Nella rosa dell’ultima Juventus di Massimiliano Allegri, stagione 2023-2024, c’erano gli ultimi elementi pesanti del fenomenale ciclo vincente: Szczesny, Danilo, Rabiot, Alex Sandro. Vestigia di un impero calcistico fondato sul talento, ma soprattutto sullo spessore caratteriale dei suoi protagonisti (è stata la Juve di Buffon, Chiellini, Bonucci e Barzagli; la Juve di Marchisio, Vidal e Pirlo; quella di Tevez; e ancora Khedira, Matuidi, Mandzukic, Evra, Lichtsteiner, Dani Alves, Pjanic). Oggi, la Juventus è del tutto priva di giocatori con quella personalità. Non parliamo di tecnica, di qualità calcistica, ma di quell’aspetto umano che fa la differenza nei momenti difficili, che diventa valore aggiunto, quando in campo bisogna prendersi delle responsabilità, oppure trascinare i compagni oltre le crisi. È una situazione che si verifica in modo tipico alla fine di ogni ciclo perché – questo va sottolineato bene – sostituire certi totem non è mai stato facile per nessun dirigente. Ma quello che è successo alla Juventus negli ultimi tre anni è una infelice sequenza di cessioni e acquisti, che ha abbassato in modo sostanziale l’esperienza e la personalità della rosa.
Juve, mancano i leader: dal 2023 un disastro
Se oggi la Juventus è intrappolata nell’ennesima crisi, il perché lo si legge nelle campagne acquisti che si sono susseguite dal 2023 in poi, perché in cinque finestre di mercato (tre estive e due invernali) non sono stati immessi nella rosa giocatori con la personalità necessaria a tenere alto il livello della Juventus e sopportare le pressioni che la Juventus comporta. Nell’estate del 2023 arriva il solo Weah, giovane con un po’ di talento, ma per età e carattere non esattamente un leader. Nell’estate del 2024, con l’arrivo di Thiago Motta in panchina, viene varata una sontuosa campagna acquisti, con otto nuovi giocatori, nessuno dei quali tuttavia dimostra di avere la leadership per guidare un gruppo che si perde nella confusione mottiana: forse ci si aspettava qualcosa di più da Koopmeiners e Douglas Luiz, che venivano da stagioni importanti, ma – al di là della performance sportiva – nessuno dei due ha mostrato le qualità da trascinatore. In compenso tra luglio e gennaio sono stati ceduti o lasciati partire: Alex Sandro, Rabiot, Szczesny e Danilo. Anche in questo caso vale la pena separare l’aspetto tecnico da quello caratteriale: qui si sta discutendo il secondo e si mette in evidenza come la perdita di elementi cardine dello spogliatoio (al di là del rendimento sportivo) non sia stata tenuta in debita considerazione. Un po’ come se ristrutturando una casa si abbattano dei muri portanti che tolgono luce e ariosità agli ambienti, senza considerare le conseguenze strutturali. Poi la casa crolla, anche se il salotto è molto bello.
Juve, tre anni e tanti milioni buttati via
La Juventus, più di ogni altra squadra, ha insegnato come spesso, nelle rose vincenti, gli “uomini” contano più dei “calciatori” e che ogni grande formazione ha almeno un leader per reparto, ovvero quel giocatore a cui affidare la palla nei momenti di difficoltà o quel giocatore che fa capire ai compagni quando è il momento di concentrarsi ancora di più, di correre più forte e di stringere i denti (invece che fare i balletti per i social, per esempio). Nelle ultime tre stagioni la Juventus ha ingaggiato venti nuovi giocatori, alcuni sono durati una stagione, altri sono ancora nella rosa, qualcuno ha fornito prestazioni tecnicamente adeguate seppure non continue (Kalulu, Thuram, Di Gregorio, Conceiçao), altri hanno dimostrato un livello qualitativo inferiore a quello necessario alla Juve, tutti si sono dimostrati incapaci di guidare il gruppo per la loro età o per la loro personalità. Tre anni e tanti milioni buttati via o quasi.
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