di
Renato Franco
La cantante e l’incontro con Cazzullo, 50 minuti di confessioni
Un appuntamento particolare. Questa sera Aldo Cazzullo propone Una giornata particolare inconsueta, perché la puntata (dedicata a Nerone, su La7, alle 21.15) sarà preceduta da un lungo prologo (50 minuti) con un’intervista a Ornella Vanoni che ha il sapore della testimonianza definitiva, la sua ultima confessione in tv, girata meno di un mese fa.
E ora, dopo la sua morte, attesa e inattesa allo stesso tempo, ogni parola ha un significato diverso perché lei è stata un’artista la cui vita pubblica e privata non si possono distinguere, in cui musica ed esistenza si sono alimentate l’una dell’altra.
Come John Wayne
Il primo ricordo: «In macchina, con i miei genitori, andavamo a Santa Margherita, quando passavamo nei tunnel mi mettevo le mani davanti agli occhi e dicevo: non vedo, non vedo». Il primo uomo che ha lasciato un’impronta indelebile nel suo rapporto con l’altro sesso: «Milano era sotto le bombe, cominciava a bruciare, ricordo la Stazione Centrale come un girone infernale, persone che si aggrappavano ai treni e mio papà che mi tira su e mi prende in braccio. Per me da allora l’uomo è come John Wayne: ti protegge». La zampata ironica: «Non mi è mai successo di trovare un uomo così, ma è colpa mia: sfuggo alla protezione».
La passione più grande
Gli amori importanti nella sua vita sono stati quattro, «il più grande, in fondo non l’ho mai lasciato» quello con Gino Paoli: «Ricordo il primo incontro, era tutto vestito di nero». Ancora ironica: «Bello? No. Mi avevano detto che scriveva canzoni di merda ed era frocio, mentre di me dicevano che portavo sfiga ed ero pure lesbica». Insomma, fatti l’uno per l’altro. Lei gli chiese di scriverle un brano e lui compose «Senza fine»: «C’era solo la musica, ma non le strofe, forse aveva già abbozzato l’idea delle mani grandi, le mie, che l’avevano colpito».
La loro è una storia di passione, «anche quella che fa soffrire». Amante e tradita, Ornella Vanoni ha vissuto le due facce dell’amore. «Sentivo odore di altre donne, sentivo già odorino di Stefania (Sandrelli)», lui che pretende che lei vada a trovarlo a Roma proprio per conoscerla: «Voglio che tu viva la vita che sto vivendo — mi disse. Mica facile, ma l’ho fatto». Una notte Paoli si spara. «Andai a trovarlo in ospedale di notte, per non farmi notare dai fotografi. Mi disse: tutti ti vedono come un setter, invece sei un boxer», il primo elegante, l’altro affettuoso, «ma io — riflette consapevole e seducente — sono tutte e due le cose».
Il sorriso
Prima c’era stato Giorgio Strehler, «veniva sempre nel nostro corso di teatro al Piccolo». Veniva per te? chiede Cazzullo. Non risponde, ma il viso si allarga in un sorriso che vale mille «sì». Un giorno lui le disse che la amava follemente: «Farò la più bella regia della mia vita perché adesso ci sei tu: quella dichiarazione è stata una deflagrazione, non capivo cosa fosse l’amore, è arrivato come un dardo, ha squassato la mia corazza. In quel momento sono nata io, è nata Ornella». Lui era sposato e «fu uno scandalo tremendo». L’amore finisce quando lei va a Spoleto, nel regno di Visconti, il suo grande rivale e «io gli metto le corna, con chi non lo dico». Era Renato Salvatori, l’attore di Poveri ma belli. «Sono tornata e non volevo più stare con Giorgio. E le ragioni non te le racconto». Ma Cazzullo sa come farla parlare anche quando non vuole: «Tu vai calmata, non eccitata, la cocaina non faceva per te». «Bravo, l’hai detto tu». Non è stato il suo amore più grande, ma la parola «genio» non la usava mai se non per due persone, «solo per lui e per Lucio Dalla».
Il matrimonio
Il suo successo a teatro paradossalmente arriva senza Strehler: le dicevano che era bravissima e lui non ci credeva. Intanto sposa Lucio Ardenzi, anche se non lo amava, eppure Ardenzi «non poteva credere che rinunciassi a Strehler per lui, mi sono sposata vestita di giallo, con un cappello così, come la moglie di Trump».
Arriva una carrellata di immagini e ricordi, gli incontri con i nomi più grandi del panorama italiano. «Tenco era bello, ma l’ho sempre visto soccombente. Con Celentano ho vissuto momenti molto divertenti. Giorgio Gaber lo adoravo, era una persona meravigliosa, di una dolcezza e una simpatia infinite. Adoravo anche Jannacci, era pazzesco. Per difendere Pasolini litigavo con persone di destra e di sinistra».
Di Mina rimane la memoria delle partite a carte. «Era accanita, io per una questione forse genetica non riuscivo nemmeno a tenere le carte in mano. Buttavo la carta sbagliata e lei mi mandava a quel paese». Poi hanno litigato, dovevano fare insieme Milleluci, ma Mina scelse Raffaella Carrà. Ornella Vanoni la chiamò al telefono: «Allora è vero che sei vigliacca».
Milano inaridita
Conferma che ha amato anche una donna («il corpo femminile è attraente ma faticoso»), rimpiange la Milano di un tempo («oggi è una città di miliardari, una città inaridita»), racconta di quando era rimasta con 30mila lire sul conto («ho dovuto vendere la casa più bella di Milano, ma sono felice lo stesso. Sono una persona serena»). La religione? «Credo in Cristo, che è un uomo come noi, non in Dio». E la morte? «Nessuno sa come è l’aldilà».
26 novembre 2025 ( modifica il 26 novembre 2025 | 07:36)
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