di
Massimiliano Jattoni Dall’Asén

Intanto, gli investitori chiedono più riserve, ma Milei resiste. Il settore della ristorazione soffre i consumi in calo e Buenos Aires si sfila dal comunicato finale del G20, aumentando l’incertezza internazionale

Nell’Argentina di Javier Milei ogni settimana sembra una partita a scacchi: rapide mosse tattiche, qualche annuncio spiazzante e la sensazione costante che il margine d’errore sia sempre più stretto. Le riforme avanzano, ma i nodi economici si ammassano, mettendo sotto pressione governo, mercati e cittadini.

Il salvataggio da 20 miliardi che si sgonfia

La questione più commentata negli ultimi giorni è quella del presunto maxi-piano da 20 miliardi di dollari con cui un gruppo di banche statunitensi — tra cui JPMorgan Chase, Bank of America e Citigroup — avrebbe dovuto sostenere il Paese. Il progetto, però, è stato messo da parte in favore di un prestito molto più contenuto, attorno ai 5 miliardi. A rivelarlo è stata un’indiscrezione riportata dal Wall Street Journal, ripresa poi da Reuters.



















































Il ministro dell’Economia, Luis Caputo, ha immediatamente smentito che fossero in corso trattative per una cifra simile. «Non abbiamo discusso alcun pacchetto da 20 miliardi», ha ribadito, definendo la notizia «destituita di fondamento». 

Riserve valutarie: gli investitori chiedono di più

Sul fronte delle riserve di valuta estera si gioca un’altra partita delicata. Gli investitori internazionali, scrive Bloomberg, sollecitano Buenos Aires a rafforzare rapidamente la propria posizione in dollari, giudicata ancora troppo fragile per un’economia che cerca di riconquistare credibilità sui mercati. Milei, però, non sembra intenzionato a cambiare rotta. Il presidente argentino — eletto con un programma di forte liberalizzazione — continua a rifiutare un’accumulazione aggressiva delle riserve, preferendo mantenere margini di manovra nel breve periodo.

Le riforme e i loro effetti sulla vita quotidiana

Sul piano interno, le riforme economiche mostrano un doppio volto. Da un lato alcuni indicatori macroeconomici segnano miglioramenti; dall’altro l’impatto sulla vita quotidiana resta severo. Il Financial Times ha raccontato, in un reportage pubblicato un paio di giorni fa, come il settore della ristorazione — bar, caffè, piccole trattorie — stia subendo un netto peggioramento dei consumi. Clienti più attenti al portafoglio, menu ridotti, margini risicati: è la faccia meno visibile della «cura shock» del governo.

​G20: l’Argentina si sfila dal comunicato finale

Il quadro si completa con la scelta di Buenos Aires di non firmare il comunicato finale del G20. Una decisione che ha sorpreso molti osservatori e che il Buenos Aires Times — quotidiano in lingua inglese considerato tra le fonti più autorevoli del Paese — ha attribuito a una «rottura del consenso» sulle posizioni internazionali, in particolare riguardo al conflitto in Medio Oriente. È un gesto diplomatico che parla anche ai mercati: un Paese che chiede fiducia finanziaria ma che, al contempo, si smarca dai documenti unitari delle maggiori economie mondiali rischia di apparire meno prevedibile e meno allineato ai partner occidentali. Ed ecco che la sfida argentina ora non è più solo fiscale o monetaria: è una questione di credibilità. I mercati vogliono prove concrete, non annunci. I cittadini chiedono risultati senza ulteriori sacrifici. 

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24 novembre 2025 ( modifica il 24 novembre 2025 | 11:52)