Roma, 24 novembre 2025 – Una vicenda quella della famiglia che viveva nel bosco in Abruzzo che non accenna a placarsi, anzi, continua ad alimentarsi tra fazioni, minacce al Tribunale dei minori, politici che promettono battaglia in difesa de bambini separati dai genitori e strumentalizzazioni varie. 

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In mezzo, i 3 bimbi di 6 e 8 anni portati in una casa protetta a Vasto insieme alla mamma dopo essere stati allontanati dall’abitazione giudicata fatiscente in cui vivevano con i genitori, che chiedono all’avvocato “Quando torniamo a casa?”.

E poi ci sono le novità di oggi: “Al ministero risulta regolarmente espletato l’obbligo scolastico attraverso l’educazione domiciliare legittimata dalla Costituzione e dalle leggi vigenti e tramite l’appoggio ad una scuola autorizzata. La conferma è arrivata dal dirigente scolastico dell’istituto scolastico di riferimento per il tramite dell’ufficio scolastico regionale”, è scritto in una nota del ministero dell’Istruzione e del Merito, che elimina così uno dei punti contestati a Nathan e Catherine, ovvero l’aver fatto mancare ai bambini il diritto all’istruzione.  

Una conferma di quello che sosteneva l’avvocato della famiglia Giovanni Angelucci sin dal primo giorno di allontanamento dei bambini: il legale sin dalle prime ore aveva affermato che l’educazione parentale messa in atto dai genitori dei 3 bimbi che vivevano tra i boschi di Palmoli, in provincia di Chieti, era a tutti gli effetti regolare ma che i giudici erano andati in “cortocircuito” mentre l’attestato di idoneità per il passaggio alla classe terza della figlia più grande c’era ed era stato “ratificato dal ministero”. 

Nel frattempo, l’autorità giudiziaria de L’Aquila – a quanto apprende l’ANSA – ha inviato al ministero della Giustizia la documentazione riguardante la vicenda della sospensione della potestà genitoriale alla coppia. Il Guardasigilli Carlo Nordio ha avviato gli accertamenti sul caso e saranno quindi verificate eventuali violazioni. 

Si attendono dunque sviluppi su un caso che ha spaccato in due l’opinione pubblica e che tiene banco da giorni: è giusto allontanare i bambini dalla propria abitazione e dal papà perché i genitori hanno scelto di vivere e far vivere i loro figli in un bosco con bagno a secco, senza acqua corrente e luce, senza scuola (ma con l’homeschooling) e senza relazioni sociali?

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Gli insulti e le minacce al tribunale

Intanto una pioggia di insulti ha travolto il Tribunale dei minorenni dell’Aquila e, in particolare, la sua presidente, Cecilia Angrisano, bersaglio di pesanti minacce via social. Una caccia alle streghe con tanto di indirizzo, numero di cellulare e mail per rintracciare il magistrato che ha firmato l’ordinanza di allontanamento. Una vicenda che probabilmente avrà inevitabili strascichi giudiziari mentre in tanti si stanno organizzando per scendere in piazza: l’appuntamento è per il 6 dicembre a Roma, davanti la sede del ministero della Famiglia e delle Pari Opportunità, nel cuore della capitale.

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In una nota i magistrati esprimono “stupore” e “rammarico” nel constatare che, “in un clima così esasperato, i rappresentanti del governo insistano nell’attività di delegittimazione dell’Autorità Giurisdizionale”. E sull’argomento è tornato a parlare anche il vicepremier Matteo Salvini, che fin dal primo giorno ha espresso solidarietà alla famiglia, dicendosi pronto ad andare in Abruzzo. “Farò di tutto perché quei tre splendidi bambini tornino a casa, fra le coccole di mamma e papà”, è tornato a scrivere il leader della Lega sui social definendo l’ordinanza “una vergogna, un precedente pericoloso e preoccupante”.

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Gli obiettivi dell’avvocato della famiglia

Dalla casa famiglia a Vasto dove vivono ora i bambini è arrivato il racconto dell’avvocato. “Li ho trovati bene – spiega Angelucci -, mi sono corsi incontro, mi hanno abbracciato, li ho presi in braccio, ci siamo salutati molto affettuosamente, erano sorridenti ma con un filo di malinconia negli occhi, il maschietto mi ha abbracciato, era felice di rivedermi ma la prima cosa che mi ha detto è ‘quando ci riporti a casa?'”. “Il primo obiettivo – ha detto l’avvocato – è quello di far riunire la famiglia, il secondo è quello di riportarli a casa”.

Il papà si chiude nel silenzio

Il papà, invece, che ha potuto vedere i bambini solo qualche ora al giorno e continua a vivere nel casolare nel bosco, ha fatto sapere che non ha più intenzione di rilasciare “dichiarazioni”. 

A conclusione di una riunione del gruppo dei neorurali, una trentina di famiglie che vivono tra Palmoli, Tufillo e San Buono, l’uomo, che fino ad oggi ha sempre collaborato con stampa e televisioni, ha annunciato di non voler più parlare e rilasciare interviste. Le famiglie della zona che seguono lo stile di vita di Nathan e della moglie Catherine, si sono ritrovate insieme nel fine settimana per parlare della decisione dei giudici minorili e del clamore mediatico scatenatosi attorno alla scelta della coppia. Il “boom” sui social, le petizioni online e le trasmissioni televisive hanno convinto i neorurali a fare marcia indietro e a chiudersi in un ‘silenzio stampa’. 

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Chiesta al Csm pratica a tutela dei magistrati

Dall’altro lato, tutti i consiglieri togati (ad eccezione della togata di Magistratura Indipendente Bernadette Nicotra) e i laici Roberto Romboli (eletto in quota Pd), Michele Papa (M5s) ed Ernesto Carbone (Iv), chiedono con un documento depositato al Comitato di presidenza di Palazzo Bachelet, che il Csm apra una pratica a tutela dei magistrati del tribunale per i minorenni dell’Aquila in relazione alle “dichiarazioni pubbliche rese da esponenti politici” sul provvedimento con cui è stato disposto l’allontanamento dei tre minori dal contesto familiare e il loro collocamento in una struttura protetta. 

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Il provvedimento in questione, osservano i consiglieri firmatari nella richiesta di apertura pratica, “rientra nell’esercizio delle funzioni attribuite dalla legge alla giustizia minorile tipiche attribuzioni dell’autorità giudiziaria minorile e persegue esclusivamente finalità di protezione dei bambini coinvolti”.

A fronte di ciò, aggiungono, “alcune dichiarazioni pubbliche hanno definito la decisione come un ‘sequestro’ di minori, l’hanno qualificata con espressioni fortemente denigratorie e hanno annunciato iniziative ispettive e interlocuzioni dirette con i giudici investiti del procedimento. Tali affermazioni provenienti anche da rappresentanti di pubbliche Istituzioni trascendono la legittima critica a un atto giudiziario e finiscono per colpire direttamente l’operato dei magistrati del tribunale per i minorenni, esponendoli a una indebita pressione anche mediatica”.

La giurisdizione, soprattutto in ambito minorile, si legge ancora nel documento, “opera in un quadro di legge complesso, sulla base di atti e di elementi tecnici, componendo interessi tutti meritevoli di rispetto: la libertà delle scelte educative dei genitori, il diritto dei bambini alla sicurezza, alla salute, alla socialità e alla riservatezza”. Dunque, affermano i consiglieri firmatari, “la semplificazione di tale complessità in formule polemiche, che presentano l’intervento giudiziario come un sequestro o una violenza di Stato, finisce per minare la fiducia nella magistratura ed esonda in un’inaccettabile delegittimazione personale dei giudici titolari del procedimento, che hanno poi un immediato riflesso in gravi e scomposti attacchi attraverso i social”.

Infine, conclude il documento, “preoccupa che questa vicenda venga evocata in connessione con la prossima consultazione referendaria in materia di giustizia, che nulla ha a che fare con il caso in esame. Dovrebbe essere interesse di tutti, istituzioni politiche e istituzioni di garanzia, che il confronto sui referendum si sviluppi sul terreno delle opzioni normative e delle ragioni di merito, senza piegare a fini di propaganda casi concreti che riguardano minori e che sono ancora oggetto di valutazione giudiziaria”.

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“Rischio grave emarginazione sociale”

Un “nucleo familiare a rischio di “grave emarginazione sociale“, in “disagio abitativo” senza “interazioni sociali frequenti” né “entrate fisse” con i figli minori che “non frequentano la scuola e attività ricreative o sportive”. È una relazione dell’Ecad del comune di Monteodorisio redatta a luglio scorso, su segnalazione della Procura presso il Tribunale per i minorenni dell’Aquila, a descrivere la situazione socio abitativa, socio economico e igienico sanitaria della ‘famiglia del bosco’ di Palmoli, destinataria dell’ordinanza di allontanamento dei tre figli in una casa famiglia.

Un nucleo familiare, scrivono i servizi sociali, che “vive una condizione di disagio abitativo in quanto non è stata dichiarata l’abitabilità dello stabile nel quale dimorano abitualmente – si legge nella relazione -, membri della famiglia che non hanno interazioni sociali frequenti e la coppia genitoriale non ha entrate economiche fisse”. “Presso lo stabile nel quale dimora la famiglia – aggiungono gli assistenti sociali – non sono presenti i servizi igienici e le utenze”, e per quanto riguarda la situazione socio culturale “i minori non frequentano la scuola e attività ricreative o sportive”. La diagnosi sociale è “grave emarginazione sociale (da verificare)”. Circa la situazione educativo relazionale – si legge ancora – “la coppia genitoriale applica i principi dell’unschoolig e i bambini non possono frequentare altri bambini liberamente perché influenzabili”.