di
Andrea Rinaldi
Dagli inizi come capo contabile alla passione per la tecnologia. Morto a 83 anni l’ex presidente dell’Abi per quattro mandati consecutivi
Nella notte tra sabato 22 e domenica 23 novembre si è spento all’età di 83 anni Maurizio Sella, a causa di una malattia che a partire da dopo l’estate si è improvvisamente e rapidamente aggravata. Cavaliere del Lavoro, a lungo presidente dello storico gruppo bancario, vi era entrato a 24 anni subito dopo la laurea a Torino in Economia per prendervi servizio come «sportellista», sotto la guida dello zio Giorgio e del padre Ernesto. Poteva avviarsi a una carriera olimpica nello sci, ma avrebbe dovuto interrompere gli studi, per cui vi rinunciò. Oggi l’istituto biellese conta 1,5 milioni di clienti e un utile netto consolidato di 132,2 milioni di euro nei primi nove mesi del 2025. Se ciò è avvenuto, è perché Maurizio Sella si è sempre prodigato a tenere unita la famiglia e l’impresa, facendo suo quel motto che aveva appreso nell’associazione delle famiglie imprenditoriali d’Europa: «morality is longevity».
La dinastia
La dinastia dei Sella perde un suo esponente illustre, un uomo che ha fatto crescere l’omonima banca custodendone al contempo l’identità negli anni del risiko bancario e aggiornandola ai nuovi dettami «tech». Fino all’ultimo momento, anche in questi giorni di sofferenza fisica, ha dedicato ogni singolo istante a lavorare per l’azienda e per la famiglia. Oggi — ha ricordato il primogenito e ceo Pietro Sella (l’altro è Federico, a capo del private), anche a nome dei familiari, dei consigli d’amministrazione e dei colleghi di tutte le società del gruppo — ci lascia colui a cui dobbiamo il successo del gruppo in cui lavoriamo e un grande esempio di dedizione, saggezza, lungimiranza e imprenditorialità». Con Sella infatti non se ne va solo un banchiere vecchio stampo, uno degli ultimi «di famiglia» in Italia, ma anche un patrimonio culturale al servizio delle istituzioni e della società. Ha ragione il presidente Abi, Antonio Patuelli, quando dice la sua scomparsa «priva il mondo bancario di uno dei più prestigiosi punti di riferimento».
«Il cliente ci dà il pane»
Sin dallo sportello, infatti, Sella ha «respirato l’amore per «il cliente che ci dà il pane», come dicevano i figli del fondatore Venanzio e Riccardo, e come ha confidato a Beppe Ghisolfi nel suo Banchieri (Aragno). Ma anche quello per l’impresa di famiglia, attraverso i documenti che il padre portava con sé dal lavoro, e che Sella leggeva una volta tornato a casa da scuola prima di tuffarsi sul Corriere della Sera e su La Stampa («sono sempre stato un avido lettore»). Da giovane capo contabile, nel 1971 ebbe l’intuizione di far comprare alla banca un nuovo centro elettronico per migliorarne l’efficienza e questa sua predilezione per la tecnologia si riverberò nella sua nomina negli anni ‘80 alla Società Interbancaria per l’Automazione su volere di Bankitalia. La propensione all’innovazione, del resto, è sempre stata una caratteristica di famiglia, in primo luogo nata come dinastia laniera nel lontano Cinquecento. Nel frattempo Sella era diventato amministratore delegato (1974) e nel 2000 assunse la carica di presidente di Sella Holding , ruolo lasciato poi ad aprile. Resse anche per quattro mandati l’Associazione bancaria italiana, la Confindustria delle banche, dal 1998 al 2006, e la presidenza dei Cavalieri del Lavoro.
Le origini della banca con Quintino Sella
Oggi l’istituto biellese — che originò da un nipote di Quintino Sella, ministro di Vittorio Emanuele III — conta 1,5 milioni di clienti, 6.700 dipendenti e fa parte dell’Aidaf, l’Associazione italiana delle aziende familiari. «Perdo un amico vero, un uomo con cui ho condiviso negli anni un rapporto di grande stima, affetto e sincera amicizia», afferma il ministro dell’Ambiente e suo concittadino Gilberto Pichetto. Per il ministro delle imprese Adolfo Urso Sella ha dato «un contributo significativo allo sviluppo economico del Paese».
I funerali si terranno martedì 26 novembre alle 10.30 al Duomo di Biella.
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24 novembre 2025
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