La prima volta che vidi il Future Shock ero negli Stati Uniti alla presentazione di una bicicletta gravel che prometteva faville e, a me, promettevano divertimento.
Di indole e abitudini sono stradista e il pensiero di andare su una bicicletta che scivola di lato, oltre che andare dritta, mi preoccupava un po’.
Ma perché non rimaniamo sull’asfalto bello liscio come questa strada che passa fuori dall’hotel?

Ero in New Jersey, in un posto in mezzo al nulla dove andare in bicicletta sembrava la cosa migliore da fare e abbastanza isolato in modo che nessuno, al di là del gruppo di giornalisti, potesse fare foto. Così da non rovinare la sorpresa sul mercato quando ne avremmo finalmente parlato.

Quell’hotel in mezzo al (quasi) nulla

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Non perdiamo tempo, scegliamoci le bici giuste!

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Non c’era solo il Future Shock da scoprire in quella presentazione, ma è quello che colpì di più

Per farcene imparare, prima di parlarne, avevano fatto venire uno di quei camion che pensavo esistessero solo nei film. Due autisti a darsi il cambio per attraversare l’America, dalla California fino al nostro albergo e poi “first come, first served”. Il cartello fuori dal deposito delle nuove bici recitava un perentorio “a li mejo posti”. Il rischio era di trovarti con la bici del fratello maggiore o del più piccolino e poi le cose si facevano complicate, quanto meno scomode.

“Dai molla!” mi aveva urlato Marco prima di lasciarsi andare giù per quella strada che diventava sentiero tra radici e sottobosco. “Ecco, adesso volo via” avevo pensato immaginandomi come in certe corse fatte su strade disastrate dove dalla bici non potevi che lasciarti portare direzionandola appena, come si fa con una barca tra le correnti.

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Partenza verso il gravel, senza rischio di superare i limiti

Sì, quelli gialli, come nei film!

Il mio primo Future Shock

Sentieri americani, in qualche tratto avrei preferito una mountain bike

La scoperta del Future Shock

È lì che avvenne la prima magia: potevo tenere le mani sul manubrio senza che le vibrazioni arrivassero fino a mettere in pericolo la tenuta delle otturazioni dentarie. La seconda fu quando mollai davvero. Andammo giù intorno ai 50 all’ora in un tratto dove avrei giurato di non restare in sella incolume. Invece la bicicletta faceva quel che dicevo io, potevo anche osare rimanendo sulla sella. Se mi tiravo su era un mondo che cambiava: pedalavo su una bicicletta da corsa (in realtà una gravel) e avevo il controllo come in una mountain bike. Sensazione nuova perché quell’affare a molla che mi avevano sistemato sotto l’attacco manubrio toglieva le vibrazioni ma non modificava la geometria della bicicletta, non c’era nessuna forcella che abbassava l’avantreno con quella sensazione di risucchio verso terra che può spaventare nelle curve più strette. Il manubrio si muoveva, assorbiva gli urti, ma la bicicletta proseguiva come se niente fosse. Avevo scoperto l’uovo di Colombo.

future shock Specialized 5Il Future Shock ai… raggi x

L’idea era spinta da Specialized, ovviamente, con la forza mediatica di quelli che sono americani mica per caso e avevano a contratto il corridore più gagliardo del momento: Peter Sagan.

Quando il corridore slovacco decise di usare il Future Shock alla Parigi-Roubaix non passò inosservato, anche perché rispetto a quel primo modello che avevo “scoperto” in terra d’Oltremare, lui agiva su una manopola che gli permetteva di regolare la forza del sistema elastico: più o meno duro a seconda di asfalto o pavé. Sagan che armeggiava sul Future Shock in diretta mondiale, dalla Roubaix, fu cosa clamorosa quanto Mohorich col reggisella telescopico alla Sanremo di un po’ di anni più dopo, ricordate?

Il resto è storia e perfezionamento di una bella idea. Se possiamo “sospendere” il ciclista nella parte anteriore perché non lo facciamo anche dietro? Pensarono in California. E posizionarono a un sistema ammortizzato anche per i reggisella. “Sospendiamo completamente il ciclista” dissero. Che diventava un po’ come guidare facilmente la bicicletta di un altro: lui prendeva le botte e tu pensavi a divertirti.

specializedProprio lui, Ned Overend, tra grigliata serale e marshmallow, chiesi pure qualche consiglio
Gravel, non ciclocross e tanto meno mtb

No, in realtà è esagerato dirla così. Come era esagerato chi si mise a urlare che “Specialized aveva reinventato le mountain bike biamortizzate”. Non era affatto così e chi non capiva la differenza poteva provare una biammortizzata anche della prima ora: altra roba, fatta per altri percorsi (ed altre escursioni). Qui si parla di gravel, una bicicletta da corsa con le ruote così grandi come non si erano mai viste, più comoda di una bici da ciclocross cui si allargava improvvisamente l’orizzonte. Altre geometrie.

Pur con qualche dubbio il pubblico apprezzò e, come capita spesso in questi casi, prima i neofiti, scevri da pregiudizi e affezioni; poi tutti gli altri che iniziarono a capire la portata della nuova bicicletta. E se mi aiuti a guidarla tanto meglio.

future shock Specialized I “conti” fatti da Specialized sull’efficacia del sistema
Gravel: il viaggio stava prendendo una nuova strada

Iniziarono ad arrivare tante novità e accessori per un mezzo che finalmente permetteva di viaggiare senza violentare una bicicletta da corsa e senza portarsi dietro la zavorra di una mountain bike. E iniziava anche a prendere piede quell’interpretazione agonistica che oggi conosciamo come gravel race. Logico, quindi, che un’invenzione come il Future Shock mi apparisse subito come una piccola rivoluzione. Faceva andare in bici tranquillo anche me, figuratevi cosa avrebbe potuto uno con le gambe “vere”.
Il traino di Sagan servì a far accorgere al mondo di questa novità, un ammortizzatore messo sopra al tubo di sterzo che pretendeva di rivoluzionare un po’ tutto quel che sapevamo delle gravel.
Specialized non si sarebbe fermata qui e rendere il Future Shock bloccabile diede soddisfazione a chi non si fidava completamente di un sistema sempre aperto, seppur regolabile.

future shock Specialized Ecco, a ripensarci ora, con la gravel ben definita come categoria di bici a sé, ma ancora in crescita a quanto pare, penso che quella piccola cartuccia sotto l’attacco manubrio ha contribuito a costruirla (assieme alla potenza di fuoco mediatico del colosso americano). Ha portato molti a fidarsi delle proprie capacità e ad allargare il perimetro del possibile.

future shock Specialized