Il Piracy Shield esce definitivamente dalla fase sperimentale e si prepara a diventare lo strumento principale per contrastare la pirateria audiovisiva in Italia. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), ha approvato mercoledì 30 luglio le modifiche al Regolamento sul diritto d’autore online che ampliano significativamente l’ambito d’intervento della piattaforma. La decisione, ratificata dal Consiglio dell’Autorità e annunciata ufficialmente giovedì 1° agosto, estende le ingiunzioni dinamiche a tutti i soggetti titolari di eventi live, includendo per la prima volta film, serie televisive e contenuti musicali nella lista dei materiali che possono essere bloccati automaticamente entro trenta minuti dalla segnalazione, come già anticipato da Wired nei mesi scorsi.

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Sono stati diffusi dalla guardia di finanza, che applica la legge del 2023 contro lo streaming illegale

L’evoluzione del sistema antipirateria

Piracy Shield non è più solo uno strumento contro lo streaming illegale di eventi sportivi. Come voleva Agocm, è diventato una piattaforma più ampia, pensata per intervenire su tutti i contenuti protetti da copyright. A volerlo sono state soprattutto le associazioni di categoria. Durante la sua assemblea di dicembre 2024, la Fapav — la federazione che rappresenta le imprese dell’audiovisivo — aveva chiesto esplicitamente che il sistema venisse esteso anche a film e serie tv, sottolineando i gravi danni economici causati dalla pirateria.

Le nuove disposizioni permetteranno di disabilitare l’accesso a contenuti diffusi illecitamente durante i primi trenta minuti della trasmissione di eventi in diretta, prime visioni cinematografiche, programmi di intrattenimento e opere musicali assimilabili. Il sistema tecnico funziona in due modi: da un lato impedisce al domain name system (dns) — il sistema che traduce gli indirizzi web in numeri comprensibili ai computer — di fare il suo lavoro; dall’altro blocca il traffico verso gli indirizzi ip usati soprattutto per attività illegali. Tuttavia, diversi esperti hanno già segnalato che il sistema non ha protezioni efficaci per impedire che blocchi anche servizi legittimi. È successo, per esempio, con alcune reti di Cloudflare, e in un’occasione YouTube e Google Drive sono rimasti inaccessibili per milioni di utenti italiani.

Inoltre, con il nuovo regolamento, a essere sanzionate non sono più solo le piattaforme che ospitano contenuti illegali o gestiscono il traffico online, ma si estendono anche agli altri servizi tecnici che rendono possibile l’accesso a quei contenuti. Tra questi ci sono le vpn (le virtual private network, che consentono di proteggere la navigazione in rete), i dns pubblici e i motori di ricerca. L’obiettivo è coinvolgere tutti gli attori della rete che, anche indirettamente, rendono possibile accedere a contenuti pirata, e rendere più difficile per gli utenti aggirare i blocchi usando strumenti alternativi. Questo rafforzamento del sistema arriva insieme a un aumento delle sanzioni per chi guarda o scarica contenuti illegali: una proposta di legge di Fratelli d’Italia e Lega punta a triplicare le multe, che potrebbero arrivare fino a 16mila euro. Una linea dura che ha suscitato critiche da parte di alcune associazioni per i diritti digitali, preoccupate per il rischio di trattare come criminali semplici utenti.

Le tensioni con l’Unione Europea

Il rafforzamento di Piracy Shield ha creato tensioni tra le autorità italiane e la Commissione Europea, che a giugno 2025 ha inviato una lettera formale al ministro degli Esteri Antonio Tajani per esprimere dubbi sulla conformità del sistema al Digital services act (Dsa), il regolamento europeo che stabilisce le regole per i servizi digitali e la gestione dei contenuti illegali online. Il nuovo regolamento italiano ha cercato di adattare le norme precedenti del 2013 (delibera 680/13/Cons) alle disposizioni del Dsa e agli emendamenti introdotti dal decreto Omnibus nella legge antipirateria, ma secondo la Commissione, il sistema potrebbe comunque non rispettare pienamente principi chiave come trasparenza, proporzionalità e tutela dei diritti degli utenti, soprattutto perché il Dsa non prevede che le autorità nazionali possano emettere ordini di blocco senza una chiara base giuridica europea.