Pesaro, 26 novembre 2025 – Dieci anni e quattro mesi. È la condanna pronunciata (video) questa mattina dalla Corte d’Assise di Pesaro per Angelo Sfuggiti, 70 anni, l’ex pizzaiolo fanese che il 20 novembre 2023 uccise la moglie Rita Talamelli strangolandola con un foulard.
Riconosciute le attenuanti generiche e la provocazione
Una sentenza frutto del riconoscimento delle attenuanti generiche e di quella della provocazione, ritenute prevalenti sull’aggravante del vincolo coniugale. Sfuggiti resterà ai domiciliari, nella stessa casa di via Montefeltro dove avvenne il delitto. La dinamica di quelle ore era stata ricostruita nella precedente udienza in cui si era svolta la discussione.
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“Erano anni che non dormivamo insieme”
Dopo averla uccisa, aveva ricordato la difesa, rappresentata dall’avvocato Susy Santi, Sfuggiti le sistemò un cuscino sotto la testa, le congiunse le mani, provò persino a sdraiarla accanto a sé sul letto: “Erano anni che non dormivamo insieme”, aveva spiegato. Poi il tentativo di togliersi la vita con psicofarmaci e con una siringa, tentando di iniettarsi aria. Quando i soccorsi entrarono in casa, confessò subito al medico del 118. Il legale aveva ricostruito quel gesto come l’esplosione finale di una mente stremata. Ma già la richiesta del pm Marino Cerioni, nove anni e quattro mesi, aveva anticipato il quadro: attenuanti riconosciute, aggravante assorbita.

L’avvocata della difesa Susy Santi
“Un uomo mite che ha sopportato per anni violenze psichiche e fisiche”
“Un uomo apparentemente pacato e tranquillo, sicuramente mite”, aveva detto il magistrato. Ma soprattutto un uomo che, secondo l’accusa, aveva sopportato per anni violenze fisiche e psicologiche da parte della moglie, affetta da un disturbo ossessivo-compulsivo grave. I racconti dei figli in aula erano stati carichi di dolore: la madre che sputava sui letti e sui vestiti, che passava ore a pulire, che picchiava il marito con il bastone della scopa, che svuotava cassetti, pretendeva soldi.
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L’acido nel panino, gli psicofarmaci nel caffè e il tentativo di uccidere il figlio
E ancora: l’episodio dell’acido nel panino, gli psicofarmaci nel caffè, un tentativo di accoltellare uno dei figli. Il giorno del delitto, secondo la ricostruzione, era scoppiata l’ennesima lite perché lei pretendeva di andare in banca “in orario incongruo”. Colluttazione, graffi, calci. Poi la reazione fatale: le mani che stringono il foulard. Per Cerioni “quella lite è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso”.
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Un vaso colmo di anni di soprusi, isolamento, umiliazioni incrociate. La difesa aveva puntato tutto sulla fragilità psichiatrica dell’imputato. Sfuggiti soffriva da tempo di depressione, assumeva antidepressivi da un anno e mezzo. Non aveva mai denunciato, aveva riferito la legale, perché temeva che la moglie potesse finire in carcere. Un tema che la difesa aveva provato a trasformare in chiave giuridica: richiesta di assoluzione per vizio totale di mente; in subordine vizio parziale; e ancora, legittima difesa o riqualificazione in omicidio colposo o preterintenzionale.

