A 38 anni Damiano Caruso sta vivendo una fase della carriera che lui stesso definisce sorprendente. Una stagione nata con il dubbio del ritiro si è trasformata in un percorso di riscoperta: la condizione ritrovata, il piacere del sacrificio, la vittoria inaspettata a Burgos e la consapevolezza di avere ancora qualcosa da dare al ciclismo. È un Caruso lucido, maturo e sereno quello che si prepara ad affrontare il suo ultimo anno da professionista con i colori della Bahrain-Victorious, con l’obiettivo di chiudere lasciando tutto ciò che ha. In questa intervista abbiamo ripercorso il suo 2025, il nuovo orizzonte del 2026 e lo sguardo rivolto al futuro post-carriera.
Che bilancio tracci della tua stagione?
“Mi sono stupito di me stesso ancora una volta. All’inizio dell’anno avevo quasi deciso di smettere, poi però è venuta fuori una stagione più che discreta. Per questo posso dire di essere pienamente soddisfatto”.
In quale preciso momento hai capito che avresti voluto disputare anche la stagione 2026?
“Nel 2024 non ero mai riuscito a trovare una vera condizione. Nel 2025, invece, verso aprile ho iniziato a sentirmi bene: erano sensazioni che conoscevo, confermate poi al Tour of the Alps. Volevo aspettare il Giro per capire davvero come stessi, e lì è andato tutto per il meglio. Ho ritrovato il piacere di andare in bici e di fare fatica. Ho sentito che avevo ancora qualcosa da dare a questo sport”.
Quale sensazione hai provato nel vincere a Burgos a 38 anni?
“È stata la ciliegina sulla torta. Non pensavo tanto alla vittoria in sé, quanto al fare una prestazione solida. Il trionfo è arrivato in modo del tutto inatteso ed è stato un grande piacere, anche perché non era una vittoria “regalata”: c’era un parterre importante, ho cercato la fuga e ho interpretato la corsa nel modo migliore”.
La prossima stagione sarà davvero l’ultima da professionista? Hai già un piano per la tua vita da ex corridore?
“Sì, il 2026 sarà la mia ultima stagione. Per il dopo, mi piacerebbe rimanere nel mondo del ciclismo e mettere a frutto l’esperienza accumulata in questi anni. Poi vedremo come andrà, ma oggi questa è l’idea”.
Quali soddisfazioni vorresti ancora toglierti nel 2026?
“Non conosco ancora il mio programma per la prossima stagione. Da me stesso però mi aspetto di raggiungere un buon livello e di essere competitivo nelle corse. Una volta raggiunto questo, il mio obiettivo è concludere con la consapevolezza di aver dato tutto e di essere stato utile a me e alla squadra”.
Perché la tua carriera ha avuto una svolta dopo i 30 anni?
“Perché ho deciso di uscire dalla mia comfort-zone. Nei primi anni forse mi sono un po’ adagiato. Con la maturità ho capito che dovevo spingermi oltre, e da lì sono arrivati i risultati. Col senno di poi penso che avrei potuto fare di più anche prima, ma era un ciclismo diverso: ai giovani veniva dato più tempo per crescere e io probabilmente mi sono adagiato. Guardando indietro però sono soddisfatto e non ho rimpianti”.
Neanche quello di non aver potuto disputare il Giro d’Italia 2022, quando la squadra ti dirottò verso il Tour?
“Sì, probabilmente quell’anno avrei preferito correre il Giro. Ma allo stesso tempo bisogna rispettare le esigenze della squadra. Al Tour avevo comunque l’ambizione di provare la classifica o di vincere una tappa, cercando di ottenere il massimo possibile”.
Per Antonio Tiberi è stata una stagione difficile: pensi che il prossimo anno possa essere quello giusto?
“Glielo auguro davvero. L’anno prossimo Antonio compirà 25 anni, quindi non ci sono più scuse: deve decidere che tipo di corridore vuole essere. Come squadra – e anche io personalmente – abbiamo investito molto su di lui, cercando di trasmettergli tutto ciò che potevamo. Ora tocca a lui: è artefice del suo destino”.