Il calcio non è mai stato “solo” un gioco. Il calcio è l’epica dello sport che affianca la storia di un Paese. Questa è stata la Juventus, in particolare quella tra il 1975 e il 1985. Una squadra che vinceva tutto in un’Italia che, per colpa delle tensioni, perdeva tanto ma non voleva arrendersi.

È proprio questo il periodo storico raccontato da «Juventus – il decennio d’oro», il documentario di Angelo Bozzolini che, attraverso immagini d’archivio e interviste, ripercorre l’epopea della Vecchia Signora. Dalle vittorie di Zoff, Scirea, Platini e Boniek, alla tragedia dell’Heysel. Gloria e caduta, altare e polvere. I termini tra cui oscilla ogni storia che si fa mito.

Il documentario al Torino Film Festival

Il documentario, presente al Torino Film Festival nella sezione non competitiva “Zibaldone”, sarà proiettato domani sera alle 21 al cinema Romano. Presenti, assieme al regista, Evelina Christillin e gli ex giocatori Mauro, Marocchino, Bonini. Il ricavato della serata sarà devoluto alla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro di Candiolo.

L’elogio della sconfitta: Torino 1976

Per raccontare le vittorie, il documentario parte da una sconfitta. Quella del 1976, quando la Juve, dopo essere stata in testa per tutto il campionato, si vede superare proprio dal Torino, che vince lo scudetto.

«Parto dall’elogio della sconfitta» spiega Bozzolini. «I social propongono modelli vincenti, mentre le grandi crescite partono dai passi falsi, e la Juventus secondo me arriva sul tetto del mondo in quegli anni perché l’onta della sconfitta contro il Torino innesca un meccanismo di ripresa».

Trapattoni e la nuova generazione

Una rinascita che prende il via con l’arrivo di Trapattoni e di giocatori giovani. «C’è la mentalità di portare aria nuova con l’innesto di Tardelli, Gentile, Scirea e Cabrini, accanto a Zoff, Bettega e Furino. Una ventata di aria fresca che fa bene alla Juve e a tutto il calcio italiano. C’è la forza della triade Agnelli, Boniperti, Trapattoni. Quella squadra diventerà perfetta poi con l’arrivo di Boniek e Platini».

Bilbao 1977: il trionfo della Coppa Uefa

Già nel 1977 arriva l’impresa più memorabile per il regista: «La Coppa Uefa vinta a Bilbao». La Juve, dopo aver vinto 1-0 in casa, «Va nel catino basco dove il tifo è furibondo». I bianconeri, sotto per 2-1, resistono per 50 minuti agli assalti dell’Athletic e alla fine vincono grazie alla regola del gol fuori casa.

«Zoff, Tardelli e Gentile dichiarano che quello è il ricordo sportivo più emozionante. Lì c’è il senso di una squadra che in quel momento era anche una famiglia».

Una città sotto assedio: gli anni di piombo

Sullo sfondo c’è però l’Italia e la Torino degli Anni di Piombo. «A Torino arriva Dalla Chiesa, uccidono Carlo Casalegno. Mariella Scirea mi racconta che parcheggiavano la macchina in strada e non in garage perché in strada, scesi dalla macchina, potevano vedere se arrivava qualcuno. A quell’epoca poi c’è la perdita della verginità nelle curve perché la politica si fa strada nel tifo» spiega Bozzolini.

Heysel: il punto di non ritorno

Poi la tragedia dell’Heysel. «Un punto di non ritorno per molti giocatori. Michel Platini, con lo sguardo basso, mi dice che una parte di lui è morta quel giorno».

Nostalgia per il calcio romantico

Nostalgia per il calcio di quegli anni? «Assolutamente sì» dice senza esitare Bozzolini. «Oggi c’è la digitalizzazione del calcio, ma il calcio analogico innesca una chiave di romanticismo. Per questo ho deciso di affrontare la storia in questo modo. Non perché il calcio faccia un passo indietro, ma mi auguro di aprire una finestra di riflessione. Quel calcio era meno intenso fisicamente, ma eravamo il campionato più bello del mondo. Oggi siamo periferici».