Il farmaco da banco più comune al mondo, il paracetamolo, sembrerebbe ridurre la percezione del pericolo e spingere le persone a compiere azioni più azzardate
22 Novembre 2025
Ci sono farmaci che prendiamo senza pensarci troppo: mal di testa, febbre, dolori muscolari… un po’ di paracetamolo e via, problema risolto. È tra i medicinali più usati al mondo, venduto ovunque con nomi familiari come Tachipirina, Efferalgan, Tylenol o Panadol. Eppure, dietro la sua immagine rassicurante da “aiuto quotidiano”, si nasconde un effetto meno noto.
Una ricerca condotta nel 2020 dalla Ohio State University e guidata dal neuroscienziato Baldwin Way ha evidenziato un curioso fenomeno: le persone che assumono paracetamolo tendono a percepire le situazioni rischiose come meno pericolose e, di conseguenza, si comportano in modo più impulsivo. In parole povere, il farmaco sembrerebbe attenuare le emozioni negative legate alla paura del rischio.
Way ha spiegato:
Il paracetamolo riduce la sensazione di disagio quando si valutano attività potenzialmente pericolose, come se il cervello non percepisse più quella classica stretta allo stomaco che ci frena davanti a una decisione avventata.
Un effetto che, in una società in cui una persona su quattro negli Stati Uniti assume paracetamolo ogni settimana, potrebbe avere conseguenze tutt’altro che trascurabili.
Il paracetamolo può influenzare emozioni, empatia e percezione del rischio
Non è la prima volta che la ricerca punta il dito contro il paracetamolo per i suoi effetti “collaterali” psicologici. Altri studi avevano già osservato che questo farmaco riduce la sensibilità emotiva, abbassa l’empatia e può persino offuscare la chiarezza cognitiva.
Insomma, non solo meno dolore, ma anche meno emozioni.
Per testare l’effetto del paracetamolo sul comportamento, Way e il suo team hanno coinvolto più di 500 studenti universitari. A un gruppo è stato somministrato un dosaggio di 1.000 mg di paracetamolo, il massimo raccomandato per un adulto, mentre un secondo gruppo ha ricevuto un placebo. Poi, i partecipanti si sono cimentati in un curioso esperimento digitale: gonfiare un palloncino virtuale per guadagnare denaro immaginario.
Ogni “gonfiata” aumentava i guadagni… ma anche il rischio che il palloncino scoppiasse, azzerando tutto. Il risultato? Chi aveva assunto paracetamolo gonfiava di più e faceva esplodere più palloncini, rispetto al gruppo di controllo. Meno paura, più azzardo, spiega Way:
Chi è più prudente tende a fermarsi prima di rischiare. Ma chi ha assunto paracetamolo sembra provare meno ansia e percepire meno il pericolo, come se la paura stessa venisse anestetizzata.
Oltre al test del palloncino, i ricercatori hanno chiesto ai partecipanti di valutare scenari rischiosi come guidare senza cintura di sicurezza, fare bungee jumping o scommettere un giorno di stipendio su una partita sportiva. In alcuni casi, chi aveva assunto il farmaco giudicava questi comportamenti meno pericolosi.
Dalla riduzione dell’empatia alle scelte impulsive
Anche se gli effetti osservati sono lievi, gli studiosi avvertono che le implicazioni non vanno sottovalutate. Il paracetamolo è presente in oltre 600 medicinali tra prescrizioni e farmaci da banco, e la sua diffusione è così capillare da renderlo una variabile sociale a tutti gli effetti.
Nel 2023, un nuovo studio dell’Università di Vienna ha confermato la tendenza, suggerendo che l’assunzione frequente di analgesici può ridurre l’empatia e indebolire il comportamento prosociale.
In altre parole, chi prende regolarmente paracetamolo potrebbe risultare più distaccato emotivamente, anche senza accorgersene.
Tuttavia, nonostante questi risultati, il paracetamolo rimane uno dei farmaci essenziali riconosciuti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. La sua efficacia contro il dolore e la febbre è indiscussa, ma forse è arrivato il momento di interrogarsi anche sugli effetti meno visibili, quelli che toccano la mente più che il corpo.
Come sottolinea Way:
Servono ulteriori studi per comprendere meglio in che modo il paracetamolo – e altri farmaci comuni – possano influenzare le nostre decisioni, le nostre emozioni e la percezione del rischio.
Fonte: Social Cognitive and Affective Neuroscience
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