. Françoise allora mi suggerì
un metodo e così passai tutta la notte a esercitarmi. La mattina
dopo ero felice. Pensavo: ora ho qualcosa da dare a Polanski. E
invece lui disse: ‘No, non lo facciamo più, si cambia scena”.
Paul Newman?
“Era un uomo molto gentile e aveva un grande cuore, ma era
anche timido e pessimo narratore di barzellette, iniziava a
ridere prima ancora di arrivare alla battuta finale. L’unica
cosa che non gli piaceva era che la gente lo seguisse per gli
autografi o cose del genere. Ne aveva abbastanza”.
Dice infine de ‘La donna della domenica’ film del 1975 diretto
da Luigi Comencini: “Sono venuta a Roma per provare quegli abiti
bellissimi e mi è piaciuto molto il rapporto di amicizia che il
mio personaggio con quello di Trintignant. Sono riuscita a
entrare nella dimensione di Luigi Comencini dopo aver scoperto
il suo Pinocchio, ossia la sua capacità di recuperare la
gioiosità del bambino, la voglia di giocare. Marcello
Mastroianni? – dice dopo una pausa – Mi intimidiva tantissimo”.
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